Giuseppe Conte lo ha detto: quota 100 andrà in soffitta molto presto. La misura che porta il nome della Lega per lasciare anzitempo il lavoro (62 anni e 38 di contributi) con un ritocco all’assegno, con ogni probabilità non verrà rifinanziata. A regime la misura costava su per giù tra i 6 e i 7 miliardi all’anno. Troppo per il governo, che ora prepara l’addio. Ma non sarà indolore.
Il motivo è presto spiegato. Dal 2021, senza rifinanziamento (la Lega ha annunciato battaglia in ogni caso), Quota 100 andrà a scadenza naturale e dunque si esaurirà. Tutto questo signfica un ritorno dei vecchi requisiti, quelli della legge Fornero per intendersi, dunque in pensione a 67 anni, cinque in più della Quota 100. E così ecco il famoso scalone, come si dice in gergo previdenziale. Chi deciderà di lasciare il lavoro nel 2022, avendo maturato i 62 anni di età, dovrà aspettare nei fatti cinque anni prima di vedersi erogato il primo assegno. Un lasso di tempo superiore, addirittura, a quello generato dalla vecchia riforma Maroni del 2004.
Su questo tema è intervenuto l’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, per il quale il vero problema è proprio lo scalone dal 2022. “Vedo molto stupore intorno all’annuncio del premier Conte su Quota 100. A me, invece, sembra che si scopra l’acqua calda: come tutti sanno questa misura del governo gialloverde era a tempo, cioè una tantum. Infatti scade al 31 dicembre del prossimo anno: sarebbe stato meglio chiamarla Finestra 100. La propaganda di Salvini circa il superamento della legge Monti-Fornero è sempre stata una pura invenzione. Quota 100 non ha superato un bel niente per il semplice fatto che il passato governo ha scelto di non renderla strutturale. Si tratta, appunto, di scelte e non di casualità”.
Ora, “lo scalone Monti-Fornero, grazie a questa scelta, torna nel 2022: per questo è necessario che il tavolo di confronto governo-sindacati individui una misura di flessibilità, questa volta strutturale. Allora sì che potremmo dire di aver superato la legge del governo Monti che ha provocato molte ingiustizie sociali”.
Damiano ha lanciato un avvertimento, di cui tener conto nell’ottica di quella flessibilità necessaria ad anestetizzare lo scalone. “Un suggerimento: i 38 anni di contributi previsti da Quota 100 sono troppi: escludono coloro che, soprattutto le donne, non hanno carriere continuative. Infine, non dimentichiamo gli ultimi esodati”.