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Cosa insegna lo scazzo Macron-Financial Times sull’Islam

francia

Il presidente francese scrive una lettera al Financial Times per contestare un durissimo editoriale (cancellato dal sito). La Francia non fa la guerra all’Islam, ma al radicalismo islamico e alla jihad terrorista. Eppure sui media la “questione islamica” resta un tabù. Il commento di Francesco De Remigis

Da beniamino a pericoloso sparigliatore. Dell’ordine costituito, del politicamente corretto e di certi equilibri in materia di libertà di espressione.

La parabola di Emmanuel Macron, incidentata da mille vicissitudini, in patria ha retto agli urti dei gilet gialli e della pandemia. Sondaggi alla mano, il gradimento oscilla tra il 37 e il 38% dopo tre anni e mezzo di Eliseo; meglio di François Hollande e Nicolas Sarkozy.

Ma, ora che si è intestato la battaglia – unico e solo – contro il “nemico” a cui la Francia – unica e sola – ha “dato un nome”, il presidente francese non è più così affine a un’Europa che ammicca da tempo all’islam politico credendo di evitare tensioni sociali e risparmiarsi attentati.

In una lunga “lettera al direttore”, pubblicata anche sul sito dell’Eliseo, il presidente francese s’indigna per un articolo del Financial Times (poi rimosso) in cui Macron si è visto “accusato di stigmatizzare i musulmani francesi a fini elettorali; peggio, mantenere un clima di paura e sospetto nei loro confronti”, si legge nella replica dell’Eliseo. “Non permetterò a nessuno di dire che la Francia, il suo Stato, coltiva il razzismo” verso gli islamici, insiste Macron.

Come sul canale qatariota al Jazeera la scorsa settimana, il presidente francese vuol dimostrare oltre i confini alpini che la sua lotta contro il “separatismo islamista” non è una lotta contro l’islam, nonostante i musulmani di diversi Paesi abbiano reagito con rabbia alle sue osservazioni, invitando a boicottare il Made in France.

Dopo aver ricordato la serie di attacchi che hanno colpito la Francia – dal massacro di Charlie Hebdo nel 2015 alle decapitazioni di Nizza – Macron spiega dunque al FT che l’Esagono è sotto attacco per i suoi valori, la laicità, la libertà di espressione e altro. E che la République, con lui al timone, “non arretrerà”.

Macron elenca poi dettagliatamente i casi di “separatismo” islamista, che il governo francese considera “terreno fertile per vocazioni terroristiche”. Evoca “centinaia di individui radicalizzati che si teme, in qualsiasi momento, possano prendere un coltello e andare a uccidere i francesi”. “In certi quartieri, oltre che su Internet, gruppi legati all’islam radicale insegnano ai bambini francesi a odiare la Repubblica, chiedendo di non rispettare le leggi”. “Non mi credete? Rileggete i messaggi, i richiami all’odio diffusi in nome di un islam fuorviato sui social che hanno portato alla morte pochi giorni fa il professor Samuel Paty. Andate a visitare i quartieri dove le bambine di tre o quattro anni indossano il velo integrale e sono cresciute in un progetto di odio per i valori della Francia. Questo è ciò che la Francia intende combattere oggi, mai contro l’islam”. “Contro l’oscurantismo, il fanatismo, l’estremismo violento. Mai contro una religione. È nostro diritto di nazione sovrana, non abbiamo bisogno di articoli di giornale che cerchino di dividerci”.

L’articolo di opinione a cui questa lettera fa riferimento – dice la nota editoriale del FT a corredo della replica dell’Eliseo – è stato pubblicato “brevemente” on line il 2 novembre e quindi rimosso dopo aver individuato “inesattezze” fattuali.

Ma la leggerezza con cui è “sfuggito” agli editor dimostra quanta strada abbiano ancora davanti gli stessi media, pure i più blasonati, per affrontare con lucidità la “questione islamica”. Smettendola, cioè, di rincorrere l’attualità in una logica “riduzionista”. E cominciando invece a scrutare da vicino le atmosfere: quelle che in Francia come a Vienna hanno portato ancora una volta dei musulmani a uccidere.

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