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Lombardia e vaccini Made in China. Le colpe dell’Italia (e di Bruxelles)

Per far fronte alla carenza di vaccini antinfluenzali, la Regione Lombardia ha deciso di non accontentarsi della fornitura nazionale, vagliando altre soluzioni in piena autonomia. E acquistando dalla società farmaceutica cinese Life On un lotto di 100mila vaccini. Vaccini, però, che non avevano mai ricevuto l’autorizzazione dell’Aifa. “Non verrà acquisito, e quindi distribuito, alcun vaccino che non abbia ottenuto le autorizzazioni previste dalla legge e le conseguenti scrupolose verifiche”, ha riferito prontamente Aria, la centrale acquisti della Regione, in una nota. Ma le dinamiche della vicenda sono ancora tutte da chiarire.

INFLUENZA E RISCHIO COVID

Quest’anno l’Italia ha acquistato 18 milioni di dosi di vaccino antinfluenzale, come ha dichiarato pochi giorni fa a Formiche.net Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza. Sei milioni in più rispetto allo scorso anno. Eppure, il rischio che i vaccini non siano sufficienti è ancora elevato; rischio ancor più allarmante durante l’emergenza Covid, quando il vaccino diventa fondamentale per scongiurare, in caso di sintomi controversi, che le due patologie (influenza e Covid) possano essere scambiate, generando un diffuso allarmismo che finirebbe per occludere e intasare le strutture sanitarie. Senza considerare, per altro, gli ancora non noti effetti fisiologici di una eventuale concomitanza del virus influenzale e del Sars-CoV-2 nel corpo umano. Del resto, come ha spiegato a Formiche.net il presidente della Fondazione Toscana Life Sciences Fabrizio Landi, “I vaccini antinfluenzali, insieme alla disponibilità in quantità e qualità di test di massa diagnostici, il distanziamento sociale e i buoni comportamenti – come indossare le mascherine – saranno gli strumenti per combattere la battaglia di autunno-inverno contro Covid-19”.

LOMBARDIA, 2,9 MILIONI DI DOSI

La Regione Lombardia era già da tempo al centro del dibattito politico-sanitario per il tentativo, data l’emergenza sanitaria, di assicurarsi un numero di vaccini antinfluenzali sufficiente per soddisfare il fabbisogno dell’intera popolazione. Il bando di gara avviato da Aria, che prevedeva l’acquisizione di 500mila vaccini, si era concluso con l’assegnazione di 400mila dosi alla Falkem Swizz a un costo unitario di 26 euro e di 100mila dosi alla cinese Life On per un costo unitario di 11 euro. Il bando, però, non era il primo ad essere indetto. Nelle nove gare precedenti (di cui solo quattro si erano concluse) la Regione aveva già acquisito 2,9 milioni di dosi. Contro, però, una popolazione di circa dieci milioni di abitanti.

CARENZA VACCINI, TEMPESTA PERFETTA

A fine agosto la Federazione nazionale dei titolari di farmacia italiani (Federfarma) aveva già allertato le istituzioni e gli operatori di settore. “Federfarma ha riscontrato la sostanziale impossibilità, da parte delle case farmaceutiche, di cedere alle farmacie dosi vaccinali perché la produzione è stata assorbita dalle amministrazioni regionali”, si leggeva in una nota, accompagnata dalle parole del presidente della Federazione ordini farmacisti Italiani (Fofi) Andrea Mandelli. Questa carenza rischia di generare una “tempesta perfetta simile a quella generata dalla questione delle mascherine”, aveva riferito ad agosto. E così è stato.

ABBANDONARE LA LOGICA DI ACQUISTI AL MASSIMO RIBASSO

Ancora una volta, la burocrazia nazionale in primis e l’indotta incapacità produttiva nazionale, che da anni abbisogna di produzioni estere per soddisfare le proprie necessità anche in settori cruciali come quello farmaceutico-sanitario, ci lasciano sprovvisti di quanto avremmo bisogno. Prima le mascherine, poi i respiratori, ora i vaccini antinfluenzali. “Bisogna ripensare la logica delle forniture essenziali e strategiche per la salute e il sistema sanitario del Paese – avverte Landi – abbandonando la logica degli acquisti al massimo ribasso che ha spinto i più a lasciare l’Italia come sede di produzioni e sviluppo, salvo poi pentirsene amaramente come in questo periodo. Ed essere anche pronti a riservare parte delle forniture all’industria nazionale ed europea”.

EUROPA, STOP AI VACCINI MADE IN ITALY

Quando la Gsk nel 2014 rilevò la parte di Novartis relativa al comparto vaccini per 6,5 miliardi di euro, lasciando a Novartis il comparto oncologico, l’Antitrust europeo bloccò la cessione della componente dei vaccini antinfluenzali perché la quota del mercato europeo che Gsk avrebbe avuto come risultante dell’acquisizione, nel campo dell’influenza, sarebbe stata troppo elevata. In sostanza, la storica attività della ex Sclavo a Siena – che per trent’anni aveva progettato e prodotto quasi un miliardo di dosi di vaccini antinfluenzali per l’Italia e per il mondo – fu separata dal resto. Finendo nelle mani, per cessione, al gruppo australiano Csl, che chiuse le attività produttive dei vaccini in Italia.

SANITÀ COME LA DIFESA: COMPARTO STRATEGICO

La vicenda era già tornata agli onori della cronaca qualche mese fa, quando in Europa, e nel mondo, era partita la corsa al vaccino per il Covid-19. Tutti i Paesi assicuravano la piena condivisione del vaccino una volta individuato e prodotto, ma al contempo tutti si lanciavano in pre-ordini – più o meno – sotto la luce del sole. “Non si tratta di egoismo. È normale che un Paese voglia prima vaccinare i propri cittadini” ha commentato Fabrizio Landi. “Per questo motivo però è importante che un Paese mantenga sul proprio territorio, supportandoli, gli impianti produttivi di comparti altamente strategici come quello dei vaccini e della sanità in senso lato. Questo per evitare, come il Covid ha dimostrato, la carenza di mascherine, reagenti, ventilatori polmonari e anche vaccini: in fondo è quello che già si fa per l’industria della difesa”


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