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Conte, il virus e il partito di Di Maio. Parla Nadia Urbinati

Governo

Per Nadia Urbinati, politologa della Columbia University, l’emergenza Covid blinda il governo per tutta la legislatura. Il Mes? Non lo farà cadere, anche se il no di Di Maio suona come un sì. E forse la storia di un suo partito personale non è così fantasiosa…

L’emergenza è il vero patto di maggioranza che blinda la legislatura fino al 2023. Altro che tavoli, caminetti, rimpasti. Nadia Urbinati, politologa, docente di Teoria Politica alla Columbia University, prende in mano il sismografo del governo Conte bis e ci vede una lunga linea piatta. Non sarà il voto contrario al Mes in Ue di Lega e Cinque Stelle a terremotarlo. E neanche quel fantasma di un “partito” di Luigi Di Maio clamorosamente emerso dai sondaggi.

Urbinati, il governo taglierà il traguardo?

La legislatura è blindata, non vedo alternative. L’emergenza fa da collante, arriveranno a fine corsa.

Sul Mes la maggioranza è spaccata.

Tra il bianco e il nero ci sono tanti grigi. All’interno dei due partner di maggioranza le posizioni non sono univoche. Il governo non cadrà sul Mes.

Però Lega e Cinque Stelle hanno votato contro il Mes in Europa. Nostalgie gialloverdi?

Non mi sembra. Mi è parso piuttosto un doppio messaggio dei gruppi parlamentari a Bruxelles verso la platea di Roma. Quello della Lega in difesa di un sovranismo radicale. Quello dei Cinque Stelle, dell’intransigenza sul Mes con il Pd.

Anche Luigi Di Maio ha detto un no secco al Mes.

Ogni no assoluto contiene in sé un’apertura al compromesso. In politica, i no assoluti non esistono. Il suo sul Mes sembra un no per dire un nì, e forse in futuro pure un sì. Sarà un processo lungo, dovrà mostrare all’elettorato che ha combattuto fino all’ultimo.

Conte ha parlato di un patto di legislatura. Meglio un contratto?

Un contratto è una trattativa aperta a una verifica e una contestazione continua, sottoposto al controllo di un’entità esterna. Qui manca tutto questo. Ci sono due partiti in cerca di un’alleanza organica, di governo. Non sarà facile. Dalla loro hanno un crescendo di fiducia che si è forgiata in questi mesi di crisi. Prima erano come cane e gatto.

Intanto, un governo è appeso agli Stati generali grillini…

Un momento simbolico, poco più, inutile dargli tutta questa rilevanza. Questi incontri servono a un movimento destrutturato per lanciare un segnale all’esterno: esistiamo, siamo organizzati, abbiamo una nostra consistenza.

Forse pure Di Maio ne ha una, da solo. Un sondaggio dà un suo ipotetico partito intorno al 10%.

È indubbio che Di Maio al Sud abbia costruito una sua constituency elettorale grazie a una rete di alleanze locali. Non sappiamo quanto sia grande e strutturata. I sondaggi ingannano, dicevano lo stesso di Renzi e ora è al 2%. Di Maio è l’uomo del Movimento dentro le istituzioni. Fuori la musica è diversa.

C’è chi parla di un derby fra lui e Conte per l’elettorato cattolico. Chi è in vantaggio?

Conte. Per preparazione, consistenza e una storia personale. Già prima di incontrare il Movimento vantava simpatie e rapporti con il mondo cattolico, non costruiti per ragioni elettorali. Se una parte della Chiesa oggi dovesse puntare su uno dei due, sarebbe lui.

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