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Covid-19, la scuola e la curva dei contagi. Il punto del preside Ciccotti

Era prevedibile. Nulla da eccepire sul serio e diuturno impegno del personale dei ministeri e dei rispettivi ministri. Sanità, Istruzione, Interni, Difesa. Degli enti locali. Stiamo tutti lavorando. Anche oltre il dovuto. Finanche di domenica, nelle Asl e nelle scuole. O da casa. E da diverse domeniche. Proprio perché i “positivi” negli istituti scolastici stanno facendo capolino, in alcuni casi aumentano di ora in ora. Si parla di oltre 900 scuole in cui si è registrato almeno un caso positivo di Covid-19. Le autorità rassicurano che sono numeri minimi, considerata la popolazione studentesca di circa 10 milioni di persone, tra allievi e personale. Confermo che è vero. Nel mio polo iceale abbiamo sino ad ora avuto un caso su 1986 allievi. Un caso si è registrato nell’Istituto viciniore, che conta 600 allievi. Un altro collega, preside di un terzo istituto di 950 allievi, nel mio stesso ambito, mi comunica di aver avuto già tre classi in quarantena nelle prime due settimane di scuola. A Roma diversi licei hanno classi in quarantena. Così in altre città d’Italia.

UN SOLO CASO DI COVID-19

Coloro che sottolineano che i numeri di positivi al Covid-19 nelle scuole siano ancora “minimi” (aspettiamo che diventino numeri “medi”? Oppure “massimi”?), o comunque “assolutamente sostenibili” (Roberto Speranza, ministro della Salute) dicono il vero, ma non ci dicono cosa potrà accadere tra due settimane o un mese. Neppure si figurano cosa significhi seguire il caso di un solo positivo, in un istituto. Nonostante il ministero dell’Istruzione abbia creato, rapidamente, la figura del docente “Referente Covid-19”, che è la solita promozione all’italiana, ti do l’incarico, le responsabilità, da assommare ad altre decine di compiti istituzionali, ma non il personale docente (per le superiori l’organico docenti è immutato!), vediamo da vicino, come anticipato, cosa accade in caso di allievo positivo.

Oltre al referente va da sé che il d.s. deve seguirlo in prima persona, h24. Poi si mette in moto il personale della didattica, che si carica sulle spalle altre pratiche urgenti oltre agli impegni della “normale” amministrazione. Siccome si deve “tamponare” l’intera classe, vanno inviati tutti i nomi e i recapiti, figlio-genitori, alla Asl. Vanno indicati anche i nomi dei rispettivi “conviventi” (come recita il protocollo), appunto per il tampone. Parte l’emergenza. Chiama le famiglie. Chi non risponde, chi non ha campo, chi ha cambiato numero telefonico e non lo ha comunicato a suo tempo. Richiama. Chi è separato e bisogna risalire all’ultimo week-end che il genitore separato/divorziato ha passato con suo figlio/a e verificare se rientra nel giorno limite del “contatto” stabilito dai medici Asl, per il primo tampone indirizzato, appunto, ai cosiddetti “contatti diretti”. Nei casi dubbi richiamare la Asl. Dopo una verifica di tutti i recapiti dei genitori degli allievi questi vanno urgentemente inviati, fossero anche le 23.30, alla Asl. Poi si debbono individuare i docenti e i collaboratori scolastici che sono transitati in quella classe, dove si è registrato il caso positivo. Tutti i dati e recapiti del personale docente e Ata in odore di “contatto diretto” vanno comunicati sempre alla Adl. Va chiusa la classe. Igienizzata e, se possibile, sanificata con ozono.

SONO TUTTI “IMPANICATI”

Naturalmente, bisogna rispondere a centinaia di telefonate di genitori, che, giustamente, vanno nel panico. Quelli della classe confinante a destra, quelli della classe confinante a sinistra, quelli della classe di fronte. Quelli della classe di fronte ma spostata a sinistra… Il genitore Tizio ti informa che uno di “quella classe tamponata viaggia sull’autobus in cui viaggia mia figlia”, che ovviamente è di altra classe… I ragazzi tamponati della classe in osservazione, ottenuto dopo 48 ore il risultato “negativo”, vorrebbero rientrare, fanno finta di non capire che debbono aspettare il secondo tampone negativo. Alcuni compagni della stessa classe però, dopo 24 ore, non hanno ancora notizia dalla Asl, a dispetto dei loro compagni già contattati e risultati “negativi”; si “impanicano”, come dicono loro, e ti chiamano da casa ogni ora.

