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Un Recovery Fund a misura di Sud. La ricetta di De Vincenti

Intervista all’economista ed ex ministro per la Coesione Territoriale: non è vero che al Meridione si sono sempre spesi poco e male i fondi Ue. Il Recovery Fund è una grande occasione, ma servono le idee chiare e una forte interazione tra Stato e Regioni. Crediti di imposta e investimenti le priorità

Niente Sud, niente Italia. Chi pensa che il Recovery Fund possa e debba salvare solo mezzo Stivale, rimarrà deluso. Stavolta la partita dei 200 e passa miliardi riservati a Roma va giocata tutti insieme, cercando una volta tanto di trasformare il Meridione nel vero polmone d’Italia. Una missione che per Claudio De Vincenti, economista, docente con un passato da ministro per la Coesione Territoriale (governo Gentiloni) e da sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (con Renzi), è possibile. D’altronde, De Vincenti è in questi giorni nelle librerie con un saggio proprio sul Sud, il cui titolo calza a pennello: Una questione nazionale (Il Mulino) curato dallo stesso economista insieme a Giuseppe Coco.

De Vincenti, il Recovery Fund è in arrivo e vale la pena fare dei ragionamenti. Per esempio, riuscirà l’Italia a mettere finalmente in atto politiche di buona spesa per il Meridione, dando così al Sud una vera chances di ripresa? 

Facciamo una premessa. In passato abbiamo avuto delle difficoltà a spendere i Fondi europei, in generale nel Paese ma in particolare al Sud. Eppure ci sono stati dei momenti in cui abbiamo accelerato le spese, penso al biennio 2014-15. In quei due anni riuscimmo a colmare i ritardi accumulati. Come? Costituendo delle task force tra governo centrale e regioni e in dialogo continuo con la Commissione europea. Quella esperienza ha a sua volta dato vita ai cosiddetti Patti per il Sud, che hanno fornito un’interazione tra Stato e regioni. Poi però i Patti per il Sud sono stati abbandonati e la spesa ha nuovamente rallentato.

Queste esperienze del passato sembrano dirci qualcosa…che cosa?

Che, e rispondo alla domanda precedente, non è un destino non saper spendere i fondi stutturali per il Sud. La domanda ora è, cosa serve ora per spendere al meglio il Recovery Fund? Come si fa? Certamente serve un centro di direzione nel governo, una direzione forte, anche grazie alle task force. Che, sia chiaro, non vogliono sostituirsi ai ministeri e alla regioni. Penso all’esperienza fatta in questi mesi dal ministro per gli Affari Europei, Enzo Amendola, con il comitato inter-ministeriale. Ora però per il Recovery serve una struttura tecnica che funga da stimolo alla spesa e gli investimenti. Questo è solo un primo passo, però.

Il secondo quale è?

Lo sveltimento delle procedure. In questo Paese siamo malati di procedure lente, abbiamo bisogno di procedure dedicate al Recovery Fund, per aggirare tutti gli ostacoli che tutti i normali progetti di investimento incontrano quotidianamente. Naturalmente il Sud deve essere protagonista di questo sveltimento. Anche perché il Recovery Fund può essere l’occasione, non lo dimentichiamo, per rilanciare le zone economiche speciali (Zes), ferme da due anni. In più c’è un altro tema, la fiscalità di vantaggio.

Della fiscalità di vantaggio, soprattutto per il Sud, si è parlato molto negli ultimi tempi… Lei De Vincenti che ne pensa?

Non sono molto d’accordo con l’impostazione del governo, perché la fiscalità di vantaggio deve aiutare gli investimenti, prima di tutto. Nel 2017 abbiamo introdotto il credito di imposta per gli investimenti al Sud, quella è una vera forma di fiscalità di vantaggio che ha dato vita a 8 miliardi di investimenti con due miliardi di sgravi. Ogni euro di fiscalità di vantaggio deve tradursi in un investimento per le imprese. Per questo tale strumento va potenziato, ma con questa impostazione perché il Sud ha bisogno di investimenti e non di sussidi. E la decontribuzione al 30% immaginata dal governo, non garantisce questi investimenti.

In questi giorni abbiamo assistito a duri scontri tra governo centrale e regioni, nella gestione della pandemia, evidenziando forse lacune nella riforma del Titolo V. Uno schema che rischia ripetersi quando ci saranno da veicolare le ingenti risorse europee?

Sì, rischia ripetersi, purtroppo. Serve un centro che prenda una direzione, come dicevo, che abbia una forte interazione con le regioni. Abbiamo bisogno di una cooperazione virtuosa e che il governo si prenda le sue responsabilità nel dirigere il Recovery Fund e poi ogni regione si prenda le sue. Dovremmo immaginare istituzioni che si controllano a vicenda ma non per frenarsi ma per andare in una direzione.

De Vincenti, parliamo delle imprese. Il dilemma delle imprese: è vero che arriveranno i ristori, ma non ha a volte l’impressione che a monte di tutte queste misure manchi una strategia duratura di ripresa post-covid?

Dobbiamo anche qui fare una premessa. Il governo si è trovato nel mezzo di un’emergenza che comunque ha dovuto gestire con misure che rispecchiano l’urgenza del momento. Il governo ha fatto bene a fare i ristori, anche se la sensazione che si stiano inseguendo gli eventi c’è. Ora, come ci possiamo attrezzare a gestire un’emergenza che ancora durerà?

Durerà, ma c’è il vaccino in arrivo. Non è una buona notizia?

Sì lo è, ma ci sarà bisogno di tempo per realizzare la vaccinazione di massa che è necessaria. Dobbiamo quindi attrezzarci per gestire una situazione di difficoltà che durerà alcuni mesi. Per questo nella manovra dovremmo immaginare un fondo nel bilancio dello stato, una specie di salvadanaio ma consistente, dal quale attingere risorse ogni qualvolta si ripresenti una recrudescenza della pandemia e si debbano operare di nuovo delle chiusure. Questo vuol dire giocare d’anticipo e non inseguire affannosamente l’emergenza.

E la prospettiva che sembra mancare?

Mi auguro che il governo stia lavorando alla preparazione del Recovery, ad aprile deve essere tutto pronto, i programmi, i progetti di investimento, i sostegni alle imprese e tutto il resto. Questo è il nostro orizzonte.

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