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Va bene tutto, ma non la si butti in caciara. Il corsivo di Arditti

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Il governo parli con una voce sola e il premier misuri le parole all’ennesima potenza, perché qualche concessione di troppo alla retorica l’ha fatta anche lui (più di una volta). E la maggioranza (tutta, nessuno escluso) discuta “prima” e tiri dritto “dopo”, perché altrimenti qui usciamo tutti pazzi

No, il “distinguo a posteriori” no. Già la situazione è difficile per tutti: per chi ha un lavoro e teme di perderlo e per chi aveva un lavoro e l’ha già perso. Oppure per chi ha un’impresa e rischia di vederla andare a ramengo e per chi ci è già passato. O infine per chi un lavoro vorrebbe cercarlo ma non ha nessuna possibilità di trovarlo.

E lo stesso vale per chi può rischiare di ammalarsi o si è già ammalato, così come per tutti quelli che devono prendersi cura dei malati e che (spesso) finiscono per passare dall’altra parte della barricata.

Insomma è dura sul piano personale, lavorativo, sociale, sentimentale.

È dura perché ogni giorno qualcuno che conosci si rivela positivo ai test, con un senso di accerchiamento che rende questo autunno assai diverso dalla primavera, almeno per chi non vive in Lombardia.

È dura perché ti tocca guardare alle persone cui vuoi bene e che vorresti abbracciare come dei possibili “spargitori” di virus.

E poi è dura perché abbiamo capito benissimo che non ce la caveremo in qualche settimana di mezzo lockdown.

Ma se a tutto questo si aggiunge il “distinguo a posteriori” allora proprio non ci siamo.

Penso alle osservazioni di Matteo Renzi, lui che pure è (secondo me) il miglior primo ministro degli ultimi dieci anni.

Già perché criticare oggi le decisioni del governo (indipendentemente dal merito delle critiche) sarà forse tatticamente comprensibile ma butta in caciara un po’ tutto, facendo esattamente il contrario di ciò che ci serve.

E penso anche alle mille e mille fratture istituzionali che sono sì un segnale di democrazia, ma quando si esagera (e il pensiero va allo scambio di opinioni tra Luigi De Magistris e Vincenzo De Luca, mentre la città di Napoli annaspa vistosamente) finiscono per essere quasi solo un danno, perché generano ansia e frustrazione, mentre i cittadini chiedono punti di riferimento.

Oppure penso alle perplessità del vice ministro Pierpaolo Sileri (sempre sul decreto governativo) poi ampiamento corrette, ma non per questo incapaci di generare la sensazione che anche in casa M5S vi sia una fronda (per ora sottotraccia) ma non per questo assente.

In fondo gli italiani hanno capito come stanno le cose. Hanno cioè capito che tocca fare i salti mortali per cercare di non ammalarsi e hanno capito che in caso contrario dovranno fare i conti con un sistema di assistenza fortemente in crisi per sovraccarico di lavoro, seppur popolato di donne e uomini encomiabili per senso del dovere.

Hanno capito che sul fronte economico ci sono aiuti disponibili e altro arriverà, ma hanno anche capito che qualcosa (poco o tanto si vedrà) lo si dovrà far uscire dalle tasche.

Infine hanno capito che per nonni, figli, parenti in difficoltà bisognerà (sostanzialmente) arrangiarsi, perché il medico di famiglia c’è e non c’è, le lezioni a scuola sono a singhiozzo, l’assistenza domiciliare è sotto pressione.

L’Italia è fatta così per il semplice fatto che l’Italia siamo noi, cioè gli italiani.

Però buttarla in caciara no, questo non deve succedere.

Il governo parli con una voce sola e il premier misuri le parole all’ennesima potenza, perché qualche concessione di troppo alla retorica l’ha fatta anche lui (più di una volta). E la maggioranza (tutta, nessuno escluso) discuta “prima” e tiri dritto “dopo”, perché altrimenti qui usciamo tutti pazzi.

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