I ministri economici di Eurolandia torneranno a parlare di Mes in ottobre, con l’obiettivo di approvare la riforma a dicembre. L’Ecofin informale di venerdì 11 e sabato 12 settembre non è stato risolutivo come speravano le istituzioni di Bruxelles. Da giorni da Commissione e Consiglio Ue partono indiscrezioni sui timori europei su un freno, o peggio un veto italiano alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità. Un vecchio progetto interrotto per la pandemia da Covid e ripreso al vertice di Berlino, sotto la minaccia di un no del governo Conte II. Ieri Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha spiegato che “la riforma è chiusa da tempo”, che “c’erano alcuni aspetti aperti, come le clausole di azione collettiva” e la “questione se è possibile anticipare l’introduzione del backstop, anche perché alcuni aspetti della riforma sono stati superati dagli eventi”.
In sostanza Gualtieri sta chiedendo di anticipare la parte della riforma più vantaggiosa per l’italia, il meccanismo e garanzia al Fondo di risoluzione comune delle banche e di mettere da parte la questione Cacs, cioè delle clausole che regolano la ristrutturazione del debito pubblico, sulle quali all’inizio dell’anno si era già arenata la trattativa e sulla quale una parte della maggioranza – il Movimento cinque stelle – non intendeva (e non intende) fare troppe concessioni.
Su questo punto, che è la chiave di volta della trattativa e anche l’elemento potenzialmente più rischioso per l’Italia, la trattativa era andata avanti tra la fine del 2019 e i mesi precedenti alla pandemia. Il nodo oggi come allora è quello della ristrutturazione del debito degli stati aderenti al Mes, La riforma prevede che dal 2022 per i titoli di stato emessi dal 2013 valgano clausole “single limb”, rispetto a quelle in vigore che sono “dual limb”. In sintesi, oggi per decidere la ristrutturazione del debito sono necessarie due votazioni a maggioranza qualificata: una dei detentori di ogni serie di titoli di debito e una per tutte le serie. Con il regime previsto dalla riforma, si possono cambiare le caratteristiche della ristrutturazione con un unico voto.
La soluzione che a suo tempo individuò il ministro Gualtieri era quella di votazioni su aggregazioni tra diverse serie di titoli di debito. Una via di mezzo, insomma, tra la prima versione con la quale anche i detentori di una singola emissione potrebbero decidere la ristrutturazione di tutto il debito pubblico dei paesi da salvare, e la seconda che, a detta dei partner europei, renderebbe in ogni caso impossibile una ristrutturazione. Oggi il governo italiano sembra intenzionato a ottenere qualcosa di più, alla luce della crisi globale da coronavirus, e anche del programma europeo di aiuti, che comporta di fatto l’emissione di debito comune. Un cambio di passo che non è piaciuto ai partner europei.
Comunque vada riparte una trattativa importantissima per l’Italia. Iniziata da tempo e poi messa in ombra dal braccio di ferro politico sull’adesione dell’Italia alla nuova linea di prestito del Mes, dedicata alla pandemia e condizionata all’utilizzo dei prestiti per la spesa sanitaria. Una parte del governo intende arrivare a un’intesa sulla riforma e anche aderire a prestito da 36 miliardi. Le due trattative sono destinate a incrociarsi e a condizionare la vita politica italiana dei prossimi mesi.