Due battute veloci, arrivando a Bruxelles al secondo giorno del vertice Ue, fornite da Giuseppe Conte ai giornalisti. Due spaccati su cosa pensa il governo di Roma su due aspetti centrali. Il premier italiano – fresco di incontri di massimo livello col principale funzionario dell’amministrazione statunitense, il Segretario di Stato, Mike Pompeo – ha parlato dei due temi centrali della riunione del Consiglio europeo.
Primo, la Turchia. La Ue “invita la Turchia ad astenersi dal compiere violazioni del diritto internazionale e provocazioni ulteriori”, ha detto. Serve un “dialogo costruttivo, ma anche che ci sia chiarezza di posizione sui rapporti con tutti gli Stati membri. Torneremo ad aggiornarci entro la fine dell’anno per monitorare la situazione”. Questo significa che l’Italia ha una posizione chiara sull’eventualità – sollevata dalla Grecia e sposata dalla Francia – di sanzionare Ankara per le attività nel Mediterraneo orientale.
È la linea di equilibrio e dialogo, senza scatti bruschi, che Roma sostiene da sempre – per interessi diretti di forma bilaterale, anche in proiezione libica. Oggi ne parleranno i ministri degli Esteri dei due Paesi, con il turco ospite a Roma. Su questa posizione l’Italia non è sola. In Europa è sostenuta dalla Germania, che con la Turchia ha una connessione storica e profonda. Fuori, dagli Stati Uniti che vedono in Ankara una postazione strategica a cavallo tra Medio Oriente, Europa e Balcani (e con molta influenza nel Caucaso, basta guardare al procedere degli scontri tra azeri e armeni). E in mezzo c’è anche la Nato a tenere questa linea: inevitabile per l’alleanza non essere il perno del dialogo tra Paesi membri come Grecia e Turchia.
Secondo argomento trattato da Conte è la Bielorussia. L’Europa non è riuscita a sanzionare le violazioni e le repressioni del batka Aleksander Lukašenka perché Cipro le ha messo il dossier su un piano di ricatto – sanzioni a Minsk solo se sanzionata anche Ankara ha detto Nicosia dopo aver ricevuto la visita del capo della diplomazia russo. Una difficoltà che ha mostrato di nuovo l’incapacità dell’Ue di avere linee comuni al di sopra degli interessi dei singoli. “Le elezioni” in Bielorussia, ha detto Conte “non rispondono agli standard democratici. Vogliamo che ci sia un percorso chiaro e una rapida evoluzione verso elezioni libere e credibili. Vogliamo che siano rispettati i diritti di chi protesta in maniera pacifica. Pretendiamo che le autorità prendano atto della situazione”.
Il premier italiano sul fascicolo bielorusso deve liberarsi del peso del rapporto con Mosca – sofferto anche da Parigi nell’ultimo viaggio nel Baltico. L’Italia ha in precedenza parlato della necessità di recuperare il rapporto con la Russia, e il Cremlino attualmente è l’unico alleato di Lukashenko: colpire Minsk significherebbe nemmeno troppo indirettamente colpire Vladimir Putin e scatenare l’ira dei russi. Ma la situazione potrebbe inasprirsi anche se, come vorrebbe Berlino (scottata dal caso Navalny), si avviasse un contatto diretto con il presidente bielorusso attraverso l’Ue. Evitare di spostare la questione sul piano geopolitico, e valutare la crisi come una mera questione di rispetto interno dei principi democratici, è invece la traiettoria perseguibile per curare il dossier senza ingerenze dall’esterno secondo l’Eliseo.