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Covid-19, è boom di contagi. Pregliasco spiega perché

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“È un male banale, perfido, perché si nasconde, ma può tornare fuori controllo”. Fabrizio Pregliasco, virologo, direttore sanitario dell’Irccs Istituto ortopedico Galeazzi di Milano, invita a mantenere la calma di fronte all’ultimo bollettino. È ottobre inoltrato, ma i dati riportano alla memoria i mesi primaverili. I contagi sono 4458, le vittime 22. Un record assoluto dalla fine del lockdown. “Ma è un record anche il numero di tamponi”, spiega il virologo. Se ne contano più di 128mila, senza precedenti.

“Il picco di casi non è una buona notizia – commenta Pregliasco con Formiche.net – deve preoccuparci, perché evidenzia una difficoltà nel contenimento del virus. Oggi la situazione è ancora sotto controllo”. Perché? Le terapie intensive, dice lui. “Sono loro il parametro più importante. E per il momento restano abbastanza vuote”. Insomma, se l’impennata di casi è evidente, non c’è all’orizzonte un cedimento del sistema sanitario come quello di marzo.

“Non è in arrivo un nuovo lockdown”. Anche se “possono esserci interventi selettivi localizzati”. Come la chiusura dei ristoranti oltre le 23 e le altre misure restrittive contenute nel Dpcm del prossimo 15 ottobre.

È presto per abbassare la guardia, continua il professore. “Il dato positivo è quello sui tamponi. Ci sono tantissimi casi asintomatici. Più li cerchiamo, più li troviamo, meno gente si contagia. La perfidia di questa malattia è tutta qui: la sua banalità, che però può diventare estremamente diffusiva”. Di qui, ammonisce, la necessità di “rinforzare di nuovo il galateo, indossare le mascherine”.

Anche in casa, come chiede il premier? “Dobbiamo essere molto attenti – chiosa in risposta lui – il 70% dei casi deriva da contagi intra-familiari. Un occhio in più alla vicinanza con loro, anche in un ambiente domestico, è consigliabile”. Così come, aggiunge il virologo, sottoporsi al vaccino influenzale. “Il caso dell’inverno australiano insegna. L’influenza stagionale è un guaio in più, vaccinarsi riduce il problema delle diagnosi differenziali”.

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