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La Borsa, il risparmio e il fattore Cdp. Parla Carla Ruocco

Non c’è solo la rete unica tra le grandi operazioni industriali del momento. Anche Piazza Affari, sede della Borsa Italiana, è al centro di manovre, a poche settimane dall’annuncio della controllante London stock exchange di cedere Borsa al fine di perfezionare l’acquisto della banca dati Refinitiv. Due gli asset sul piatto: da una parte l’intera Borsa spa, per la quale occorrono non meno di 3 miliardi, dall’altra il 63% dell’Mts, la piattaforma per la vendita all’ingrosso dei titoli di Stato italiani e controllata da Borsa. Per questo secondo asset, si sarebbero fatte avanti la cordata franco-italiana composta da Euronext (il consorzio delle piazze di Parigi, Amsterdam, Bruxelles, Lisbona, Oslo e Dublino) e Cdp, Deutsche Börse e persino a Six, la Borsa di Zurigo. Ora, il governo giallorosso, su pressing della componente grillina, ha da tempo schierato in campo la Cassa, chiamata a garantire, almeno in parte, l’italianità di Borsa, evitandone la caduta in mani poco amiche.

Ma per Carla Ruocco, grillina della prima, ai vertici della nomenclatura pentastellata e dal febbraio 2020 presidente della Commissione Bicamerale di inchiesta sul sistema bancario, l’organismo (fortemente voluto dal M5S) chiamato a fare luce sulle principali vicende bancarie che hanno scosso il mondo del credito italiano, si può fare qualcosa di più.

Ruocco, la cessione di Borsa Italiana, o della sua piattaforma Mts, sta entrando nel vivo. Lei sembra auspicare un ruolo di primo piano della Cassa Depositi e Prestiti nell’ambito della gara per rilevare Borsa. Perché è così importante che la Cdp faccia la sua parte?

Il punto di partenza è il riconoscimento del ruolo che la Borsa, cioè il cuore dei mercati di capitali di rischio, deve giocare per lo sviluppo del sistema industriale di un Paese, favorendone la crescita con l’approvvigionamento dei necessari mezzi finanziari. Se questo concetto è valido in linea di principio, lo è ancor di più in un momento in cui, grazie all’arrivo dei nuovi e copiosi mezzi del Recovery Fund, l’Italia oggi s’appresta a varare un Piano di interventi di tipo strutturale per la modernizzazione del nostro sistema economico. Ecco che allora, così come Cdp è chiamata a giocare un ruolo centrale nell’esecuzione di questo più ampio piano di intervento, così è ragionevole pensare che possa ricoprire un ruolo altrettanto importante anche su questa vicenda, nella soluzione di questo, mi lasci dire, ritardo.

Ritardo?

Uso questo termine perché, ed è questo il secondo punto del mio ragionamento, ad oggi, fatta eccezione per l’Mts che è effettivamente un mercato significativo per la liquidità dei titoli del nostro debito pubblico e, in quanto tale, attrae qualunque potenziale acquirente, l’attuale articolazione della Borsa è lontana da quell’obiettivo che ho ricordato all’inizio: essere cioè la cinghia di trasmissione fra quel risparmio interessato ad investimenti nel capitale di rischio ed il sistema produttivo Italia.

E qui entrerebbe in gioco la Cassa…

Da tempo auspico la creazione di un apposito Fondo che, sotto la regia di Cdp, anche attraverso l’opportunità di poter gestire un asset strategico coma Borsa Italiana, agevoli la raccolta di risorse finanziarie da parte del sistema produttivo nazionale favorendo, tra l’altro, l’apertura delle stesse imprese, troppo spesso a conduzione familiare, al mercato dei capitali.

Chiaro il concetto. Ma davvero Borsa Italiana, che è un asset strategico peraltro già protetto dal golden power, corre il rischio di cadere in mani poco amiche così come l’Mts?

Guardi, io per impostazione intellettuale sono contraria al complottismo e quindi credo poco a queste suggestioni. Dico però che occorre trovare un acquirente che non si accontenti della posizione di monopolio di fatto che ha tale mercato, e in particolare Mts ma che piuttosto si impegni, ecco perché parlavo di un programma da far presentare ai potenziali acquirenti, nel costruire finalmente quella liason fra risparmio e imprese.

Ruocco, c’è un’altra partita industriale in queste settimane, la rete unica. Lo schema appena approvato prevede una futura presenza dello Stato a mezzo Open Fiber, in condominio con Tim. Una soluzione che la convince fino in fondo?

Quello che mi convince, di questa come di altre auspicabili future operazioni, è il modello economico di un efficace partenariato pubblico e privato nell’effettuazione di quegli investimenti capaci di recuperare quei ritardi di tipo infrastrutturale: e guardi che fra le infrastrutture, oltre al necessario potenziamento e diffusione di una rete nazionale di fibra ottica, ci sono anche quelle fisiche come strade, ferrovie, porti, ecc. Ricordo, infine, che per alcune delle citate infrastrutture da tempo, come accaduto in molti Paesi Ue, tra cui anche in Italia, si è scelta la soluzione – a mio avviso corretta – di separare la gestione dell’infrastruttura, affidata a soggetti pubblici, dall’utilizzo della stessa da parte di soggetti privati per erogare servizi/attività salvaguardando sia gli interessi pubblici sia la concorrenza del mercato.



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