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Ecco perché gli Usa muovono la Nimitz nel Golfo

La Nimitz nel Golfo, richiamata dall’Oceano Indiano, dove ha concluso l’esercitazione Malabar. Gli Usa vogliono coprire il ritiro da Iraq e Afghanistan anche dalle rappresaglie iraniane

La portaerei americana Uss Nimitz col suo gruppo da battaglia è stata inviata nel Golfo Persico. Richiamata dall’Oceano Indiano, dove ha concluso l’esercitazione Malabar, il wargame del Quad, secondo le informazioni ufficiose diffuse per prima da Barbara Starr, l’esperta corrispondente dal Pentagono della Cnn, avrà un compito specifico: fornire copertura e deterrenza durante il ritiro delle truppe statunitensi da Afghanistan e Iraq. Starr aggiunge che secondo quanto dettole il ritiro potrebbe arrivare entro il 15 gennaio (cinque giorni prima dell’Inauguration di Joe Biden), secondo una volontà che il presidente uscente Donald Trump vuole lasciare come eredità al Paese (il ritiro da quelle che chiama “guerre senza fine”).

La decisione di spostare la Nimitz e le navi da guerra che compongono il suo Strike Group nel Golfo è precedente e indipendente da quanto successo ieri in Iran, dove l’ingegnere nucleare alla guida del programma militare segreto è stato assassinato in strada. Il governo iraniano ha accusato Israele di essere l’autore di questa che sembra un’operazione mirata per eliminare un funzionario chiave nelle ambizioni atomiche degli ayatollah (e mandarle indietro di qualche anno). I Pasdaran hanno promesso vendetta, ed è evidente che sotto quest’ottica la Nimitz può avere anche un ruolo: alzare il livello di deterrenza davanti all’Iran. Il movimento del gruppo da battaglia aumenta la potenza di fuoco americana nel Golfo in un momento in cui il rischio è la sovrapposizione della volontà di vendetta iraniana col ritiro americano.

Soprattuto l’Iraq è un teatro delicatissimo: sebbene Teheran non abbia ufficialmente accusato gli Usa per quanto accaduto allo scienziato, per gli iraniani c’è una continuità israelo-americana dietro certe operazioni. Il territorio iracheno è quello in cui è stato eliminato dagli Usa (e grazie a cooperazione di intelligence con Israele) Qassem Soulimani, il leggendario generale delle Quds Force dei Pasdaran, e dove la Repubblica islamica ha sfogato già in quel caso la rappresaglia contro gli americani presenti all’interno di alcune basi irachene bombardate dai cruise iraniani. Le milizie sciite irachene, profondamente collegate ai Pasdaran, hanno molte volte compiuto attività di disturbo contro gli americani in Iraq.

Sui media Usa passa una posizione attendista dei funzionari statunitensi, che vogliono evitare di esporsi per non rischiare di alimentare le tensioni già esistenti. Differentemente (come spesso accaduto) il presidente Trump ha ritwittato informazioni sull’assassinio dell’ingegnere. Il rischio che le conseguenze di certe azioni ricadano sull’amministrazione ventura è evidente, anche per questo il team di transizione di Biden non si è ancora esposto su quello che a tutti gli effetti potrebbe essere un fatto di grande portata, mentre nella regione si sta strutturando un asse geopolitico basato sulla normalizzazione dei rapporti tra Israele e alcuni paesi arabi; un sistema catalizzato dagli Usa anche secondo una linea comune anti-iraniana. Ben Rhodes, ex vice consigliere per la Sicurezza nazionale della presidenza Obama e consigliere ascoltando dagli insider di Biden, ha scritto su Twitter che l’eliminazione dell’ingegnere è stato “un’azione oltraggiosa volta a minare la diplomazia tra un’amministrazione statunitense in arrivo e l’Iran. È tempo che questa incessante escalation finisca”.

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