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Con la morte di Willy abbiamo perso il senso della misura. Scrive D’Ambrosio

“Chiuso per Willy” è scritto su diversi negozi di Colleferro e altrove, per partecipare a questo atroce delitto. Non finiremo mai di riflettere su ciò che è violenza bruta: i percorsi della mente sono tantissimi. Essi sono una necessità dolorosa per capire, ricostruire, sanare e far crescere; altrimenti si rompono anche gli ultimi argini che crediamo di aver salvato. A Colleferro, il male di questi ragazzi, nei confronti di Willy, sembra aver superato parecchi limiti. I nostri progenitori greci direbbero che hanno/abbiamo perso il “metron”, la misura. Non solo, principalmente, l’hanno persa questi ragazzi, l’hanno persa anche coloro che sono coesistenti a questi ragazzi e ai loro atti. Mi riferisco a genitori, parenti, amici, docenti, catechisti, pastori, vicini di casa, operatori sociali, politici e cosi via. Ognuno per la sua parte, in virtù della sua responsabilità morale, civile o penale che sia, se, sapendo, non ha fatto qualcosa per evitare o contenere questo fattaccio orribile, o non fa niente per aiutare gli inquirenti, è colpevole. È terribilmente colpevole. Certamente dal punto di vista etico e sociale; per il penale lasciamo agli investigatori e ai magistrati di svolgere il loro lavoro e accertare tutte le responsabilità.

Perché, piaccia o meno, un metron, una misura c’è sempre e non va superata: esiste per gli educandi come per gli educatori (genitori, docenti, responsabili sportivi, catechisti, pastori), esiste per la gente comune come per gli operatori sociali e della comunicazione, esiste per i cittadini come per i responsabili delle istituzioni. Il metron, la misura, a seconda dei casi, è la tradizione, la Costituzione e le leggi, le consuetudini, la religione, l’etica pubblica, il buon senso, la buona educazione, la dedizione alla giustizia e alla pace. Il metron in questi ragazzi si è perso o, forse, non è mai esistito. È solo colpa loro? Non credo. Chi studia fenomeni di violenza e devianza, specie giovanili, sa bene che l’aggressività, innata in ognuno di noi, trova sempre vie per manifestarsi e complicità e aiuti esterni. Erich Fromm, introducendo il suo famoso The anatomy of human destructiveness (1973), ricorda come il comportamento aggressivo dell’uomo, quale si manifesta nelle guerre, nel crimine, nelle liti personali e in “tutte le modalità di comportamento distruttive e sadiche, deriva da un istinto innato, programmato filogeneticamente”, che si scarica ed esprime in diversi modi. L’aggressività, il desiderio di distruttività verso sé, gli altri, la natura, Iddio, prima di essere nell’istituzione, è nella persona e da qui si estende all’intero corpo sociale. Per questo motivo il rimedio – cioè l’educazione alle virtù – è lo stesso per il singolo come per l’istituzione. Consegue che ogni volta che prendiamo coscienza della violenza in noi e attorno a noi, dobbiamo contestualmente e senza ritardi dare inizio a percorsi di pace.

Non è assolutamente vero che ognuno può fare quello che gli piace o gira per la testa, magari anche filmandolo e mandandolo in rete. Il metron esiste e ci sarà sempre. Chi lo supera – giovane o adulto o anziano che sia – è colpevole quindi deve assumersi le sue responsabilità, per quanto gravi e dolorose possano essere. Il decadimento morale della nostra società lo si evince anche dal fatto che, dopo questi fattacci, esiste un gioco squallido di deresponsabilizzazione oppure di gratificazione nel aver trovato i colpevoli, che diventano il capro espiatorio (René Girard) per non individuare la cause sociali remote che portano a queste manifestazioni di odio, nell’illusione di vivere in isole felici dove questi fattacci sono eccezioni. No, purtroppo eccezioni non sono. Ci sono ovunque e, spesso, sono in aumento. Dal ministro al semplice cittadino, dal docente allo studente, dal pastore al fedele, dal vicino di casa all’operatore sociale, vicino Roma come in Italia, molti superano il metron del proprio agire, nelle intenzioni come nei fatti.

E non abbiamo bisogno di nessun “uomo forte”, che aizza le pance e rimbambisce le teste, per ripristinare ordine e giustizia. Abbiamo solo e solamente bisogno di maggiore educazione, di spazi pubblici di crescita e verifica sociale. Gli “uomini forti”, fascisti o meno, non hanno mai ristabilito un vivere etico e costituzionale, hanno solo sostituito il metron autentico con i propri criteri e gusti e persino ingiustizie, spesso più gravi di quelle che dicevano di combattere. Siamo figli di una cultura, quella greca, che aveva ben chiara la lezione socratica: la polis, la città, cresce solo e solamente se i cittadini sono virtuosi. Ovvero hanno un metron: di alta qualità etica e di sano impatto sociale.

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