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Mediterraneo, Libia, Europa. Cosa c’è da sapere dell’incontro Italia-Turchia

Il capo della diplomazia turca, il ministro degli Esteri Mevlüt Çavuşoğlu, sarà ospite dell’italiano Luigi Di Maio. Mentre la Farnesina è ancora impegnata con la visita del segretario di Stato, Mike Pompeo, Ankara riferisce che l’agenda dell’incontro ruoterà attorno ai preparativi per il terzo vertice intergovernativo italo-turco, alle relazioni bilaterali, e al processo di adesione della Turchia all’Unione europea, oltre a uno scambio di opinioni su sviluppi regionali e internazionali.

Argomenti caldi sul tavolo chiaramente la Libia e il Mediterraneo orientale. Sul primo fascicolo i due Paesi condividono il sostegno al governo onusiano Gna, che Roma ha contribuito a creare, instaurare – nel marzo del 2016, dopo gli accordi di Skhirat del dicembre precedente – e sostentare, e che Ankara ha salvato dal pesante assalto del capo miliziano della Cirenaica, Khalifa Haftar, respinto a giugno dopo oltre un anno di sanguinoso assedio a Tripoli.

L’altro file è più delicato. L’Italia vuole evitare strappi con la Turchia, ossia intende tutelare la Grecia e Cipro dalle scorribande turche nel Mediterraneo orientale, ma non vuole soluzioni brusche come le sanzioni – chieste invece da Atene e Nicosia. È una linea condivisa con la Germania all’interno dell’Ue, e con gli Stati Uniti all’esterno – ribadita anche ieri nell’incontro tra Di Maio e Pompeo, che ne hanno parlato.

L’incontro trova su questo tema una circostanza temporale stringente: oggi e domani l’Unione europea è chiamata a prendere posizione e decidere se imporre o meno quelle sanzioni ad Ankara. Il faccia a faccia Di Maio-Çavuşoğlu sembra un segnale netto verso il dialogo, di cui lo stesso presidente Recep Tayyp Erdogan ha parlato ieri – “non esistente niente che non possa essere risolto col dialogo”, ha detto – e che è tecnicamente avviato in sede Nato tra le delegazioni di Grecia e Turchia, sotto la supervisione degli altri membri.

Il dialogo con la Turchia, oltre al feedback positivo che esce dagli incontri con il segretari di Stato statunitense, è la dimostrazione nel giro di due giorni che l’Italia è attiva (come deve) nel Mediterraneo, e che certe polemiche interne sono capziose e poco proficue. Oggi, parlando a Radio 24, Nello Musumeci, presidente delle Regione Sicilia, ha per esempio attaccato il ministro Di Maio intimando che “si deve fare di più” con riferimento ai pescatori tenuti prigionieri da Haftar (dossier che la Farnesina sta trattando con estrema delicatezza insieme all’Aise e a vari attori internazionali).

Musumeci dice che lui, fosse stato al posto del grillino, sarebbe andato “subito a parlare con le autorità a Tripoli, mi auguro abbia la forza di farlo”. Una nota: i pescatori italiani sono tenuti in ostaggio a Bengasi, dall’autorità militarista che ha cercato di rovesciare il governo di Tripoli; Tripoli non c’entra. Un’altra nota: l’Italia col sostegno turco è riuscita a liberare Silvia Romano, catturata dall’organizzazione qaedista somala al Shabaab – nell’Est libico Ankara non ha agganci diretti come in Somali, ma ha un’interlocuzione costante con la Russia, che sostiene Haftar.

 


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