Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Non sprechiamo l’occasione del Recovery Fund. Parla Fabrizio Barca

Intervista all’economista ed ex ministro per la Coesione, indicato come possibile consigliere del premier per la gestione dei fondi Ue. Con il Recovery Fund l’Italia ha un’occasione storica, rinnovare la Pubblica amministrazione e riportare il Paese sul sentiero della crescita. L’unico modo per non sprecare le risorse è fare bandi chiari e condivisi. Il Mes? Basta fobie, se per investire serve fare debito allora lo si faccia

Un’occasione unica, forse irripetibile. Quasi 209 miliardi di euro da spendere per un profondo rinnovamento industriale e sociale, sono un treno che non capita tutti i giorni. Ora sta all’Italia dimostrarsi all’altezza del Recovery Fund che vale una seconda giovinezza. Amministrativa, prima di ogni cosa, mette subito in chiaro Fabrizio Barca.

Uno che di amministrazione e arcani burocratici se ne intende. Ex ministro della Coesione Territoriale nel governo Monti, con una formazione da economista a Cambridge, un passato dem e oggi animatore del Forum Disuguaglianze&Diversità. Ma soprattutto, almeno secondo alcune voci di corridoio, potenziale gran consigliere del governo in quella cabina di regia per la gestione delle risorse.

Barca, il Recovery Fund è più una parola che una realtà. Ma prima o poi le risorse arriveranno. Il governo sembra avere ancora le idee poco chiare per la governance. Suggerimenti?

La vera governance è quella capace di garantire, attraverso i fondi che arriveranno, un profondo rinnovamento della Pubblica amministrazione, in tutte le sue filiere.

Ancora una volta il governo ha voluto puntare sui manager per condividere la gestione dei fondi. Non è detto che vi riesca, complice il mal di pancia di Italia Viva. Però…

Noi come Forum Disuguaglianze, della Pa e Movimenta abbiamo prodotto nei giorni scorsi una proposta che parte proprio dalla Pubblica amministrazione. Dunque, la direzione manageriale, semmai ci sarà, dovrà essere interna alla stessa Pa. Ai manager si può chiedere un ruolo di rinforzo, ma solo quello. Il lavoro deve essere incentrato sulle amministrazioni.

L’Italia ha vissuto stagioni di sprechi, i fondi strutturali comunitari sono un esempio lampante. Non è che ricadiamo nel vizio anche con il Recovery Fund?

Bisogna dare grande peso a una parola chiave: risultati. La Commissione europea non baderà all’importo dei pagamenti, ma calibrerà i fondi in base alla realizzazione dei progetti e degli obiettivi raggiunti. Non importa quanto si spende per gli asili nido, quello che conta è l’obiettivo, che secondo Conte è di 750 mila asili nido. A nessuno importa quanto si spende ma quanti posti per bambini vengono aperti.

Che ne pensa della bozza del Recovery Plan uscita da Palazzo Chigi?

Nel documento, tanto per riallacciarmi al discorso di prima, non si indicano gli obiettivi. E quindi non si possono nemmeno valutare gli importi. Alcune parti vanno indubbiamente in profondità, come il rafforzamento digitale della Pa. Altre, come l’istruzione, sono incastonate in poche righe.

Barca, da ex ministro della Coesione sa meglio di me che tra Stato centrale e Regioni spesso ci sono dei corto circuiti. Con 200 miliardi di mezzo sarà difficile che fili tutto liscio… o no?

Tutto dipende da come vengono stabiliti i risultati attesi. Se le Regioni hanno raggiunto una fase ascendente del progetto allora sarà più facile. Nella mia esperienza personale, ho lavorato benissimo con le Regioni, semplicemente perché avevamo condiviso gli obiettivi. Il segreto è quello.

Se le dico Mes? L’Italia ha davvero bisogno di quella linea di credito? Il governo a momenti ci cadeva…

Il ministro Speranza ha detto che attualmente le risorse per la salute in Italia sono limitate. Bene, allora qualunque apporto possa consentire alla nostra sanità di fare un salto di qualità sono le benvenute.

Il Mes è un prestito, non è gratis. E noi abbiamo il terzo debito al mondo. Lei cosa risponde?

Anche una parte dei fondi del Recovery Fund sono prestiti, allora. Le faccio notare come l’Italia sconti da anni un ritardo negli investimenti pubblici che supera 150 miliardi. Non mi preoccuperei onestamente di aumenti di debito che servano a fare investimenti.

Il ventre molle della catena di montaggio sono sicuramente le gare pubbliche, che dovranno plasmare i vari progetti. Sappiamo quanto spesso i ricorsi blocchino le procedure. Ma forse stavolta si potrebbe fare un salto di qualità, con procedure finalmente degne di un’economia avanzata, non crede?

Il piano del governo ha pochissime grandi opere, la gente pensa che si debbano fare cinque ponti di Genova e la finiamo lì. Invece ci sono migliaia di opere e di lavori. Dunque parliamo di una miriade di bandi. La via migliore per evitare problemi è favorire al massimo la partecipazione della cittadinanza. Prima di fare il bando, si discute pubblicamente con le parti. Ogni volta che si procede così, le gare vanno a buon fine.

E sul digitale, ha intravisto il giusto sforzo da parte del governo? Nei piani dell’esecutivo c’è una società per la rete unica.

Basta guardare al ritardo pauroso dell’Italia nella copertura digitale delle aree interne. E sa perché questo ritardo? Perché i bandi sono stati fatti male. Vede, qui veniamo al punto.

Si spieghi.

Non dobbiamo mai e poi mai dimenticare che l’occasione unica, irripetibile che ci offre il Recovery Fund è il rinnovamento della nostra Pubblica amministrazione. Se si rinnova la Pa, si fanno buoni bandi e il gioco riesce. E ci metto in mezzo anche le assunzioni. Dalla nostra Pa stanno per uscire mezzo milione di persone, siamo dinnanzi a un ricambio generazionale senza precedenti. Se noi mettiamo ora un buon mix di giovani selezionati e preparati nella Pa, parlo di persone adatte allo scopo, agli obiettivi, ai fabbisogni, questo Paese lo rivoltiamo come un pedalino.

Non posso non chiederglielo. Andrà a Palazzo Chigi a consigliare Conte sul Recovery Fund?

Ho risposto a questi rumors con una battuta. Trovo triste un Paese che, dove si fa una critica, allora tutti pensano che uno voglia un posto. E allora se deve essere così, chiedo un posto: il governatore della Libia.

×

Iscriviti alla newsletter