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Debito, diseguaglianze e nuova economia. Il post-Covid secondo il Fmi

Nulla sarà più come prima, a cominciare dall’economia globale. Non che ci fossero particolari dubbi su questo, ma detto da Kristalina Georgieva, direttore generale del Fondo monetario internazionale, fa un certo effetto. La peggiore crisi dal 1945 sta, lentamente, lasciando spazio ai primi barlumi di speranza ma ci si può tranquillamente scordare equilibri finanziari e sociali che siamo abituati a conoscere. In occasione dei 125 anni della London school of economics, la numero uno del Fmi ha, forse per la prima volta, tracciato l’identikit del mondo che verrà.

SE DEBITO FA RIMA CON PIL 

Il primo, vero grande, problema è il debito mondiale. I deficit sovrani delle economia avanzate sono esplosi a causa delle misure d’emergenza per fronteggiare il virus, con il risultato che ben presto si potrebbe avere un debito al 100% del Pil globale. “Nonostante la ripresa in atto i rischi rimangono elevati, anche a causa di un aumento dei default e di valutazioni eccessive nei mercati finanziari. Come molti Paesi sono diventati più vulnerabili. I loro livelli di debito sono aumentati a causa della loro risposta fiscale alla crisi e delle pesanti perdite di produzione e di entrate. Stimiamo che il debito pubblico globale raggiungerà il livello record di circa il 100% del Pil nel 2020”.

LA LENTA RISALITA

C’è però dell’ottimismo in fondo alle considerazioni della numero uno del Fmi. “Il Fondo monetario internazionale prevedeva a giugno una grave contrazione del Pil globale nel 2020. Il quadro oggi è meno catastrofico. Ora stimiamo sviluppi migliori del previsto nel secondo e terzo trimestre, che ci permettono una piccola revisione al rialzo delle nostre previsioni globali per il 2020. E continuiamo a prevedere una parziale e irregolare ripresa nel 2021”. In buona sostanza, “l’economia globale sta tornando dalle profondità della crisi. Ma questa calamità è tutt’altro che finita. Tutti i Paesi stanno ora affrontando quella che definirei ‘la lunga ascesa’, una difficile salita che sarà lunga, accidentata e incerta. E suscettibile di battute d’arresto”.

TRA RICCHI E POVERI

Tornando al mondo che sarà, le diseguaglianze saranno una delle poche costanti.  “Alcuni hanno potuto fare più di altri. Le economie avanzate hanno fatto tutto ciò che era necessario. Quelle più povere hanno lottato per tutto ciò che era possibile”. E questo scarto nella capacità della risposta, sostiene l’economista, “è una delle ragioni per cui assistiamo oggi a risultati differenziati”. E così, “per molte economie avanzate, inclusi gli Stati Uniti e l’Area dell’euro, la recessione rimane estremamente dolorosa, ma meno severa delle attese. E la Cina sta sperimentando una ripresa più veloce delle stime”.

FINE DELLA VECCHIA ECONOMIA

Alla fine, comunque, la certezza è una. “Il mondo di domani non potrà essere uguale a quello pre-Covid. Ed è finita la vecchia economia, non possiamo permetterci di ricostruire semplicemente la vecchia economia, con la sua bassa crescita, bassa produttività, alta ineguaglianza e crisi climatica in peggioramento. Per questo c’è bisogno di riforme fondamentali per costruire un’economia più verde, più intelligente, più inclusiva e più dinamica. Ed è in questa direzione”, sottolinea, che dobbiamo dirigere i massicci investimenti richiesti per una ripresa forte e sostenibile”.



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