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Manovra in vista, così Pd e M5S provano a convergere

Una settimana, al massimo. Poi il governo alzerà il velo sui conti pubblici italiani, che vivono il loro momento più buio. Questo mercoledì, o al massimo i primi della prossima settimana, il Consiglio dei ministri esaminerà la Nota di aggiornamento al Def, il Documento di economia e finanza che funge da cornice della manovra d’autunno. In altre parole, i saldi di finanza pubblica dentro i quali incastonare la legge di Stabilità. Che, meglio ricordarlo, non sarà una tradizionale manovra d’autunno. La prossima finanziaria infatti, che verrà presentata in Parlamento il 20 ottobre, porterà in dote i primi germogli del Recovery Fund, vale a dire i primissimi interventi strategici da finanziare con la prima tranche di aiuti, dieci miliardi circa, in arrivo la prossima primavera.

Nel governo fervono i preparativi per la prima manovra dell’era Covid, e conseguentemente lo staff del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, è a lavoro per definire tutti i dettagli. Gli occhi, ovviamente, sono tutti o quasi per due poste di bilancio: il pil e il debito. Per il prossimo anno al Tesoro ci si aspetta un rimbalzo del Pil del 6% il prossimo anno, anche per effetto dei finanziamenti ricevuti dall’Europa. Ma il dato che preoccupa è però un altro. Quel -9% rivisto al ribasso, dopo una stima preliminare di -8%, la scorsa primavera.

Ciò significa che il rimbalzo del prossimo anno non basterà a colmare il gap, lasciando sul terreno 3 punti percentuali di Pil. In ogni caso, la finanziaria in tempo di Covid avrebbe un’entità complessiva di circa 30 miliardi complessivi. Taglio dell’Irpef e assegno unico alle famiglie ne valgono 8 di miliardi: 3 miliardi per rifinanziare il taglio del cuneo varato a luglio e 5 miliardi per l’assegno universale per la famiglia. Sul tavolo anche la partita delle decontribuzioni, sia il taglio del 30% al Sud che il governo intende riconfermare, che l’ipotesi di azzerare i contributi sui neoassunti per tre anni.

Tornando alla Nota di aggiornamento al Def, l’altra voce è il debito, previsto al 155,7% a fine 2020 ma che la Nota di aggiornamento potrebbe portare al 160%. Per il momento i mercati che prestano all’Italia 400 miliardi all’anno si stanno mostrando benevoli (oggi lo spread Btp/Bund è a 140 punti base), il che non è un dettaglio. Ma in mancanza di crescita e con debito fuori controllo le cose potrebbero cambiare.

Di sicuro nella maggioranza fervono i preparativi in vista dei delicati passaggi Nadef-manovra. Questa mattina il segretario del Pd, Nicola Zingaretti ha incontrato i capigruppo dem di Camera e Senato e i ministri Pd proprio per fare il punto sia sui conti sia sul Recovery Fund, in particolare sui progetti che i ministeri a guida dem porteranno all’attenzione di Conte. Domani  poi è in programma a Palazzo Chigi una nuova riunione con i capi delegazione della maggioranza per finalizzare le stime che fissano il perimetro all’interno della quale costruire la Finanziaria da approvare entro il 15 ottobre, insieme alle Linee-guida del piano Recovery Fund.

Ovviamente, Def e manovra a parte, sulla maggioranza incombe l’ombra del Mes. Il M5S non ne vuol sapere di incassare 37 miliardi a tasso (quasi) zero, mentre il Pd e ora anche Bankitalia, premono. Lecito pensare che il Cdm di mercoledì possa anche essere un’occasione di confronto finale sul Meccanismo.  Il fondo della discordia che divide la maggioranza vede infatti favorevole il Pd ma è osteggiato dal M5S. I fautori ritengono che il ricorso ai 37 miliardi di prestiti da destinare alla spesa sanitaria con interessi molto bassi libererebbe risorse in legge di Bilancio in favore di interventi fiscali e sociali, dal taglio Irpef all’assegno universale.  Ma per i grillini non basta.


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