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La Bce, gli Npl e l’allarme di Nagel. Ecco la versione di De Mattia

Non è la bomba atomica immaginata da Alberto Nagel, ceo di Mediobanca, ma nemmeno un petardino di Capodanno. L’avvento delle nuove norme targate Bce in materia di gestione dei crediti deteriorati da parte dei principali istituti vigilati dell’Eurozona non va sottovalutata ma nemmeno elevata ad Apocalisse del sistema bancario continentale. Ne è più che convinto Angelo De Mattia, ex alto dirigente di Bankitalia, oggi editorialista, che il mondo della vigilanza e i suoi arcani lo conosce fin troppo bene.

La norma in questione, il calendar provisioning (approvato nel 2019), impone nella sostanza alle banche vigilate accantonamenti più tempestivi sui crediti deteriorati, integrando le norme prudenziali vigenti con la previsione da parte delle banche di una deduzione dai fondi propri per le esposizioni deteriorate non sufficientemente coperte. In altre parole ogni banca dovrà accantonare fondi per coprire le perdite causate da prestiti futuri che potrebbero andare in sofferenza.

E questo, secondo il manager di Mediobanca intervenuto ieri in commissione di inchiesta sul sistema bancario in Parlamento, è un problema enorme per gli istituti già provati dalla pandemia e reduci da una stagione piuttosto lunga di rafforzamenti patrimoniali, senza considerare che i nuovi accantonamenti si andrebbero a sommare a quelli già in essere per i 140 miliardi di non performing loans (prestiti problematici), in pancia alle banche italiane. Un problema nel problema insomma, tale da costringere non poche banche a nuove ricapitalizzazioni entro 2 o 3 anni al massimo.

“Il problema esiste, anche se ho la netta sensazione che sia sia stato un po’ gonfiato”, premette De Mattia. “Si potrebbe pensare di procrastinare le decisioni relative ai crediti deteriorati, ma certamente una decisione va presa, non va presa sottogamba questa nuova normativa. In particolare occorrerebbe pensare a un’introduzione delle norme scaglionata, in modo da non impattare troppo violentemente contro il sistema bancario. Nello scaglionare le regole però occorrerebbe anche un buona dose di coordinamento a livello comunitario, perché troppe volte abbiamo visto a scene dove la mano destra non sa cosa fa la sinistra”.

De Mattia però non si sottrae a una domanda spinosa. Da una parte c’è una Bce che proprio oggi ha annunciato, per mezzo del presidente Christine Lagarde, la conferma del piano (Pepp) di acquisto titoli pubblici da 1.350 miliardi. Dall’altra però c’è la medesima istituzione che impone norme potenzialmente lesive per l’economia reale, che lo si voglia o no si regge anche sulle banche. “Sembra un po’ la metafora della barba del diavolo, da una parte si taglia e dall’altra ricresce. Capita spesso di veder adottare linee e strategie in contrasto tra loro. Da una parte si respira e poi improvvisamente, dall’altro versante esce una misura che chiude gli spazi. In realtà però, in prima battuta è colpa dell’Ue più che della Bce. La norma l’ha fatta l’Europa, non la vigilanza europea”. Per questo “occorre bilanciare le misure che danno respiro all’economia, con quelle che lo fanno un po’ meno. Nella fattispecie, torno a suggerire un approccio scaglionato e a gradi. Siamo arrivati a sospendere il Patto di Stabilità, possiamo fare anche questo per le banche”.

A questo punto però è lecito calibrare l’allarme di Nagel. E cioè, il sistema bancario italiano rischia davvero? E se sì, quanto? “Se queste norme arrivassero non scaglionate, tutte insieme, non si può negare che qualche banca possa finire in difficoltà. Ma nel complesso credo il nostro sistema possa reggere tranquillamente. Un po’ come una malattia, se si prendono le medicine adatte si guarisce, una precauzione enorme non c’è, però per qualche area del sistema ci potrebbero essere problemi. Dobbiamo però stare attenti a non commettere certi errori del passato, magari tornare a quel rigorismo cieco che molto bene abbiamo conosciuto. Non serve, dunque, rigore su norme di una simile portata, ma serve buon senso. In altre parole spostarle in avanti o procedere a gradi”.



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