La pandemia sembra venga strumentalizzata come grimaldello per fare quanto il Parlamento non ha fatto: decidere sul fine vita. Le scelte terapeutiche in tempi di Covid, redatte nel documento congiunto Fnomceo-Siaarti, lette da Giuseppe Pennisi
Nel Sahel, prima che arrivassero i colonizzatori francesi con il codice napoleonico nelle loro valige, durante la transumanza, i vari gruppi nomadi lasciavano donne e bambini in un’oasi, di solito vicino al Niger o a uno dei suoi affluenti, ed andavano alla ricerca di pascoli. Erano quasi sempre animisti, a volte spolverati da un po’ di monoteismo appreso da qualche missionario mussulmano giunto dal Nord Africa per andare a Timbuctù (grande centro di cultura di cui ancora restano magnifici resti). La transumanza era dura e non tutti ce la facevano: di solito su indicazione del capo carovana, si decideva chi lasciare indietro alla fine di un pasto serale (a cui partecipava anche il malcapitato, il quale sapeva che questa era la legge del deserto). La scelta veniva fatta collegialmente sulla base delle indicazioni del capo carovana. Era consensuale, anche di chi veniva lasciato con un po’ d’acqua e di cibo a raggiungere l’altolà.
In Italia, non ci sono animisti con un po’ di tintura mussulmani. I credenti (delle tre grandi religioni monoteiste) e i non-credenti hanno metabolizzato una etica ben differente. Soprattutto i medici che prima di entrare nella professione hanno solennemente pronunciato il giuramento di Ippocrate.
Indubbiamente, il fine vita comporta avere problemi legali. La stessa Corte Costituzionale, con la sentenza n. 242 depositata il 22 novembre 2019, ha posto l’accento sulla necessità da parte del Parlamento di legiferare in materia per non lasciare che sia sempre la magistratura a fare questa funzione in assenza di leggi chiare. Il Parlamento non ha legiferato per la complessità della materia.
Ora, la pandemia pare venga strumentalizzata come grimaldello per fare quanto il Parlamento non ha fatto: decidere sul fine vita di questo o quello. Sarebbe una decisione quasi monocratica, non collegiale di un gruppo di nomadi o semi-nomadi nel deserto.
Questo è quanto deduco – ma spero di essere smentito – dal documento congiunto Fnomceo-Siaarti sulle scelte terapeutiche in tempi di Covid. Ha avuto diffusione sulla stampa nazionale pochi giorni fa, ma pare che una prima bozza sia stata diffusa in marzo.
La complicata sigla indica una commissione della Siaarti (Società Italiana Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia intensiva), in cui questa Società (che non rappresenta tutti gli anestesisti, e tanto meno tutti i medici intensivisti – quando ero consigliere del Cnel veniva considerata un piccolo sindacato) formulava una serie di raccomandazioni per supportare i clinici coinvolti nella cura dei pazienti con Covid: a) allocazione delle risorse attraverso criteri di triage basati sul principio di giustizia distributiva, per negare le cure estreme ai pazienti più gravi, identificati dal triage; b) l’accesso alle cure deve fondarsi su un giudizio clinico che tenga conto anche del bilancio tra costi/benefici di ogni pratica clinica, commisurata agli esiti prevedibili di salute; c) nelle situazioni emergenziali, il medico finalizza l’uso ottimale delle risorse evitando ogni discriminazione. In caso di persistente squilibrio tra necessità e risorse viene data la precedenza per l’accesso ai trattamenti intensivi a chi potrà da essi ottenere un concreto, accettabile e duraturo beneficio e che a tal fine si applicano criteri rigorosi espliciti, ed integrati caso per caso quali: gravità clinica, comorbilità, stato funzionale pregresso, potenziali effetti collaterali, espressioni precedenti di volontà personale, età biologica.
Da semplice economista spero di aver capito male e che la sinora ignota Siaarti faccia una precisazione. In caso di silenzio, parli il governo della Repubblica tramite il presidente del Consiglio prof. avv. Giuseppe Conte in un intervento televisivo per smentire la Siaarti, assurta all’onore delle cronache. Queste raccomandazioni lo offendono e come cattolico e come giurista. Come offendono il 99% degli italiani. Credenti e non credenti.