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Cosa dimostra il tour di Pompeo nel Mediterraneo. La versione di Politi

“Dopo Parigi e Istanbul Pompeo ha visitato anche una colonia illegale in Cisgiordania: dimostra che per ora non è orientato ad una transizione verso la nuova presidenza. Macron? Non è stato molto rassembleur nell’unire alcuni Paesi su alcuni progetti. Il Consiglio di sicurezza inutile? Senza, torneremmo alla legge della giungla”. Conversazione con Alessandro Politi, direttore della Nato Defense College Foundation

Mike Pompeo non è venuto nel Mediterraneo per un tour di saluti finali. Lo pensa il prof. Alessandro Politidirettore della Nato Defense College Foundation che con Formiche.net legge in filigrana gli incontri del Segretario di Stato americano a Parigi e Istanbul, anche alla luce dei dossier più significativi presenti sui tavoli dei governi europei e mediorientali.

Pompeo in Francia ha incontrato il presidente Emmanuel Macron, particolarmente esposto sul fronte dell’Islam politico, e in Turchia ha incontrato altri leader religiosi in un momento di fortissima tensione dettata dalle provocazioni di Erdogan nell’Egeo e a Cipro.

Partiamo da Parigi: la postura destabilizzante dell’Iran e l’influenza maligna di Hezbollah in Libano come potranno essere contrastate, anche alla luce della visione francese dell’Ue di domani contenuta nella recente intervista di Macron?

Macron sta cercando, direi con ogni mezzo, di guadagnare un’iniziativa politica che non sta sfuggendo solo a lui, ma è tale dai tempi di Sarkozy e Hollande. La Francia è in una situazione dove ha ampiamente capito che il suo ruolo di potenza c’è ma non è né visibile né, come direbbero i francesi, lisible. Ecco perché, sin dall’inizio della sua presidenza, Macron prova a definire uno spazio politico in cui la Francia possa dire la sua e mandare avanti i suoi progetti.

In che modo?

Le cose che dice Macron non sono terribilmente nuove, ma appartengono quasi alla tradizione gollista e sicuramente a quella chiracchiana. Il senso di quella lunga intervista è l’Europa che lui vorrebbe, però quelle parole sono sì piene della volontà di tracciare un orizzonte, cosa che è indispensabile in politica, ma devono poi misurarsi con chi quell’orizzonte lo sostiene. La Germania fino ad un certo punto condivide questa idea francese di Europa. Troppi governanti francesi pensano che l’Europa debba avere una forma esagonale, ma Parigi su questo non convincerà né Berlino né Roma. Per cui oltre al pensiero alto, fondamentale per tracciare una rotta, occorrerà trovare un consenso attorno a quell’idea. Fino ad ora Macron non è stato molto rassembleur nell’unire alcuni Paesi su alcuni progetti.

Come quello di riformare l’Islam francese di cui ha discusso con Pompeo?

L’idea ha aspetti pratici, politici, culturali e simbolici che hanno bisogno di essere articolati per strutturarvi attorno un consenso e non una opposizione automatica. Pompeo non è certo venuto nel Mediterraneo per un giro di saluti finali, fino a quando non ci sarà una transizione certa e formale con Biden. Ad esempio dopo Parigi e Istanbul ha visitato anche una colonia illegale in Cisgiordania: dimostra che per ora non è orientato verso la nuova presidenza.

Macron ha definito il Consiglio di sicurezza dell’Onu “non più utile” e ha annunciato la costruzione di una “autonomia europea”. Con quale equilibrio rispetto agli Usa?

Dire che il Consiglio di sicurezza non è utile è facile per una potenza come gli Usa ma è un rospo molto difficile da digerire per potenze come il Regno Unito e la Francia. Se è inutile quel Consiglio, allora il peso di Londra e Parigi potrebbe diminuire in modo drastico. Giocare fuori da strutture multilaterali pensate in un certo modo, porta ad una discesa del singolo valore dei due. Ciò non significa che la diagnosi macroniana sia sbagliata in sé: a quel punto o si procede davvero con la riforma dell’Onu oppure l’assenza di quell’ultimo elemento che prima dava una legittimità agli interventi ci farebbe tornare alla legge della giungla. Non a caso, gli italiani sostenevano che il seggio all’Onu dovesse essere europeo e non più anglo-francese.

Dopo Parigi, Pompeo si è diretto a Istanbul e in Israele, poi andrà in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar e Georgia. Secondo la stampa tedesca la presidenza Biden si abbatterà su Erdogan. Che ne pensa?

Capisco che alcuni alleati Nato siano frustrati dal comportamento del presidente turco e penso che per ora sulla possibile presidenza Biden ci siano molte aspettative messianiche. Giunti al dunque, bisognerà trovare un punto di equilibrio fra varie necessità, tutte molto dure e sgradevoli. La governance turca però credo sia consapevole di quanto fragile è la sua economia, e non vorrebbe fare la fine della Grecia di qualche anno fa con la troika. Uno spettro mai evocato fino ad ora da Ankara ma che sarebbe poco accorto ignorare.

L’avvio ufficiale del gasdotto Tap che ruolo potrà giocare?

Dal momento che è un progetto ormai concluso, è difficile immaginare che qualcuno possa osteggiarlo ora, anche per la valenza dei relativi metri cubi di gas. Per l’Italia è importantissimo, come lo sarà per il futuro e per le zone economiche esclusive a Cipro e in Libia. Mi chiedo però come mai tutto questo agitarsi non tenga conto del fatto che i prezzi dell’energia sono ancora estremamente bassi e non si capisce perché dovrebbero salire.

Difesa e geopolitica: la Grecia sembra pronta ad acquistare gli F-35 dagli Usa e flirta con gli Emirati Arabi Uniti, fortemente impegnati contro il panislamismo. Un riflesso delle interlocuzioni dello stesso Pompeo?

Credo che l’acquisto degli F-35, al di là delle intenzioni elleniche, sia diventata una faccenda quasi di prestigio politico. Non una novità: a suo tempo l’F-16 ebbe la medesima funzione pur essendo un caccia molto riuscito ma non con la stessa valenza tecnologica dell’F-35. Piaccia o no oggi è diventato una sorta di club: chi lo possiede fa parte di un giro rispettabile. Non è un caso che gli Emirati Arabi Uniti li cerchino, come non è un caso che la Grecia li chieda anche usati.

Da Gibilterra a Kiev: i mille fronti di crisi presenti in tutta questa mezzaluna pan Mediterranea (Libia, Tunisia, Libano, Cipro, Siria, Nagorno, Turchia e Ucraina) quale approccio richiedono, all’Ue e agli Usa?

Non è solo una mezzaluna di infiltrazioni terroristiche, ma porta in grembo la fragilità di Stati che non hanno forse neanche avuto il tempo di formarsi. È chiaro che fino a quando gli europei saranno alle prese con il fronte Brexit, con quello del veto ungherese e polacco sul bilancio europeo e con quello pandemico, è difficile che possano imprimere iniziative forti su altro, anche quando i rapporti transatlantici si saranno ricalibrati. Ormai è chiaro a tutti che se da un lato è facile buttare giù una realtà autoritaria non più sostenibile, dall’altro ben più complicato è garantire una transizione politica sostenibile. Quello dell’Iraq è un caso scuola.

twitter@FDepalo

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