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La Difesa come la Sanità. Il rischio emergenza secondo Vecciarelli

Tra terrorismo, pandemia e tre polveriere in esplosione appena fuori i confini nazionali (Balcani, Medio Oriente e Nord Africa) alle Forze armate servono investimenti certi e stabili nel tempo. L’audizione alla Camera del generale Enzo Vecciarelli, capo di Stato maggiore della Difesa

La Difesa italiana si presenta come la Sanità prima del Covid-19: tutto sembra reggere e funzionare; ma se si presentasse un’emergenza, si manifesterebbero lacune importanti, soprattutto per i mezzi a disposizione, inadeguati per fronteggiare un’eventuale crisi militare (scenario tutt’altro che remoto, considerando le “tre polveriere” ai nostri confini). È l’avvertimento del generale Enzo Vecciarelli, capo di Stato maggiore della Difesa, intervenuto oggi di fronte ai deputati della Commissione Difesa di Montecitorio, presieduta da Gianluca Rizzo (M5S).

LE AUDIZIONI

L’audizione ha chiuso il ciclo di incontri con i vari capi delle Forze armate, chiamati a fare un punto sulle rispettive attività, anche con riferimento alle esigenze operative indotte dall’emergenza epidemiologica. Ne è emerso un quadro quantomeno preoccupante sull’esigenza di procedere in fretta con la modernizzazione dello strumento militare. Dal Documento programmatico pluriennale presentato da poco dal ministro Lorenzo Guerini sono emersi segnali incoraggianti sull’aumento degli investimenti. Ma ora serve di più, a fronte di un mondo sempre più complesso e denso di minacce.

MINACCIA TERRORISTICA…

Gli occhi vanno inevitabilmente alle immagini dell’attacco di ieri a Vienna, ultimo esempio di una riemersione del terrorismo in Europa che pare ormai assodata. “Il terrorismo transnazionale resta una minaccia cogente – ha spiegato Vecciarelli – che si sviluppa e diffonde con dinamiche che spesso sfuggono alle comuni logiche, mettendo a rischio la sicurezza non solo nelle aree contese ma anche sul nostro territorio”. Di fronte a tali dinamiche, ha rimarcato il generale, “il Paese e le forze armate hanno il dovere di farsi trovare pronte, rilevanti e con concrete capacità di deterrenza”.

…E PANDEMIA

Tanto più in un momento già difficile come quello della pandemia. Sin dalle primissime fasi dell’emergenza, le Forze armate hanno dato il loro contributo alle strutture del sistema sanitario nazionale. “Più di settemila uomini e donne sono stati impiegati accanto alle forze di polizia e dei carabinieri nelle strade per la sicurezza e molti altri hanno provveduto all’allestimento in tempo record degli ospedali da campo”. Settanta le strutture per la quarantena, molteplici i contributi tra trasporto in bio-contenimento e la recente Operazione Igea, ha ricordato Vecciarelli, incontrando i ringraziamenti di tutte le forze politiche per il contributo della Difesa.

Un ruolo che si lega anche all’esigenza di rilancio attraverso le risorse del Recovery Fund che arriveranno da Bruxelles. La Difesa sarà presente nei vari progetti da presentare all’Ue, ma non per i programmi tradizionali (e puri), quanto per le tecnologie del futuro nella rivoluzione digitale (come scriveva su queste colonne). Per questo, ha notato Vecciarelli, il Recovery Fund apre “una finestra di opportunità”, magari anche liberando una parte di bilancio per far partire programmi che da anni attendono copertura finanziaria. C’è però di più: “Ogni euro investito nel comparto genera 2,9 euro di valore aggiunto nell’economia e la Difesa, nella gestione del proprio budget, ha sempre avviato vantaggiose sinergie col mondo industriale”, ha ricordato Vecciarelli.

LA DIFESA COME LA SANITÀ

Da tempo lo strumento militare chiede certezza programmatica e finanziaria. “Lo stato di salute delle Forze armate oggi è simile a quello della sanità nazionale all’inizio della pandemia”, ha detto Vecciarelli. “In assenza di problemi acuti – ha rimarcato – tutto sembra procedere per il meglio”. Eppure, “appena solo una delle crisi regionali che ci circondano aumenta d’intensità, i limiti del sistema si palesano nella loro piena evidenza e criticità”. E il capo di Stato maggiore della Difesa è stato chiaro: “si tratta di problematiche organizzative, di disponibilità di personale, ma soprattutto di inadeguatezza di mezzi e sistemi a disposizione”.

I SISTEMI CHE MANCANO

Per quanto riguarda il personale, Vecciarelli ha ribadito l’esigenza di rivedere la legge 244 del 2012, che prevederebbe una riduzione dei numeri complessivi considerata non sostenibile con le sfide attuali. Si è parlato “almeno” di dilazione di dieci anni, di 10mila unità per Forze armate per cui, ha sottolineato il generale, servirà “un miliardo in più l’anno”, da trovare senza sbilanciare ulteriormente il rapporto tra le voci personale-esercizio-investimento.

