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Caro Conte ecco come non sprecare il Recovery Fund. I consigli di Paganetto

Senza un cervello svelto e ben funzionante tutti i soldi del mondo servono a poco. Anche 209 miliardi di euro che da qui ai prossimi anni pioveranno, goccia a goccia sull’Italia. In una parola, governance, afferma Luigi Paganetto, presidente della Fondazione Economia Tor Vergata, vicepresidente di Cassa Depositi e Prestiti e animatore del pool di economisti riuniti nel Gruppo dei 20, in una analisi dal titolo Next Generation Eu, governance e progetti di investimento. Attenzione, non serve solo una governance per il Recovery Fund, ma l’intera architettura europea sarà in qualche modo modificata dall’immenso piano comunitario di aiuti.

UNA GOVERNANCE PER IL RECOVERY FUND

“La decisione con cui l’Europa ha destinato 750 miliardi a un progetto comune per combattere le conseguenze economiche del Covid-19 non è solo un risultato di enorme importanza, ma anche l’avvio di un processo che comporta aspetti di governance destinati ad avere conseguenze importanti per il futuro”, è la premessa di Paganetto. E il motivo è presto spiegato. “Si prefigura l’apertura di spazi fiscali prima d’ora non immaginabili. Le risorse che sono state messe in campo sono legate, come è noto, a debito sottoscritto dall’Unione, ma sostenuto dalle risorse di bilancio. Il che significa che, anche se in termini assai lunghi, dovranno essere recuperate le risorse per restituire il debito contratto”. In seconda battuta, l’approvazione del piani di aiuti europeo, “mette assieme, in una proporzione prima d’ora mai realizzata, progetti nazionali e progetti europei”.

Secondo Paganetto, alla luce di tutto questo, “la sfida non è soltanto, come viene ripetuto in questi giorni, quella di predisporre un insieme coordinato di progetti (piuttosto che una mera lista), ma anche quella di essere pronti a gestirli. Serve, perciò, prepararsi e attrezzare adeguatamente la nostra Amministrazione pubblica con competenze, risorse umane e finanziarie adeguate”. Per questo “in tutti i casi c’è l’esigenza di competenze ad hoc, nonché di una istituzione capace di condurre le analisi necessarie e sviluppare un disegno strategico complessivo. Sono compiti in passato svolti dal Comitato Nazionale per la Programmazione presso il ministero del bilancio e, per quel che riguarda il Sud, dalla Cassa per il Mezzogiorno. È una scelta che va fatta con sollecitudine, tenendo presente che il principale ostacolo all’attuazione di un adeguato programma di rilancio della nostra economia non è soltanto la carenza di risorse finanziarie, quanto la inadeguatezza delle capacità tecniche e amministrative per pianificare, progettare e realizzare interventi pubblici.

A TUTTO MES

Chiarito questo punto, la necessità di una governance, l’altra domanda è: dove investire le risorse? Paganetto ha in merito pochi dubbi , la sanità, e dunque serve il Mes, ora e subito. “La priorità del settore della sanità si impone da sola. L’investimento sulle strutture di assistenza territoriale, oltre a quella di una massiccia campagna di accertamento sierologico, è essenziale dopo l’esperienza del Covid-19 e il rischio di una sua recrudescenza. Nei mesi scorsi si è visto che il sistema ospedaliero, pur sotto una fortissima pressione, ha retto allo straordinario sforzo che gli è stato richiesto. Non altrettanto è accaduto per l’assistenza sul territorio perché, pur facendo del loro meglio, medici di famiglia e guardie mediche non hanno potuto contare su strutture e attrezzature capaci di assicurare una diagnosi che realizzasse il discrimine tra chi aveva bisogno e chi non aveva necessità di una successiva ospedalizzazione”.

“Tutto questo mentre i pronto soccorso si gonfiavano di pazienti di cui era difficile giudicare a prima vista le esigenze. Le ‘Case della Salute’, presenti soprattutto in Emilia-Romagna, Toscana e Puglia, rappresentano una lodevole eccezione di assistenza sul territorio, anche se sono del tutto insufficienti rispetto alla domanda potenziale dei cittadini. La conclusione è che le risorse del Mes sarebbero preziose per rispondere a queste esigenze, sempre che esse vengano utilizzate in maniera aggiuntiva e non sostitutiva per l’investimento in sanità”.

FARE IN FRETTA

L’economista di Tor Vergata sa benissimo che il tempo stringe e bisogna avere le idee ben chiare su dove e come investire. Vietata la confusione il caos. “Non bisogna mai dimenticare che le aspettative contano ed il tempo a disposizione si fa breve. Occorre evitare che l’incertezza che avvolge l’evoluzione dell’economia si radichi anziché attenuarsi. È vero che la caduta del nostro Pil nel secondo trimestre non è stata peggiore di quella di Francia, Spagna e Uk, ma è anche vero che il bilancio pubblico risentirà pesantemente dei minori introiti fiscali legati alla riduzione del fatturato nel lockdown. Quanto più saranno anticipate le indicazioni a questo riguardo, tanto minori avranno corso pericolose aspettative destabilizzanti per l’economia, così come è essenziale la tempistica quadro delle riforme e degli investimenti necessari a rilanciare la nostra economia e rendere più efficienti pubblica amministrazione e scuola, aree in cui è ovvio occorre investire, realizzando riforme decisive per il Paese”.

I BUONI INVESTIMENTI (E IL BUON DEBITO)

Non è tutto. Paganetto si sofferma anche su un altro investimento degno di Recovery Fund, le infrastrutture. Quel buon debito tanto caro a Mario Draghi. “Va poi ricordato che, nel caso delle infrastrutture, la spesa in buoni investimenti con redditività sociale superiore al costo di finanziamento è self financing e determina, perciò, un debito pubblico che non produce costi per le generazioni a venire. In materia di investimenti infrastrutturali, la scelta che si impone è quella del completamento degli investimenti incompiuti, in particolare al Sud. Il risparmio privato, la cui dimensione è una vera ricchezza del Paese, potrebbe ampiamente contribuire alle esigenze d’investimento del Paese, laddove venisse assicurata ai privati una partecipazione con le forme di garanzie previste dalla Bei. Anche in quest’ottica, è di grande importanza che gli investimenti vengano selezionati nelle aree a maggiore potenzialità d’innovazione, considerando i tempi in cui queste ultime si producono”.

Ancora, la tecnologia e l’istruzione. “Lo sviluppo di competenze su intelligenza artificiale e supercalcolo è fondamentale per lo sviluppo del Paese. Le filiere tecnologiche vanno viste in un’ottica europea, perché è in questo contesto che si verificherà la loro dinamica. C’è un gran bisogno d’innovazione nel nostro Paese a livello economico e sociale, innovazione che si accompagni ad aumenti consistenti della produttività totale, la cui inadeguata dinamica è per noi un problema centrale. È questa la vera leva di cambiamento in un momento come questo di distruzione creatrice, per dirla alla Schumpeter, che si impone e si imporrà nel post Covid-19. Il ruolo del capitale umano, in questo contesto, è essenziale. Investire sui cicli educativi significa anche superare modelli burocratici e centralistici della scuola e migliorarne i percorsi professionalizzanti. Si tratta di una scelta decisiva per lo sviluppo del Paese che ci consegnerà un’economia molto cambiata nel prossimo futuro”.

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