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Migranti e terrorismo, da Nizza un allarme per tutta l’Europa

nizza

Brahim Aouissaoui, l’attentatore jihadista che ha ucciso tre persone a Nizza, aveva in tasca un foglio della Croce Rossa: era stato in Italia tre settimane fa. Si possono davvero rimpatriare gli estremisti? Solo in parte. Ecco perché nell’analisi di Stefano Vespa

L’attentato di Nizza riapre due scenari: la presenza di jihadisti sul territorio francese, aizzati dalle recenti polemiche sulle vignette raffiguranti Maometto o il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, e il delicatissimo binomio terrorismo-immigrazione che rinfocola le polemiche in Italia perché il tunisino Brahim Aouissaoui, 21 anni, autore dell’attentato di Nizza con tre morti e un ferito grave, è sbarcato il 20 settembre a Lampedusa e portato a Bari il 9 ottobre dopo la quarantena obbligatoria.

Le autorità francesi l’hanno identificato proprio perché aveva con sé un foglio della Croce rossa italiana. La domanda più ovvia è perché il ragazzo è riuscito a raggiungere la Francia lasciando il centro di accoglienza da dove sarebbe stato certamente rimpatriato visto che l’accordo con la Tunisia è uno dei pochi che funziona.

La risposta ufficiale non c’è ancora, ma forse è semplice: i profughi non possono essere privati della libertà personale, non possono essere arrestati, quindi molti provano ad allontanarsi sia perché cercano di raggiungere le famiglie che già vivono nel centro Europa sia perché, purtroppo, hanno altre intenzioni.
Scontro politico

Non c’è dubbio che il collegamento diretto tra l’Italia e l’attacco alla cattedrale di Nizza ha alzato l’attenzione, mai sopita, dell’antiterrorismo e dell’intelligence italiani. Matteo Salvini ha chiesto immediatamente le dimissioni del ministro Luciana Lamorgese se venisse confermato, com’è già stato fatto, lo sbarco in Italia di Aouissaoui: a questo proposito va ricordato che Anis Amri, autore dell’attentato al mercatino di Natale di Berlino nel 2016, era arrivato nel 2011 da minorenne in Italia e trasferito in un centro per minorenni in Sicilia.

Il ministro dell’Interno era il leghista Roberto Maroni, a conferma che un conto è dividersi sulle politiche per l’immigrazione e un altro la necessità di trovare convergenze per combattere gli estremisti islamici, come si fece per esempio con il decreto antiterrorismo del 2015 che ha introdotto importanti novità. La vicenda del tunisino arrestato in Francia sarà comunque approfondita perché il vicepresidente del Copasir, Adolfo Urso (FdI), ha chiesto l’audizione del ministro dell’Interno.

Amri e i suoi amici

Amri fu ucciso alla periferia di Sesto San Giovanni nella notte del 23 dicembre 2016 dagli agenti di una pattuglia di Polizia ed era arrivato in treno dalla Francia. A Berlino aveva investito con un tir e ucciso 12 persone tra cui l’italiana Fabrizia Di Lorenzo. Sono anni che gli investigatori scavano nelle periferie e nei centri di accoglienza, così come acquisiscono informazioni nelle carceri grazie alla Polizia penitenziaria, per scoprire potenziali terroristi.

Nell’aprile 2018, per esempio, un gambiano di 21 anni, Alagie Touray, fu fermato all’uscita della moschea di Licola, in provincia di Napoli, dopo aver giurato fedeltà all’Isis in un video postato su Telegram. Touray era sbarcato a Messina il 22 marzo 2017 con altri 638 migranti, risiedeva in un centro di accoglienza di Licola e aveva un permesso di soggiorno provvisorio perché la sua richiesta di asilo non era ancora stata valutata. Addirittura il gambiano aveva registrato il video nella mensa del centro di accoglienza, video poi intercettato dall’intelligence spagnola che avvertì gli italiani.

Gli arresti tra i profughi

Come si vede, la possibilità che nei flussi migratori possa mescolarsi qualcuno a rischio è da sempre al centro dell’attenzione dei vertici della sicurezza nazionale. Prima dell’arresto di Touray, per esempio, nel Napoletano la polizia aveva arrestato un tunisino accusato di aver fornito documenti falsi ad Amri. Tra i tanti, possiamo ricordare il 29enne iracheno Hussien Abss Hamyar, arrestato nel giugno 2017 dalla Digos di Crotone: accusato di associazione con finalità di terrorismo internazionale e istigazione a delinquere, era in attesa del riconoscimento di rifugiato, per le strade di Crotone girava con un taglierino e nel centro Sprar dove era ospite minacciava chi non si atteneva ai dettami dell’Isis. Negli ultimi anni, in particolare dopo l’inizio degli attentati in Europa dal gennaio 2015 con l’attacco a Charlie Hebdo, sono state numerosissime le operazioni di Polizia e Carabinieri su immigrati irregolari che avevano commesso reati connessi al terrorismo.

Un crescendo di attentati

Dall’inizio del processo ai terroristi che attaccarono la redazione del giornale satirico francese e la conseguente ripubblicazione di certe vignette, sono già tre gli attentati sul territorio francese in un crescendo di vittime: il 25 settembre a Parigi un pachistano ferì con un machete quattro persone di fronte alla vecchia sede di Charlie Hebdo; il 16 ottobre il professore Samuel Paty fu decapitato vicino alla sua scuola nel comune di Conflans-Sainte-Honorine, non lontano dalla capitale, perché aveva mostrato alcune vignette satiriche su Maometto ai suoi alunni; ora tre morti e un ferito grave nella cattedrale di Nizza dove Aouissaoui, secondo la stampa francese, ha continuato a urlare “Allahu Akbar” anche dopo essere stato arrestato.

Non è secondario l’assalto al consolato generale di Francia a Gedda, in Arabia Saudita, dove una guardia giurata è stata ferita da un uomo armato di coltello. Non si dimentichi che Nizza era stata duramente colpita il 14 luglio 2016, festa nazionale francese, quando un tunisino travolse e uccise con un tir 86 persone e ne ferì 450: sei vittime erano italiane. Neanche la cattedrale di Nizza è la prima volta in una chiesa: pochi giorni dopo, il 26 luglio 2016 padre Jacques Hamel fu ucciso durante la messa a Saint-Etienne-du-Rouvray, in Normandia. I due terroristi furono uccisi.

Espulsioni continue

I controlli sono sempre costanti, anche se si dà meno peso all’attività di prevenzione a causa della pandemia. Gli ultimi espulsi dall’Italia per motivi di sicurezza nazionale risalgono all’inizio di agosto, un egiziano e due tunisini, portando a 489 le espulsioni dal 2015 a oggi: 148 disposte dal ministro dell’Interno, 260 dai prefetti, 72 dall’autorità giudiziaria e 5 per riammissione secondo la “procedura Dublino”, 4 per respingimenti. Nel 2020 finora sono state espulse 28 persone.

Il timore inespresso è se, soprattutto con l’inasprirsi della polemica tra Francia e Turchia, cellule dormienti possano attivarsi per esaltare i principi di un Islam radicale e se questo possa avvenire anche in altri Paesi europei. Se in Francia Emmanuel Macron ha già annunciato che l’operazione Sentinelle (equivalente alla nostra “Strade sicure”) passerà da 3mila a 7mila soldati, anche in Italia l’attenzione e i controlli saranno ancora maggiori.

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