Recovery Fund lì, Recovery Fund qui. L’avvicinarsi della scadenza del 15 ottobre, data entro la quale l’esecutivo giallorosso dovrà far per venire a Bruxelles il piano di riforme da finanziare con le risorse destinate all’Italia (209 miliardi), inizia a farsi sentire. Negli ultimi giorni è stato un susseguirsi di indicazioni sul come e dove impiegare il Recovery Fund. Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, da Cernobbio ha ribadito la possibilità che parte delle risorse possa essere dirottata a sostegno di una riduzione delle tasse. L’Europa però è contraria. E oggi anche Bankitalia ha detto la sua.
E, nuove indicazioni sono sempre arrivate oggi ancora da Gualtieri, a mezzo intervista rilasciata a Bloomberg. “Concentreremo il piano sugli investimenti, volti a migliorare la nostra crescita potenziale. Investimenti in innovazione, nella banda ultralarga, nel cloud (su questa voce si potrebbero verificare delle convergenze industriali tra Tim e Cdp), nel super-computing, nei progetti europei di interesse comune, come idrogeno, batteria, microelettronica. Supporteremo il settore privato perché investa di più in innovazione, e per supportare il processo di riduzione delle emissioni di Co2. Aumenteremo la dotazione di infrastrutture, di quelle immateriali come la banda larga, ma anche di quelle materiali, in particolare nel Sud. Investiremo molto nel capitale umano, in educazione e ricerca”, ha spiegato Gualtieri.
Chi ha fretta di veder messi a reddito i miliardi del Recovery Fund è senza dubbio Bankitalia, nel corso di un’audizione parlamentare. Per la quale le risorse dell’Ue “possono contribuire ad avviare il recupero dei ritardi accumulati dall’economia italiana negli ultimi trent’anni”, ha spiegato il capo della struttura economica, Fabrizio Balassone. E questo perché “il principale problema della nostra economia è, da oltre 20 anni, quello della bassa crescita, a sua volta riflesso della debole dinamica della produttività”.
“L’impatto sull’economia – ha aggiunto Balassone – dipenderà anche dal miglioramento del contesto in cui si svolge l’attività d’impresa. Sarebbe rischioso assumere che la disponibilità di maggiori risorse possa automaticamente tradursi in una crescita economica sostenuta e duratura senza un impegno continuo per il miglioramento della qualità dell’azione pubblica”. Bankitalia ha fatto anche qualche calcolo sul possibile impatto dei fondi sul Pil.
“Le risorse del Recovery fund potrebbero sostenere l’economia italiana con una crescita di circa il 3% entro il 2025 e 600 mila occupati in più. Abbiamo fatto due simulazioni basate su scenari che presuppongono che i fondi disponibili per l’Italia, che si assumono pari a 120 miliardi per i prestiti e a 87 per i trasferimenti, siano usati pienamente e senza inefficienze, con una distribuzione della spesa uniforme nel quinquennio 2021-2025”. Ebbene, Nel primo scenario “si ipotizza che tutte le risorse vengano usate per attuare interventi aggiuntivi rispetto a quelli già programmati e che questi riguardino integralmente progetti di investimento. Le maggiori spese ammonterebbero a oltre 41 miliardi all’anno e potrebbero tradursi in un aumento cumulato del livello del Pil di circa tre punti percentuali entro il 2025, con un incremento degli occupati di circa 600mila unità”.
Per quanto riguarda il secondo scenario, “si ipotizza che una parte rilevante delle risorse, pari al 30%, venga usata per misure già programmate e che la parte rimanente venga destinata solo per circa due terzi a finanziare direttamente nuovi progetti di investimento. Sotto queste ipotesi gli interventi aggiuntivi ammonterebbero a circa 29 miliardi all’anno, di cui solo 19 per investimenti. L’impatto cumulato sul livello del Pil raggiungerebbe quasi due punti percentuali nel 2025”.