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Basta stop&go sulla pelle delle imprese. Parla Manzocchi (Confindustria)

L’economista e capo del Centro Studi di viale dell’Astronomia a Formiche.net: l’esecutivo ha avuto mesi per prepararsi alla seconda ondata e adesso imprese e commercianti debbono pagare lo scotto di queste negligenze con un nuovo stop forzato. Gli indennizzi non fanno Pil, finiscono dritti in banca senza far girare l’economia

Forse ha ragione il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, quando in un mix tra mea-culpa e rassegnazione afferma che sì, qualcuno ha cantato vittoria sul Covid troppo presto e che due settimane fa era meglio starsene zitti. Il risultato è che oggi le imprese e le attività produttive debbono affrontare la più micidiale delle sfide: uno stop&go che si poteva benissimo evitare, se solo si avesse avuto in pizzico di lungimiranza in più. Dopo la Fase 1, con la fine del primo lockdown, sembrava tornata la luce. E ora, di Dpcm in Dpcm, mentre il Recovery Fund latita, si torna nel tunnel, facendo pagare dazio al ventre d’Italia, il ceto medio. Non si può pensare di andare avanti così, dice a Formiche.net  Stefano Manzocchi, economista, docente di economia internazionale e capo del Centro Studi di Confindustria. Serve una linea, una strategia che compensi la mancata preparazione estiva alla seconda ondata. E che poteva fare la differenza.

QUELLO CHE SERVE (ADESSO)

“L’industria italiana pagherà un prezzo molto alto quest’anno, nonostante il dati sul terzo trimestre che arriveranno venerdì dal Centro studi, ci parlino di un rimbalzo molto forte”, premette Manzocchi. “Fino ad oggi sono state dimostrate dal nostro sistema capacità di resistenza e resilienza non comuni. Ma ci sono due problemi, e anche molto grandi. Primo, l’indebitamento per l’emergenza delle imprese, che è stato fondamentale per reggere l’urto della crisi anche grazie alle risorse del Fondo di garanzia, va riprogrammato su lunghe scadenze altrimenti sarà un fardello per la ripresa. Pensiamo non solo alle Pmi della manifattura ma anche al settore dei servizi, ovvero commercio, turismo, trasporti, che sono il segmento più devastato dalla pandemia”. Insomma, “occorre più che mai allungare le scadenze dei prestiti concessi a queste imprese, dieci anni sono pochi, servono almeno 30 anni. Questo per quanto riguarda le imprese, poi c’è un tema banche su cui, lo ha detto anche il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ci saranno problemi sul fronte degli Npl”.

DI STOP&GO SI MUORE

Ma il vero problema è a monte. Tre Dpcm in dodici giorni, ha ricordato giusto questa mattina il presidente degli Industriali, Carlo Bonomi, parlando agli imprenditori altoatesini. Troppi se non c’è una linea chiara e precisa, dice Manzocchi. “C’è il problema di fondo che rimane questo stop&go continuo. Voglio dire, una manifesta incapacità, in Italia anche più che nel resto d’Europa, nel pianificare e prevedere. Faccio un esempio. Perché non sono stati fatti investimenti questa estate, quando un po’ tutti sapevano che una seconda ondata sarebbe arrivata? Poco o nulla è stato fatto nei trasporti? Nelle scuole? Dove potevano per esempio essere ristrutturati i plessi e messi a norma Covid? Abbiamo avuto sette mesi di tempo per investire, ma non è stato fatto. E allora mi chiedo, perché siamo arrivati a questo, perché questa mancanza di preparazione?”

IL BLUFF DEGLI INDENNIZZI

Magari i dubbi e gli interrogativi si esaurissero qui. E invece no. In Confindustria ne hanno anche per gli indennizzi garantiti per le attività danneggiate dal coprifuoco nell’ultimo Dpcm. 5 miliardi da domani sul tavolo del Consiglio dei ministri. La tesi è semplice: l’indennizzo non fa Pil, perché finisce dritto in banca piuttosto che nell’economia reale. “Sette mesi buttati e ora ci stiamo rifermando di nuovo. Questa assenza di prospettive è esiziale per le imprese, lo stop&go che impedisce di pianificare, investire, ristrutturare. Non dobbiamo dimenticarci che tutti i sussidi e gli aiuti che il governo ha erogato, hanno un moltiplicatore molto inferiore ad 1. Questo vuol dire che gli operatori economici ricevono questi soldi e in buona parte non li spendono, ma li mettono in banca, facendo aumentare i depositi bancari. Ma se la gente non spende, non si riparte. E allora, ecco che, alla mancata preparazione dopo la fase 1, si aggiungono forme di aiuti che certamente sostengono, ma non risolvono. E nel frattempo indebitano ancora di più lo Stato”.

Una conclusione. “Ora bisogna resistere, ma possiamo certamente dire che fin da prima si poteva intervenire indirizzando la spesa pubblica su investimenti che forse avrebbero evitato un secondo possibile lockdown. Abbiamo pensato che l’epidemia fosse passata e invece non è stato così”.

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