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Cultura in lockdown ma non silente. Parla Argento (Cultura Italiae)

Le nuove restrizioni imposte dal governo preoccupano e non poco l’associazione Cultura Italiae che, già poco prima dell’emanazione del documento, ha inviato una lettera al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro per i Beni e le attività culturali Dario Franceschini. Formiche.net ha ascoltato Angelo Argento, presidente dell’associazione

Aristotele sosteneva che la cultura fosse un ornamento nella buona sorte e un rifugio nell’avversa. Non sembrano pensarla allo stesso modo dalle parti di Palazzo Chigi.

Il nuovo Dpcm è un’autentica scure per il settore della cultura in senso ampio: dal cinema al teatro. Le ulteriori restrizioni imposte dal governo preoccupano e non poco l’associazione Cultura Italiae che, già poco prima dell’emanazione del documento, ha inviato una lettera al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro per i Beni e le attività culturali Dario Franceschini.

La missiva, firmata dal presidente Angelo Argento, è un tentativo di sensibilizzare il governo sul fatto che i “luoghi in cui si fa cultura devono rimanere aperti” tanto più che “è stato dimostrato come, nella quasi totalità, sono stati rispettati pedissequamente i protocolli per il contenimento del contagio e non si sono verificati focolai all’interno di cinema e teatri”.

Argento tenta quindi in un certo senso di invertire la prospettiva. Dpcm “not in my name”. Quindi, la strada maestra verso cui orientare la propria azione deve essere quella di “mantenere i presidi della nostra cultura, autentico vaccino contro il virus”.

La lettera inviata a Conte e Franceschini non prende le mosse esclusivamente “da coloro che fanno impresa con la cultura”, precisa il presidente di ‘Cultura Italiae’, bensì “dalla reazione che abbiamo intercettato da tutto il mondo che vive, anche in veste di utente, questo tipo di attività”. Alla base delle decisioni del governo, a detta di Argento, “c’è l’infusione di una paura che rischia di essere dilagante e condizionare pesantemente chi frequenta i luoghi di arte e cultura”. Quindi più che un lockdown vero e proprio, la cui ipotesi era già stata scartata dall’esecutivo, “siamo di fronte ad una chiusura psicologica: ci stanno abituando alla necessità di fare uso di strumenti che distanziano la popolazione dagli spettacoli e dagli eventi dal vivo”.

La preoccupazione di Argento, al netto della contingenza che peserà moltissimo sul comparto e più in generale su tutta la filiera, è quella di “abituare anche le giovani generazioni a questo tipo di mentalità. Non è quindi una problematica che riguarda solo la situazione attuale, ma è un discorso di prospettiva”.

“Non è concepibile – prosegue – che la paura prevalga sulla necessità di essere più forti del virus e tornare quindi alla vita, seppur rispettando tutte le cautele del caso e senza sminuire la gravità di questa pandemia”. Oltre a questo, occorre valutare la situazione che va creandosi con il nuovo decreto in termini di “responsabilità”.

“Da avvocato amministrativista – spiega Argento – comprendo perfettamente questa posizione restrittiva assunta dall’esecutivo che in una certa misura scarica sui titolari dei luoghi in cui si produce arte e cultura la responsabilità di ciò che accade. A mio giudizio però, sarebbe stato più opportuno che si responsabilizzassero le persone a frequentare questi luoghi in maniera consapevole piuttosto che deresponsabilizzarle chiudendole in casa e chiudendo cinema e teatri”.

Affidarsi unicamente al buonsenso sarebbe quantomeno utopico. Quindi “occorre lavorare e corroborare le misure sanzionatorie per chi trasgredisce”. La previsione sulle ricadute economiche che tratta il presidente dell’associazione fanno rabbrividire. “Lo scenario che si profila è drammatico per centinaia di migliaia di lavoratori, peraltro attivi nei settori che rendono famosa l’Italia nel mondo”. Sugli effetti che questa lettera/appello potrà darà Argento non è particolarmente fiducioso ma, conclude, “non ci hanno chiuso nel silenzio”. Questa volta, la protesta, sarà tutt’altro che silenziosa.

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