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Perché il capo del Pentagono è andato in Somalia?

Il ritiro dalla Somalia è una questione politica che segna le differenze di approccio tra Trump e altre parti del Partito repubblicano, ossia l’intimo del futuro del mondo conservatore Usa

Venerdì il capo del Pentagono, il facente funzione Christopher Miller, è stato in Somalia per una visita lampo durata poco più di tre ore e non comunicata se non il giorno successivo (quando era a distanza di sicurezza da possibili attentati). La tappa somala rientrava in tour tra le truppe in Medio Oriente e Africa in occasione del Thanksgiving. È stata la prima volta che un segretario alla Difesa si è recato nel Paese del Corno d’Africa, e forse anche l’ultima.

È molto probabile infatti che già la prossima settimana Miller annuncerà il piano per il ritiro del contingente composto da circa 700 uomini che si trovano in Somalia per combattere al Shabab, un’organizzazione terroristica qaedista molto forte che recentemente ha ucciso un operativo della Cia (per questo la presenza di Miller nel paese è stata tenuta segreta). In questi giorni la “Uss Nimitz” è stata fatta muovere verso il Golfo Persico per proteggere le operazioni di rientro che coinvolgeranno anche parte dei militari in Iraq e Afghanistan.

Il ritiro dal teatro somalo non è troppo accettato dai militari: tra questi c’è il capo del Comando Africa, Stephen Towsend, che mesi fa aveva preso una posizione chiara con il predecessore di Miller (che si è giocato il posto perché ascoltava troppo i consigli tecnici dei generali e troppo poco le volontà politiche del presidente). Gli ufficiali, che sono molto ascoltati dai due lati di Capitol Hill e da sempre mal sopportato dall’attuale presidenza, consigliano prudenza. Ammesso si voglia fare riduzioni del personale operativo, raccomandano più accortezze, anche nel comunicarlo, per non fornire vantaggi ai nemici. All’opposto il presidente uscente Donald Trump vuole pubblicizzarlo perché lo considera una sua direttrice politica, da rendere come una sorta di eredità al paese prima di lasciare la Casa Bianca, e come cruccio complesso al successore Joe Biden — che si ritroverebbe ad accettare i rischi di (in)sicurezza del ritiro oppure ordinare un nuovo aumento delle forze che potrebbe essere impopolare negli Stati Uniti.

“La partnership e una serie di assistenze statunitensi rimangono di fondamentale importanza per la stabilità, la sicurezza e la prosperità di questa regione”, ha detto il generale Townsend in una nota stampa venerdì, prima di lasciare il suo quartier generale in Germania per incontrare Miller in Somalia e Gibuti. “Dobbiamo continuare a lavorare insieme e fornire soluzioni a tutta la governance, internazionale e africana, per affrontare le questioni regionali”  ha aggiunto nella dichiarazione in cui non ha parlato del ritiro. Kenya e Gibuti, due Paesi confinanti con la Somalia, non saranno interessati dalla ritirata trumpiana: Pentagono e Cia potranno continuare da lì la lotta ai terroristi somali, sebbene si considera che una presenza sul campo sarebbe molto importante.

In Somalia gli americani svolgono in rari casi operazioni mirate contro i jihadisti, mente il lavoro ordinario riguarda l’assistenza e l’addestrano delle truppe locali che non sono preparate a sufficienza per contenere la forza dei miliziani. E sono in arrivo mesi delicati: a dicembre si voterà per il parlamento, a febbraio per il presidente, fornendo al gruppo dozzine di soft target per attacchi terroristici. Da considerare che la lotta agli Shabab è limitata anche dal fatto che l’Etiopia, che da di là del confine faceva il suo lavoro, è concentrata sulla crisi militare del Tigray.

La questione del ritiro dalla Somalia ha valore politico. “La nostra strategia ha funzionato e la nostra continua presenza ha impedito ad Al Shabab di espandere la sua posizione nella regione”, ha scritto il mese scorso in una dichiarazione il senatore James Inhofe, repubblicano dell’Oklahoma e presidente del Comitato per i servizi armati, esprimendo la speranza che Trump “non intraprenda alcuna azione che possa farci perdere il terreno che abbiamo guadagnato grazie a quella strategia”. Queste differenze di vedute tra Trump e il Partito repubblicano sono il tema del futuro nel mondo conservatore statunitense.

Lasciare la Somalia è uno degli incarichi per cui Trump ha voluto Miller. Ex Berretto Verde in Afghanistan, da tempo (con vari incarichi) tra i consiglieri del presidente, ad agosto — dopo essere stato nominato alla guida del National Counter-terrorism Center — Miller ha avuto il colpo di genio. Sebbene non avesse ruoli operativi nel suo incarico, ricorda il New York Times,  ha ottenuto un via libera dal Consiglio di Sicurezza nazionale per andare in Qatar a chiedere agli emiri di pagare una dozzina di leader di al Shabab — i più interessati a compiere azioni contro l’Occidente — affinché deponessero le armi. Quando il segretario di Stato Mike Pompeo ha saputo del viaggio ha rapidamente rimediato e chiuso la porta a Miller.

(Foto: Twitter, DeptofDefense)

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