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Caro Conte, sul Recovery Fund servirà uno sforzo straordinario. Firmato Ignazio Visco

Forse la grande paura è passata ma non è detto che lo sia anche il peggio. Il trauma del lockdown e del Sistema sanitario a un passo dal collasso hanno lasciato un segno indelebile nella nostra società e nella nostra economia, con un’eredità che l’Italia sconterà per molto tempo. Per questo i prossimi mesi saranno i più duri, i più difficili per il sistema industriale e bancario italiano, che comincerà a contabilizzare nei bilanci i danni della pandemia. Lo sa fin troppo bene il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, intervenuto questa mattina in occasione del comitato esecutivo dell’Abi, l’associazione delle banche, il primo dopo la pausa estiva. La certezza, per il momento, è una: i 209 miliardi erogati dall’Ue all’Italia da qui a due anni, alias il Recovery Fund.

UNA STRADA ANCORA LUNGA

In  dodici pagine il numero uno di Via Nazionale ha racchiuso il suo pensiero e le sue previsioni su una crisi ormai sempre più paragonabile a una guerra monDiale. “Le conseguenze della gravissima crisi globale causata dalla diffusione del nuovo coronavirus sono ancora molto difficili da valutare. La portata di questo evento senza
precedenti nella storia recente è evidente nei costi che tuttora produce in termini di vite umane, di relazioni sociali, di risultati economici. L’incertezza sulle prospettive incide negativamente sulle decisioni di spesa delle famiglie e delle imprese; nonostante una recente, leggera, tendenza al miglioramento, la fiducia rimane, non solo in Italia, su valori molto bassi”, ha scritto Visco. Però c’è una buona notizia: la caduta del Pil nel 2020 non andrà oltre il -10%. “Per l’economia italiana al momento gli andamenti che stiamo osservando restano a grandi linee coerenti con il risultato per l’anno prefigurato in quello scenario: una caduta del Pil di poco inferiore al 10%, con una successiva, molto graduale, ripresa”.

L’ITALIA CAMBIA (E LA POLITICA?)

Il governatore, come molti osservatori, è convinto in particolare di una cosa: la pandemia cambierà radicalmente il modo di consumare e dunque anche le fonti stesse del Pil. Resta da capire se la politica sarà in grado di intercettare e comprendere un simile cambiamento. “Sulle prospettive di crescita gravano ancora importanti rischi che richiedono chiarezza sull’orientamento delle politiche, anche nel medio periodo. La pandemia non sta evolvendo, a livello globale, come molti avevano sperato. Se protratto, l’elevato risparmio precauzionale, diffuso anche in altri paesi avanzati, può frenare la ripresa globale nei prossimi mesi, rischiando di radicarsi nei comportamenti delle famiglie e delle imprese”.  In altre parole, “la propensione alla riduzione delle spese considerate comprimibili, quali quelle per viaggi, vacanze, ristoranti, cinema e teatro, sembra interessare finora non solo i nuclei con maggiori difficoltà economiche, ma anche una quota rilevante di famiglie che non sono incorse in perdite di reddito significative e che non prevedono di subirle neanche in futuro”.

MESSAGGIO A CONTE

Il cuore del messaggio è comunque un monito piuttosto preciso alla politica italiana. Il Recovery Fund è qualcosa di straordinario, dal governo giallorosso è lecito aspettarsi qualcosa di altrettanto straordinario. Come a dire non la solita manovra d’autunno. “La decisione europea di costituire un fondo volto a garantire il benessere delle nuove generazioni è un passo avanti di importanza storica: con le risorse del programma Next Generation EU si può, e si deve, contribuire a cambiare l’ambiente economico e sociale, favorire la nascita e la crescita di imprese che aiutino a rispondere in modo efficace alle sfide prodotte dalle modifiche delle abitudini di consumo, di interazione sociale, di organizzazione dell’attività produttiva. In tutti paesi vanno individuati percorsi di riforma volti a innalzare il potenziale di crescita, garantendo l’equità e la sostenibilità, non solo finanziaria, dello sviluppo economico”.

E, “a questo scopo, nel nostro Paese occorre guardare ai progetti che le ingenti risorse messe a disposizione dai programmi europei rendono possibili non nell’ottica
di una ordinaria legge di bilancio, ma concentrandosi su quegli interventi in grado di farci recuperare i ritardi strutturali che più hanno ostacolato, e ancora ostacolano, la ripresa della crescita e la creazione di occasioni di lavoro, qualificate e stabili. A essi può accompagnarsi la risposta dell’intero tessuto produttivo”.

LA MINA NPL SULLE BANCHE

Non poteva mancare un passaggio, piuttosto corposo, sul futuro delle banche, quanto mai incerto alla luce della stretta della Bce (qui l’intervista all’ex dirigente di Bankitalia, Angelo De Mattia) sugli accantonamenti per i crediti problematici futuri. Crediti che nelle previsioni di Bankitalia aumenteranno certamente, salvo trovare il modo di gestirli senza che nessuno salti per aria. “I crediti deteriorati delle banche rischiano di aumentare per la crisi del coronavirus e gli istituti di credito devono quindi provvedere a rafforzare il patrimonio. Fino a oggi l’espansione dei prestiti è stata sostenuta dalle garanzie pubbliche. Data la struttura della nostra economia, composta prevalentemente da piccole e medie aziende, con il consolidarsi della crescita le banche si troveranno a dover fronteggiare nuove domande di finanziamenti non più assistite da tali garanzie”.

Dunque, non c’è altra via a nuove ricapitalizzazioni, è la sintesi di Visco. “Per evitare che l’incertezza riguardante la capacità delle imprese di onorare regolarmente i pagamenti incida sulle condizioni di offerta del credito, frenando la crescita, vanno rese rapidamente operative le misure già introdotte per rafforzarne, ove possibile, il patrimonio”.

OCCHIO ALLO STATO NEL CREDITO

Un dubbio, infine, sull’opportunità di creare una grande banca pubblica, progetto caro al Movimento Cinque Stelle, per sostenere la ripresa dopo la crisi del coronavirus. “Si discute anche, in questi giorni della possibilità che lo Stato intervenga nel sistema bancario assumendo direttamente la proprietà di quegli intermediari che stanno cercando di completare difficili processi di ristrutturazione e rilancio, al fine di creare un polo bancario pubblico che contribuisca al supporto dell’economia reale, soprattutto nel Mezzogiorno e nei confronti delle piccole imprese. La questione è complessa e si può discutere del nesso tra la natura della proprietà e i risultati che si possono ottenere nella conduzione dell’attività di impresa, ma l’esperienza delle gestioni bancarie pubbliche si è non di rado caratterizzata per gravi inefficienze nei processi di allocazione delle risorse”.

E poi, a dirla tutta, per il governatore c’è un problema più grande. “Non va dimenticato inoltre  che più che del supporto di una grande banca pubblica l’economia italiana beneficerebbe innanzitutto di una Pubblica amministrazione efficiente, di infrastrutture adeguate, di investimenti in innovazione e conoscenza. E comunque occorre soprattutto mirare a che banche che svolgono attività di natura commerciale operino al meglio sul piano organizzativo e gestionale, rispondendo con efficacia e trasparenza alla domanda di credito e di allocazione del risparmio di imprese e famiglie”.

 



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