Passiamo ai docenti sani impegnati nella didattica. Questi, oltre alla docenza del mattino in altre classi, quando rientrano in casa, debbono “andare in Dad”, per i ragazzi della classe “tamponata” e chiusi nella propria abitazione in “isolamento fiduciario”. La loro giornata lavorativa diventa così una groviera, saltano i propri impegni privati del pomeriggio. Per il d.s. e il suo staff, una inarrestabile corsa stressante: comunicazioni continue con i medici della Asl, con il medico competente di istituto, con i docenti preoccupati per i loro parenti visto che “esercitiamo in un ambiente lavorativo in cui è possibile un contagio”. Dopo la obbligatoria igienizzazione, contattare una ditta e organizzare la sanificazione (facoltativa) dell’aula e dei bagni del piano. Nello stesso tempo mandare avanti la scuola, sia sul piano didattico che amministrativo. E poi, decine di genitori che chiamano dicendo “io ho paura non mando mio figlio a scuola. Voglio la Dad anche se fosse l’unico della classe”. Vai a far capire che non è prevista, dalla normativa vigente, “la Dad per chi ha paura”. Del resto molti istituti non sono ancora tecnicamente in grado di slittare la medesima lezione in presenza e in remoto (verso casa) simultaneamente. Insomma, le scuole, come le Asl, stanno scoppiando. Le Asl debbono affrontare tutti i casi di positività, dalla Infanzia alla secondaria di secondo grado. Hanno personale e mezzi a sufficienza? Nel giro di pochi giorni, da qui a fine ottobre, quante classi andranno in quarantena? Quanti migliaia di tamponi?

ASSENTE UNA CAMPAGNA PER GLI ADOLESCENTI  

Come mai, in un Paese traboccante di registi, non siano state promosse campagne di comunicazione cartacea/video, a cura dei rispettivi ministeri (Salute e Istruzione) dedicate agli adolescenti e ai giovani, la fascia tendenzialmente più “ribelle” al rispetto delle norme, soprattutto in previsione del rientro a scuola? Ragazzi e giovani che per tutta l’estate hanno “vacanzato” senza mascherina e bivaccato nelle movide, come se nulla fosse accaduto nei mesi precedenti, non andavano “educati” prima della rentrée? Solo ora ci accorgiamo delle feste dei 18enni? Delle movide? I nostri articoli, su Formiche.net, che prevedevano tutto ciò, in particolare quello del 28 agosto, “Perché è temerario il tutti a scuola il 14 settembre”, che citava anche il pezzo di Antonio Polito del 9 agosto sul Corriere della Sera, come quelli di altri osservatori, sono risultati suggerimenti caduti nel vuoto. Bisognava dare l’idea che “tutto” tornasse alla normalità. A tutti i costi. Ora ci dicono, giustamente, “limitate le feste”, “tenere la mascherina tutto il giorno”. E se i buoi fossero scappati dal recinto?

DAD PER LE SUPERIORI: ORA È INEVITABILE 

Per il ministro della Salute Roberto Speranza “ci saranno altri casi… ma vogliamo tenere le scuole aperte”; anche la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina nota che “i contagi registrati sono molto bassi… siamo in attesa di confrontare i dati delle Asl con i dati in nostro possesso per capire il trend”. Secondo il nostro umile parere i ministri Speranza e Azzolina sbagliano a mantenere le lezioni in presenza per tutti gli ordini scolastici. A settembre bisognava far rientrare a scuola gli otto milioni di allievi scaglionandoli e lasciando a casa i ragazzi delle superiori, proseguendo, questi ultimi, con la Dad avviata a marzo. La Dad da casa a casa, da docente ad allievi. Non sarebbe stata una tragedia continuare così per altre sei-dieci settimane, e guadagnare tempo per osservare la curva epidemiologica. Per potenziare la connettività digitale con la fibra anche nelle aree periferiche, via cavo o con antenne; sarebbero arrivati a tutti i banchi monoposto; si sarebbero attrezzati altri luoghi come aule.

Settimane utili anche per la ricerca scientifica nel proporre test Covid-19 più rapidi, da utilizzare negli istituti, come il test salivare in sperimentazione presso lo Spallanzani di Roma. Se si vuol fermare il contagio nelle superiori si torni subito alla Dad come nella scorsa primavera, e parta una convincente campagna educativa sulla prevenzione anti Covid-19 per la fascia 12-18 anni. Perché i nostri ragazzi, la mattina, prima di entrare a scuola, hanno la mascherina abbassata o in tasca, e parlano molto ravvicinati. E quando escono da scuola?

 

 


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