Più forte l’allarme sugli assetti. “La coesistenza forzata tra sistemi di nuova generazione e altri meno attuali nelle Forze armate italiane, si sta rivelando particolarmente inefficace”, ha detto il generale. “I sistemi più datati sono difficilmente sostenibili dal punto di vista finanziario a causa delle ingenti spese di aggiornamento e mantenimento in vita, e non sono più adatti al contesto odierno, in quanto non più adeguati ad assolvere gravosi compiti operativi a meno della assunzione di rischi non accettabili per la sicurezza del personale che li impiega”.

CERCASI INVESTIMENTI

Nel frattempo, i sistemi nuovi arrivano con lentezza. “Il piano di ammodernamento avviato procede con un passo molto più lento rispetto alla rapidità con cui evolve la tecnologia e le minacce associate, inoltre l’entrata in servizio dei nuovi sistemi è troppo diluita nel tempo, e la carenza dei servizi di supporto logistico e di armamento non permette neppure alle piattaforme più avveniristiche di essere efficaci”, ha notato Vecciarelli. Urge dunque un’accelerazione, a partire dagli stanziamenti per gli Investimenti, aumentati del 50% con il recente Dpp e saliti dunque a 2,8 miliardi di euro. Ora, occorre “reiterare le stesse misure adottate quest’anno almeno per tre successive leggi di Bilancio, possibilmente già nelle annualità 2022, 2023 e 2024, conseguendo così il traguardo della media dell’1,58% del Pil dei Paesi europei almeno nel 2030, in luogo del 2% auspicato dalla Nato nel 2024”.

LIVELLI DIFFICILI

D’altra parte, la cifra del “libro dei sogni” è oggi pari a “140 miliardi di euro in poco più di 15 anni in aggiunta a quanto previsto dalla legislazione vigente”. È la quota che esce sommando le richieste presentate delle singole Forze armate, racchiuse nel Modello operativo integrato di riferimento (Moir). Una panoplia che difficilmente potrà essere soddisfatta, ha ammesso Vecciarelli, ma che permette comunque di pianificare: “Tale modello non può che rappresentare una traccia ideale da tenere quale riferimento teorico, essendo di fatto irraggiungibile, considerato l’attuale quadro economico”. Poste le priorità di ogni Forza armate, si procederà con le risorse messe a disposizione dal Parlamento.

CARENZE MISSILISTICHE

Attenzione particolare agli aspetti di difesa aerea e missilistica. Due gli scenari ipotetici di riferimento: Nagorno Karabakh e Libia. Nel primo caso, “i due opponenti, seppur di modeste dimensioni, dispongono di sistemi d’arma complessi e altamente letali quali ad esempio i missili balistici a corto raggio, contro i quali oggi noi non saremmo capaci di difenderci adeguatamente, non disponendo di dispositivi contro-missili Cruise”. Nel secondo caso, in Libia, “i dispositivi militari messi in campo sono ben più avanzati di quanto possa suggerire il confronto in atto”. È il caso di droni armati e di sistemi di anti-aerea sofisticati, tecnologie “tra quelle più critiche per la nostra difesa”. Di conseguenza, ha spiegato Vecciarelli, “un nostro eventuale coinvolgimento attivo in queste aree di operazione ci avrebbe portato serie difficoltà operative a causa dell’impossibilità ad applicare graduali risposte, possibilmente descalatorie del conflitto, per assenza nel nostro arsenale di sistemi di uguale, pur limitata, portata”.

I NUOVI COMANDI

Ci sono poi i nuovi contesti operativi, spaziale e cibernetico. La Difesa si è dotata per questo di due nuove strutture, il Comando operazioni in rete (Cor) e il Comando operazioni spaziali (Cos). Il primo “concorrerà nell’ambito della sicurezza cibernetica nazionale alla prevenzione e al contrasto degli attacchi ai sistemi di comunicazione e informazione di rilevanza strategica”. Il secondo “assicurerà la protezione degli assetti spaziali della Difesa, concorrendo alla protezione di quelli spaziali e alleati”. Serviranno a recuperare il gap accumulato nel tempo: “Vogliamo colmare le carenze capacitive nei nuovi domini spaziale e cibernetico, dove il passo evolutivo nazionale non è stato pari a quello dei nostri potenziali competitor”, ha detto il generale. Eppure, il Cos è stato aperto con “zero finanziamento”, ha concluso Vecciarelli, a fronte dei 4 miliardi francesi e dei 20 miliardi statunitensi per simili strutture. “Il matrimonio con i fichi secchi – ha concluso Vecciarelli – non si può fare”.

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