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Se il processo di Salvini diventa mediatico. L’analisi di Antonucci

In occasione della presenza a Catania, il 3 ottobre, per il procedimento a carico dell’ex ministro dell’Interno, imputato per sequestro di persona aggravato in relazione al caso della nave Gregoretti, Matteo Salvini intraprende una decisa offensiva mediatica. In attesa della prima udienza che potrà decretare per il proscioglimento o disporre il processo di fronte al Tribunale di Catania, con il rito ordinario, Salvini avvia una manifestazione politica, dal titolo “Gli italiani scelgono la libertà” per presentare la prospettiva leghista su temi quali infrastrutture, ambiente, immigrazione, cultura, turismo e Covid-19. Una sorta di stati generali leghisti, ospitati eccezionalmente nella città etnea, alla presenza di tutti i notabili del partito di Salvini e di ospiti quali Vittorio Sgarbi e Maria Giovanna Maglie.

Contestualmente la presenza su tutti i social di Matteo Salvini fa registrare nuovi picchi di attività, con una frequenza di post e una diversificazione di temi e argomenti tali da far pensare ad una strategia di distrazione che ad una reale ricerca di coinvolgimento dei pubblici di riferimento su Fb, Twitter, Instagram. Inoltre, al termine dell’udienza del Tribunale di Catania, è programmata una manifestazione unitaria del centrodestra al porto di Catania, con la presenza annunciata degli alleati Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia e Antonio Tajani di Forza Italia.

Si tratta di una strategia mediatica complessa, come sempre orientata alla creazione di eventi, alla differenziazione delle possibilità di partecipazione, in presenza e online, alla narrazione sui social, e ove possibile anche sui mass media mainstream (radio, tv) di una propria verità sulla questione.

In realtà la strategia mediatica messa a punto in questa occasione, con i consueti quesiti che gli addetti ai lavori si pongono sull’efficacia (o meno) della “Bestia”, considera la specificità dell’evento che ha fatto scaturire la comunicazione di Salvini: un processo. Come gli esperti di litigation pr sanno bene, i processi giudiziari prevedono tre gradi di giudizio; sono soggetti a rinvii, con una sentenza definitiva solo dopo molti anni; vivono, in sostanza, di una vita propria, con tempi, regole e procedure spesso del tutto ignote all’opinione pubblica (con l’eccezione dei pochi fanatici della cronaca giudiziaria rimasti dopo la fine di Mani Pulite).

I processi mediatici, invece, in un Paese come il nostro, sono molto rapidi ed incisivi, tra frequenti super-semplificazioni giornalistiche, titoli cubitali, sintesi acchiappalike e sensazionalismo nella presentazione di temi e informazioni. È una delle pecche maggiori del sistema a corto circuito tra sistema giudiziari e sistemi informativi, cui la politica italiana finisce per soccombere. Non c’è esponente politico di primo piano che non abbia visto sfiorire immediatamente il proprio consenso nel momento in cui sia stato toccato dai resoconti giornalistici della cronaca giudiziaria. Basti ricordare le cene eleganti o il giglio magico, per far comprendere come alcune formule giornalistiche siano più istantaneamente letali per il consenso politico di una condanna in terzo grado.

Quindi, la strategia mediatica di Salvini – tradizionalmente disintermediata e praticata con stilemi e paradigmi tutti interni alla logica dei social network – si trova ora a contrastare le dinamiche dell’intermediazione giornalistica, che legge e traduce in segmenti accessibili e interessanti per l’opinione pubblica, procedure e fasi del procedimento giudiziario. Come affrontare il fuoco di fila dei titoli dei tg e delle prime pagine dei giornali, in caso di rinvio a giudizio per la questione Gregoretti?

Una delle regole non scritte (ma scolpite nelle tavole delle leggi degli addetti ai lavori) della comunicazione politica è “when in trouble go big”. In caso di difficoltà è bene giocare il tutto per tutto, in modo tale da non aver nulla da rimproverarsi. È decisamente il caso di questa fase mediatica di Salvini, che punta “all in” sulla propria versione, politica e sui social network, di difesa pubblica rispetto al processo mediatico, a latere del procedimento giudiziario di Catania. Una strategia comunicativa impegnativa e assoluta, che rischia grosso, mettendo in gioco il passato politico di Salvini, ipotecando, in caso di insuccesso, il consenso politico futuro, con l’unica certezza che è peggio un brutto processo mediatico oggi di un brutto esito del processo giudiziario domani.

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