Collaborare di più (e meglio) con l’industria e l’università, accelerare l’innovazione in campo militare e destinare più risorse alla ricerca. È la strategia di Washington per battere Pechino nella corsa all’intelligenza artificiale. “La Cina potrebbe guidare il mondo in alcuni degli aspetti dell’Ia, come ad esempio la sorveglianza e la censura, ma gli Stati Uniti sono ancora avanti negli aspetti che conteranno di più nei futuri confronti militari”, ha detto Nand Mulchandani, l’acting director del Joint artificial intelligence center (Jaic), in occasione del simposio sull’Ia organizzato la scorsa settimana dal centro di eccellenza del Pentagono.
L’INDUSTRIA AL CENTRO DEI PROGETTI DEL PENTAGONO
Sebbene sia considerata dal segretario della Difesa Mark Esper come una tecnologia con il “potenziale per cambiare ogni campo di battaglia”, l’acting director del Jaic ha tenuto a precisare come non siano le strutture militari a stelle e strisce a promuovere lo sviluppo dell’Intelligenza artificiale. “Non è il Pentagono – ha detto Mulchandani – a guidare il mondo dell’Intelligenza artificiale, ma le aziende statunitensi che, guidate dalla volontà di migliorare la propria pubblicità, hanno investito massicciamente in questa nuova tecnologia”. Il dipartimento guidato da Esper mira ad adattare le soluzioni sviluppate dal settore civile per rispondere ai problemi della macchina militare, permettendo così una maggiore cooperazioni tra le due sfere della società. “Invece di partire da zero – ha sottolineato Mulchandani – assorbiamo e ampliamo queste tecnologie”. Una strategia che, alla luce delle numerose collaborazioni nate negli ultimi due anni, sembra funzionare. “Attualmente il Jaic sta lavorando con più di 120 aziende”, ha ribadito Dana Deaasy (Chief information officer del Pentagono) durante l’evento. “Credo davvero – ha aggiunto – che ci stiamo avviando verso una nuova era di cooperazione”.
UN RAPPORTO SOLIDO MA NON SEMPRE IDILLIACO
Il rapporto con il settore privato, però, non è sempre stato così sereno. Nel 2018, l’opposizione di diversi lavoratori aveva costretto Google ad abbandonare il cosiddetto Programma Maven, ovvero il programma del Pentagono basato sull’Ia che avrebbe dovuto migliorare le capacità di ricognizione, e potenzialmente di acquisizione dei bersagli, dei droni americani. Con più di 25 anni nel settore dell’industria aerospaziale e con una profonda conoscenza del settore tecnologico, l’avvento di Mulchandani alla guida del Jaic, lo scorso luglio, sembra aver aumentato l’autorevolezza del centro agli occhi del mondo dell’industria e della ricerca. Istituito nel 2018, il Jaic ha prodotto a febbraio 2019 la prima “Ai Strategy” del Pentagono, una tabella di marcia per accelerare l’impegno militare nel campo, discendente dalla più ampia National Defense Strategy. Nel suo primo intervento pubblico, l’acting director ha tenuto a sottolineare come le più importanti aziende tecnologie, inclusa Google, stiano partecipando ai progetti portati avanti dal centro di eccellenza.
LA DIFFICILE COMPARAZIONE DEI PROGRAMMI DI IA
“L’intelligenza non è un monolite tecnologico: dire che un Paese è avanti o indietro sull’intero programma è difficile. Per comparare due stati ci sarebbe bisogno di guardare ad una singola base tecnologica”, ha affermato Mulchandani a margine del simposio. Comparare il programma cinese con gli sviluppi di quello statunitense risulterebbe quindi difficile, proprio perché i due guardano all’Intelligenza artificiale da due prospettive diverse. A differenza dei programmi statunitensi maggiormente incentrati sulle possibili applicazioni militari di questa nuova tecnologica, ha tenuto a precisare Mulchandani nel suo intervento, Pechino sta investendo maggiormente sui sistemi Ia per il riconoscimento e il controllo della popolazione. Una posizione rimarcata dallo stesso Esper: “mentre parliamo, la Repubblica popolare cinese sta dispiegando, e affinando, il suo apparato di sorveglianza dotato di Ia per supportare la repressione mirata della popolazione musulmana uigura”. Un altro aspetto rilevante per comprendere le differenze tra i due programmi si lega ai metodi utilizzati per raccogliere e catalogare i dati. Se, secondo quanto affermato da Jane Pinelis (chief of testing and evaluation del Jaic) gli Stati Uniti sono impegnati nell’automazione di questi processi, la Cina sembra aver deciso di proseguire con l’utilizzo di metodologie ad alta intensità di lavoro manuale.