Le denunce saudite su droni esplosivi diretti dagli Houthi contro i civili in Arabia. Le interferenze dell’Iran, la pressione militare e la richiesta di pace “immediata” da parte dell’Onu
Per la terza volta in tre giorni i sauditi dichiarano di aver intercettato droni esplosivi lanciati dal territorio yemenita dai ribelli Houthi. Gli Houthi sono un gruppo indipendentista del Nord che da cinque anni controlla ampie fette del Paese ed è stato in grado di rovesciare il governo: contro di loro l’Arabia Saudita ha guidato un intervento militare che da altrettanti anni cerca, senza successo, di ristabilire l’ordine in quello che è uno dei teatri di conflitto proxy tra Riad e Teheran. I ribelli yemeniti hanno infatti collegamenti piuttosto profondi con i Pasdaran, che li assistono sul piano militare.
A settembre del 2019 una serie di droni sofisticati e missili da crociera lanciati dai ribelli yemeniti (probabilmente in coordinamento con i partner iraniani) si abbatté contro gli impianti petroliferi della Saudi Aramco a Khurais e Abqaiq, due dei principali centri produttivi sauditi. Fu un attacco molto importante che bloccò il petrolio saudita per diversi giorni e che dimostrò come il regno era vulnerabile anche nelle sue strutture strategiche più intime – nonostante i tanti dollari investiti in Difesa.
Il portavoce delle Forze della Coalizione militare a guida saudita in Yemen, generale Turki al Maliki, ha dichiarato oggi che le sue unità stanno intercettando quegli attacchi aerei dallo Yemen “in modo sistematico”. Per Riad queste attività dei ribelli yemeniti corrispondono a operazioni di attacco dell’Iran, perché considerano gli Houthi un tutt’uno con i loro più grandi rivali geopolitici regionali.
Il ministro dell’Informazione del governo yemenita riconosciuto dalla Comunità internazionale, Muammar al Eryani, ha detto a tal proposito che il percorso per porre fine alla guerra in Yemen “inizia con la fine delle interferenze iraniane e facendo pressioni sulla milizia Houthi affinché si impegni seriamente nel processo di pace”. Per il ministro, la pressione militare è l’unica via da seguire per arrivare a ciò che auspica. Al Eryani commentava un report in cui la Brookings Institution chiede l’immediata fine del conflitto nel Paese.
“Lo Yemen è in pericolo imminente di affrontare la peggiore carestia che il mondo abbia visto da decenni. In assenza di un’azione immediata potrebbero essere perse milioni di vite”: ha detto il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres (in foto). “Questo – ha continuato – deriva dalla combinazione della drastica riduzione dei finanziamenti per le operazioni di soccorso coordinate dalle Nazioni Unite nel 2020 rispetto al 2018 e 2019, del fallimento nel supportare il sostegno esterno per l’economia del paese, dell’impatto del conflitto in corso e degli impedimenti imposti dai potenti yemeniti e da altre parti al lavoro salvavita delle agenzie umanitarie”.