Ripensare l’economia è possibile, molto più probabilmente un obbligo nell’anno della grande pandemia che ha stravolto gli equilibri globali. Non è certo una sfida facile ma vale la pena tentare, se non altro per non lasciare ai posteri solo e soltanto macerie e disuguaglianze sociali. Un primo vero ragionamento in questa direzione è arrivato dal confronto tra esponenti del mondo industriale e religioso, in occasione del convegno Laudata economia, organizzato e promosso da Formiche presso il Palazzo S.Chiara di Roma.
Durante l’evento, rappresentanti delle imprese ed esponenti del mondo cattolico si sono confrontati nel dibattito, moderato da Monica Mondo, dal titolo Etica ed economia, quale connubio al tempo del Covid-19. Tra questi, Filippo Santoro, Arcivescovo di Taranto e Presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace della Conferenza Episcopale Italiana, Padre Stefano Del Bove, Docente della Facoltà di Scienze Sociali dell’Università Gregoriana, Cristina Maldifassi, Segretario generale Ucid Nazionale, l’unione dei dirigenti cristiani, Luca Ruini, Presidente Conai e Massimo Bruno, Responsabile Affari Istituzionali di Enel Italia.
LA FORZA DELL’INDUSTRIA
Qualunque economia esca fuori dalla pandemia, sarà qualcosa sì di diverso ma non per questo meno equo e meno buono, ha chiarito in prima battuta Maldifassi. “Nessuno di noi, oggi, ha la bacchetta magica per risolvere l’attuale situazione che stiamo vivendo. Però credo fortemente nella capacità degli industriali, dei dirigenti e degli imprenditori italiani. Se noi faremo bene, e io di questo sono sicura, ne usciremo altrettanto bene. C’è però uno sforzo da fare. Occorre valorizzare i talenti che ci sono in circolazione, ognuno deve far valere le proprie capacità e cercare di imporle. Questo può fare la differenza”.
IL FATTORE TERRITORIO
L’economia che verrà non potrà invece non tener conto delle esigenze dei territori, è il parere di Massimo Bruno. Il manager di Enel ha spostato l’attenzione sul tema degli investimenti i quali devono necessariamente essere legati a doppio filo alle istanze dei territori. “Oggi partiamo da un nuovo approccio nell’investimento, il quale si deve inserire nel territorio, creandovi crescita e sviluppo. Ma non solo. L’investimento non deve solo garantire sviluppo ma anche consentire alle comunità di farcela da sole, anche senza Enel. Questa è la sfida, molto spesso ci siamo accorti dell’esistenza di interi territori dipendenti in tutto e per tutto da noi. Quello che però oggi conta è mettere questi territori nelle condizioni di crescere e avanzare da soli una volta che l’investimento, di lungo termine, è stato fatto”.
Bruno ha poi fatto un confronto. “Spesso in Italia siamo abili nel lavorare con le comunità ma non sempre altrettanto abili nel fare sistema, cosa che per esempio i francesi sanno fare benissimo. In questo, tanto per citare l’ultima enciclica del Papa (Fratelli tutti, ndr) siamo poco fratelli”.
LA SFIDA DEL SUD
Non si può naturalmente pensare a un’economia più etica e solidale senza immaginare una ripartenza del Meridione. Qui, secondo il Conai, il consorzio per gli imballaggi, la sfida passa per la sostenibilità. “Ci siamo dati un obiettivo che è ambizioso e raggiungibile al tempo stesso, ovvero portare la raccolta differenziata al 60% al Sud. Credo che l’attuale momento abbia avvicinato tanta gente a certe sensibilità e certe sfide e la raccolta differenziata è una di queste. Voglio essere ottimista, credo che il sistema delle imprese che il Conai rappresenta, stia reagendo molto bene all’attuale situazione. E questo è un risultato”.
QUESTIONE DI PROCESSI
Un cambiamento, qualunque esso sia, richiede comunque dei processi, che vanno governati. Di questo è più che convinto Padre Del Bove, quando parla di difficoltà tutta italiana “nell’identificare i processi e chi soprattutto li decide. L’errore che oggi si commette è quello di non riuscire a distinguere le semplificazioni dalle scorciatoie, che producono diseguaglianze e povertà. Per esempio, se dovessimo assistere a un aumento delle diseguaglianze allora vuol dire che sono state prese delle scorciatoie e questo è profondamente sbagliato”. In questo senso “serve un’alleanza organica, che metta insieme e a sistema tutte le realtà sociali. La Chiesa può dare un grande aiuto in questo”.
“La Chiesa”, ha continuato Del Bove, “offre un fortissimo paradigma nel tema del ricevere e del dare, e delle componenti sociali. Ci si confonde nell’identificare tra chi dirige un processo e il leader. Spesso il confronto con la negoziazione istituzionale e con i processi di potere corrompono o logorano quella capacità di leadership e di indirizzo che si sperimenta in altre stagioni della vita. Tenere insieme capacità, ideale e forza dell’indirizzo, anche in ruoli strategici di governo dei processi pubblici e privati è la sfida”. La leadership deve essere dunque “aperta al rischio dell’ascolto, elemento che implica tempi medio lunghi. E con un elemento di tenacia nel confronto con l’alterità, e su ciò che non è immediatamente inseribile negli schemi procedurali, che rappresenta una bella sfida”. In sintesi, “nella pratica di Sant’Ignazio siamo chiamati ad analizzare in altra maniera ciò che sembra funzionare. Per sminare dietro fenomeni scintillanti elementi di disordine, fragilità o ignoranza”.
Di bene comune ha parlato infine anche Padre Santoro. “Insieme con il noi anche l’abbraccio con la casa comune. Nella Laudato sì il Papa sottolinea questo rapporto, qui invece quello tra io e noi. Si tratta di mettere tutto in una prospettiva che ha come obiettivo non solo il bene comune sociale ma il bene comune globale, in una visione come quella di Francesco in cui tutta la realtà è un dono che non deve essere depredato e sfruttato, ma un dono che deve essere accolto, valorizzato, custodito e sviluppato in tutte le forme possibili”.