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Stato padrone, ma quanto? Le versioni (diverse) di Patuanelli e Di Maio. Mentre Salvini…

Tre modi di vedere lo Stato nell’economia. Che il governo gialloverde prima e giallorosso poi abbia inaugurato la stagione del ritorno dello Stato padrone (si parte da Alitalia e si arriva alla rete unica) è fuori di dubbio. Ma c’è modo e modo di fare il padrone. Il ministro dello Sviluppo Economico, il grillino Stefano Patuanelli, ha fornito una sua versione dello statalismo ai tempi del governo demo-grillino. Che è forse la versione più oltranzista, se così si può dire.

“Lo Stato”, ha detto Patuanelli intervenedo al Forum Ambrosetti di Cernobbio, “in questo momento storico non può essere solo un arbitro: nelle grandi trasformazioni degli assetti produttivi del Paese deve esserci e deve esserne guida. Se penso alle grandi trasformazioni degli assetti produttivi credo che queste devono essere indirizzate da una grande governance pubblica che le dia un indirizzo e questo non significa che lo Stato fa l’imprenditore”. Insomma, non basta vigilare, occorre anche tenere le fila del gioco. Ma, attenzione, senza pulsioni da prima Repubblica. Tipo l’Iri. “Io non credo che dobbiamo usare gli strumenti del passato per affrontare le sfide del futuro, però dobbiamo essere consapevoli che in questo momento lo Stato non può essere soltanto arbitro”.

C’è però un altro ministro grillino, Luigi Di Maio, che sostiene sì il ruolo dello Stato nel sostegno all’economia, ma in maniera decisamente più soft. Ed è sempre Cernobbio ad essere la sorgente (Di Maio è intervenuto venerdì scorso). Il responsabile degli Esteri ha sottolineato un ruolo dello Stato, certo, ma senza la marcatura utilizzata da Patuanelli. Nei 20 minuti di intervento a Cernobbio, sono almeno due i passaggi dedicati da Di Maio al tema.

“Il processo di digitalizzazione e i suo finanziamento”, ha spiegato Di Maio, “per chi fa infrastrutture digitali (come la banda larga, ndr), dovrà essere accompagnato da condizioni di parità per chi genera valore e utili. Altrimenti il divario tra chi è andato avanti e chi è rimasto dietro rimarrà incolmabile”. Dunque, se parità di condizioni deve esserci, riguarda sia lo Stato, sia i privati. Ancora, nel suo intervento a Cernobbio, Di Maio ha rimarcato la necessità di “unire le forze: guardiamo al rapporto tra intervento pubblico e privato nella risposta alla pandemia, dieci trilioni dal pubblico solo nello spazio Atlantico, più del piano Marshall”.

Nel mentre c’è un Matteo Salvini che difende quella Cassa Depositi e Prestiti diventata protagonista dell’economia italiana, ago della bilancia in più partite industriali. “La Cdp ha un ruolo fondamentale e strategico per il sostegno alle aziende italiane e per la diffusione del credito e quindi io sono contento di quello che Fabrizio Palermo (ceo della Cassa, ndr) ha fatto, fa e farà sono sempre e comunque un liberale, un sostenitore del libero mercato, quindi un ruolo dei francesi non mi preoccupa, se c’è un piano industriale sono benvenuti”.

Ps, guai a far entrare la Cina nella rete, però. “L’argine che metto, e che questo governo non mette ed è preoccupante, perchè non si tratta solo di argomenti economici ma di libertà e democrazia, è sugli interventi cinesi”.

 



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