Perché l’Egitto critica la Turchia per le relazioni con l’Etiopia. Immagini del potenziale di ampliamento regionale della crisi nel Tigray
Sul Corriere della Sera, Guido Olimpio riporta “commenti degli analisti egiziani” a proposito della situazione etiope. La principale preoccupazione riguarda l’allargamento della crisi – prodotta dallo scontro militare tra forze governative e unità armate indipendentiste del Tigray, la regione al confine con Eritrea e Sudan – alla questione aperta della Gerd. Si tratta della grande diga sul Nilo che l’Etiopia sta ultimamente per ottenere forniture energetiche e che secondo l’Egitto è una problematica geo-strategica in quanto bloccherebbe l’afflusso d’acqua sul proprio territorio.
È una fotografia di come la crisi che avvolge Addis Abeba e i tigrini sia ampia. Un altro aspetto affrontato dagli egiziani riguarda la Turchia, un nemico geopolitico per l’Egitto, due Paesi divisi dalla faglia intra-sunnita sull’interpretazione dell’Islam, arrivati allo scontro proxy già in Libia. Il Cairo, scrive Olimpio, “osserva con apprensione i buoni rapporti di Ankara con l’Etiopia” e ritiene che sia parte della strategia di Recep Tayyp Erdogan molto attivo in tutto il Corno d’Africa. La diatriba è aperta da mesi ed è già passata per l’Etiopia e per la Gerd.
Un’altra immagine: il 16 luglio, in mezzo al confronto dialettico etiope-egiziano sulla diga, con i negoziati che stallavano, il ministro degli Esteri turco era in visita ad Addis Abeba dichiarando sostegno negli interessi del governo Abiy sulla questione. Un’altra immagine ancora, sempre con gli stessi protagonisti: il capo della diplomazia turca, Mevlüt Çavuşoğlu, il 16 novembre ha chiamato il suo omologo etiope offrendogli sostegno nello scontro contro il Tigray – non è definito il termine di quel sostegno, tuttavia la notizia è andata forte tra i media egiziani che l’hanno usata per parlare del coinvolgimento turco.
Ancora una fotografia della dimensione regionale di quanto sta succedendo attorno all’Etiopia riguarda le esercitazione militari che l’Egitto ha organizzato con il Sudan. Caccia egiziani sono arrivati nei giorni scorsi alla base settentrionale di Merawi. Come fa notare il professore Michael Tanchum, senior fellow del think tank austriaco Aies, “questi wargame che avvengono mentre è in corso la crisi nel Tigray, rappresentano un significativo show di cooperazione militare con implicazioni più ampie”. Si intende chiaramente la questione della diga Gerd, su cui il Sudan – che è già vittima di flussi migratori dalla provincia settentrionale etiope – è sostanzialmente allineato con l’Egitto.
Davanti ai rumor su un possibile accordo di cooperazione militare – che sarebbe uscito dalla conversazione in cui il ministro degli Esteri etiope ha ragguagliato il collega turco sulla situazione nel Tigray – l’Egitto s’è mosso per consolidare il rapporto col Sudan, che vive la crisi da vicino, e mettere al sicuro la propria profondità strategica meridionale. La sovrapposizione del confronto turco-egiziano sulla crisi etiope è un’altra delle dimensioni di rischio che l’espansione regionale può rappresentare. Ieri i media statali turchi hanno rimbalzato la notizia dell’arrivo all’ambasciata di Addis Abeba di 20 connazionali che erano stati evacuati dalla regione in conflitto: il messaggio molto propagandistico raccontava della grande collaborazione tra il governo etiope e Ankara.