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Da Mediobanca a Leonardo, chi (non) tifa contro l’Italia. Parla Volpi (Copasir)

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Intervista al presidente del Copasir Raffaele Volpi sul ciclo di audizioni appena chiuso su banche e assicurazioni. Dal comitato un faro contro le scalate ostili, ma gli strumenti non bastano. Dalla Consob al golden power, ecco come rafforzare lo scudo. Leonardo? Non vorrei che qualche politico diventi strumento di speculazioni esterne

La crisi del Covid-19 non colpisce solo il portafoglio degli italiani. Nove mesi di pandemia hanno esposto alle mire esterne l’intero mondo economico e finanziario. Aziende partecipate, infrastrutture strategiche, banche, assicurazioni, asset finanziari sono finite più volte nel mirino di attori ostili. L’allarme risuona chiaro nella relazione con cui il Copasir (il comitato parlamentare di raccordo con l’intelligence) ha appena chiuso il suo ciclo di audizioni. Iniziata a febbraio dopo la pubblicazione del rapporto sul 5G (e mai interrotta anche in pieno lockdown), l’indagine segreta ha visto alternarsi a Palazzo San Macuto tutti i protagonisti della finanza e dell’economia italiana. Dai vertici di Banca d’Italia a quelli di Intesa, Unicredit, Mps, Bpm, Mediobanca, Generali, Ubi, ma anche Deutsche Bank, poi i direttori delle agenzie, Aisi e Aise. “Abbiamo acceso un faro e credo che abbia fatto da deterrenza”, spiega in questa intervista a Formiche.net il presidente del comitato e deputato della Lega Raffaele Volpi. “Ma la coperta è ancora troppo corta. Dobbiamo difendere meglio l’interesse nazionale”.

Volpi, qualcuno ha detto che volevate fare le pulci ai manager stranieri. Cosa risponde?

Che sono illazioni assurde. Non spieghiamo noi al mercato cosa deve fare. Siamo un organo fiduciario del Parlamento, non abbiamo sponsor né interessi, se non quello nazionale. Abbiamo acceso i riflettori su una vulnerabilità del sistema bancario e assicurativo che precede e in parte prescinde dalla pandemia. Credo che portare nel dibattito pubblico questioni un tempo riservate agli addetti ai lavori abbia avuto un effetto di deterrenza contro interessi stranieri. L’assemblea dei soci di Mediobanca, ad esempio, ha segnato l’inizio di un percorso positivo.

Ecco, partiamo da Piazzetta Cuccia. Avete espresso preoccupazioni su possibili mire francesi dietro l’aumento della quota di Leonardo Del Vecchio in Mediobanca e avete ascoltato l’ad Alberto Nagel. Erano giustificate?

Allora temevamo a ragione che ci potessero essere azioni invasive ed eterodirette verso un istituto come Mediobanca che ha un’importante partecipazione in Generali. Abbiamo voluto verificare che la testa delle banche italiane e delle assicurazioni che detengono miliardi di debito sovrano e buoni del Tesoro guardasse in Italia e non fuori.

Perché temevate un interesse francese?

Su questo non posso esprimermi. Mi limito a dire che Del Vecchio è un grande italiano. E che da imprenditore ha fatto delle scelte che seguono logiche aziendali.

Qual è invece il vostro bilancio sull’operazione Intesa-Ubi?

Mi sembra che l’accordo raggiunto con Bper (Banco popolare dell’Emilia-Romagna, ndr) tuteli la concorrenza e dia vita, questo lo auspichiamo, a un grande campione nazionale bancario, che diventi un competitor positivo nel mercato nazionale. Ma non basta aggregare, si deve intervenire sui sistemi in crisi. E non parlo solo di banche italiane.

Si riferisce a Deutsche Bank?

Non scopriamo oggi che alcune banche sistemiche tedesche abbiano in pancia miliardi di derivati. Il caso Deutsche Bank è particolarmente preoccupante anche perché detiene un’enorme quantità di Npl, che non ha paragoni in altre banche italiane.

Alla giornata mondiale del Risparmio dell’Acri, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha parlato del rischio che si accumuli nei bilanci delle banche “un eccesso di crediti deteriorati non adeguatamente svalutati”.

Strano che Gualtieri lanci solo ora l’allarme. Bastava leggere le indicazioni dell’Eba (European bank authority, ndr) sul Calendar provisioning sull’inversione di tendenza alla riduzione dello stock di crediti deteriorati dai bilanci delle banche europee. Un monito risuonato chiaramente in questi mesi fra gli ad dei principali istituti di credito italiani e rilanciato dalla collega Carla Ruocco (presidente della Commissione di inchiesta sul sistema bancario, ndr).

Avete lavorato con il governo per ampliare gli strumenti anti-scalate, anche di soggetti europei. La testa è alla Francia?

Ora che è uscito i Regno Unito i francesi hanno un primato nel mondo finanziario dell’Ue e non è un mistero che abbiano mire sul capitale italiano, ma non sono gli unici. Non c’è da scandalizzarsi, fanno il loro mestiere. Noi dovremmo imparare a fare il nostro.

Ovvero?

Abbiamo potenziato il golden power, ora va reso attuativo per il settore finanziario. Bisogna definire meglio il perimetro di intervento per frenare l’appetito di alcuni fondi stranieri. E ritengo opportuno abbassare al 10% la soglia di acquisto che richiede la notifica al governo, anche per i soggetti europei.

La Consob ha chiesto una lista di aziende strategiche protette dal golden power. Lei è d’accordo?

Sulla proposta di Paolo Savona ho qualche dubbio. Se fai una lista che elenca chi è protetto, dichiari in modo netto che chi resta fuori è aggredibile. Credo sia più adatto un controllo specifico, caso per caso, individuando eventuali distorsioni di mercato. Anche perché oggi è difficile individuare quali sono le aziende strategiche. La pandemia ha rivelato il valore strategico di tante filiere.

La stessa Consob ha prorogato fino a gennaio il regime di trasparenza rafforzata.

Decisione che sottoscrivo, e anzi rilancio: va prolungata oltre, non basta per il solo periodo emergenziale. La soglia dell’1% per l’obbligo di comunicazione di mercato ha portato a galla tante partecipazioni di cui non sapevamo, anche in aziende strategiche del Paese.

Volpi, adesso avete suonato un campanello d’allarme anche su Leonardo per il crollo del titolo in Borsa. Perché?

Per due motivi. Il primo è che dobbiamo difendere le nostre aziende strategiche per evitare che attori ostili possano approfittarsi di un momento di vulnerabilità. Il secondo riguarda un sospetto.

Quale?

Non vorrei che alcuni soggetti politici possano o vogliano incidere sul valore di borsa di aziende chiave. Se da presidente del Copasir a borse aperte pubblicassi un documento che chiede all’ad di un’azienda quotata di dimettersi, ci sarebbero delle ripercussioni. E forse sarei accusabile di aggiotaggio.

Parla del documento dei parlamentari grillini su Alessandro Profumo?

Dico solo che ci sono politici e influencer che, voglio pensare inconsapevolmente, possono diventare strumento di speculazioni esterne contro i nostri campioni nazionali. Nelle ore successive al polverone politico su Profumo, su diversi siti americani che si occupano di Borsa si invitava a fare short selling sui titoli di Leonardo.

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