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New Generation Eu, attenzione agli atavici vizi e ai limiti per le infrastrutture. Il commento di Tivelli

Dobbiamo scrollarci di dosso l’immagine di un Paese che si smuove solo quando è il caso di fare fronte a delle gravi emergenze e dimostrare che siamo in grado di muoverci e progettare per tempo lo sviluppo. Il commento di Luigi Tivelli

Nonostante il governo si fosse impegnato a presentare gli indirizzi del Next Generation Eu entro il 15 Ottobre, a tutt’oggi ben poco ne sappiamo, tranne il fatto che nel piano italiano avranno un ruolo molto significativo le politiche per le infrastrutture digitali e soprattutto quelle per le infrastrutture materiali. A questo proposito sarà il caso di tener presente limiti, (tanti), costi e benefici delle esperienze condotte in tempi passati e recenti.

Ad esempio il caso del test nelle scorse settimane del Mose di Venezia evidenzia, nel bene e nel male, a mo’ di paradigma, qual è il problema di fondo delle infrastrutture strategiche nel nostro Paese. Se, infatti, da un lato il funzionamento del Mose ha dimostrato l’importanza strategica di una rilevante e delicata opera infrastrutturale, dall’altro il Mose rimane la testimonianza dei gravi ritardi progettuali, dell’esplosione dei costi, dei gravi fenomeni di corruzione legati alla stessa opera infrastrutturale condotta nel corso di un lunghissimo periodo di anni.

D’altronde recentemente anche il fiscal monitor del Fondo Monetario Internazionale ha ribadito l’importanza degli investimenti pubblici per la ripresa post Covid, da rilanciare però con un approccio manageriale, tale da evitare ritardi e scongiurare il rischio corruzioni e contenere i costi.

Lo sforzo di elaborazione e progettazione del piano italiano per l’accesso al Next Generation Eu deve essere tale da liberare il Paese da queste vere e proprie palle al piede, anche perché è chiaro a tutti che investire nelle infrastrutture è la strada più efficace per creare lavoro e fare ripartire l’economia. Proprio come stanno facendo Paesi come la Cina, gli Usa ed altri partner europei, fra cui Francia e Germania.

Non è vero che gli imprenditori esteri fuggono dall’Italia, perché una recente indagine condotta da Ernst&Young rivela che il 44% dei professionisti intervistati sarebbe pronto ad investire nei prossimi 12 mesi nel settore italiano delle infrastrutture. Affinché ciò avvenga, occorre però emendarsi dagli errori del passato sia per quanto riguarda i tempi di realizzazione sia per quanto riguarda la corruzione.

Si tratta di avviare un piano basato sulla mobilità sostenibile, a partire dall’alta velocità ferroviaria, declinato su progetti innovativi, sulla riqualificazione del nostro patrimonio stradale e di quello edile, dalle scuole agli ospedali. E la best practice della ricostruzione in tempi da record del ponte S. Giorgio di Genova non deve rimanere un caso isolato, in quanto risposta ad un bisogno di sicurezza presente e vivo nel Paese.

Dobbiamo però finalmente scrollarci di dosso l’immagine di un Paese che si smuove solo quando è il caso di fare fronte a delle gravi emergenze e dimostrare che siamo in grado di muoverci e progettare per tempo lo sviluppo.

 

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