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Corrao o Di Maio (meglio)? Quel dubbio amletico dei Verdi a Bruxelles

Ore di riflessione per i Verdi europei. I quattro eurodeputati usciti dal gruppo del M5S bussano alla porta. Aprirla significa sbarrare il portone agli altri dieci deputati “ortodossi” e a un’alleanza che può dare frutti nel tempo. I dubbi di Lamberts e l’attendismo di Di Maio

La botte piena o la moglie ubriaca. Sono ore di struggimento per i Verdi europei. Il partito, che conta 69 deputati al Parlamento europeo, dovrà decidere questo venerdì se accogliere o meno i quattro deputati del Movimento Cinque Stelle che hanno abbandonato oggi il gruppo. Ignazio Corrao, Piernicola Piedicini, Rosa D’Amato, Eleonora Evi. Con un comunicato i “dissidenti” hanno ufficializzato l’addio al gruppo.

Una vera e propria bomba sganciata su un Movimento già in subbuglio a Roma per l’ora delle grandi decisioni sul Mes. Lo strappo di Corrao, movimentista della primissima ora, amorevolmente redarguito dall’amico Alessandro Di Battista sul suo profilo Facebook, “è un errore”, pesa come un macigno.

Le trattative con i Verdi sono iniziate da tempo, entrate nel vivo a novembre. Galeotto fu il voto sulla Politica agricola comune, che ha visto schierati con il partito ben cinque grillini, i quattro fuoriusciti e l’eurodeputata Laura Ferrara. Ma la strada non è in discesa come può sembrare. Il co-presidente del gruppo, il belga Philippe Lamberts, ha convocato una riunione per domattina. In queste ore si sta sentendo con i dissidenti, e non è escluso un incontro vis à vis con altri esponenti del gruppo.

È lui stesso a dettare di fronte alle telecamere le condizioni per il trasloco. “Il nostro problema è prima di tutto con il Movimento Cinque Stelle come organizzazione”. Tradotto: lasciare il gruppo non basta, devono lasciare anche il partito. Fin qui tutto chiaro. Certo, fra i Verdi l’accoglienza non sarebbe plebiscitaria. C’è chi ricorda che, nella scorsa legislatura, la convergenza di voto fra i due partiti “toccava picchi dell’87%”. Ma ci sono anche le resistenze. Della delegazione tedesca, ad esempio.

Lamberts e i suoi sanno che, una volta accettati i quattro dissidenti, si cala definitivamente il sipario sul negoziato con l’“altro” Movimento, quello di Roma. Da settimane Luigi Di Maio preme per trovare “una casa europea”. La congiuntura americana, con un presidente, Joe Biden, che mette l’ambiente in cima all’agenda, avrebbe anche facilitato il matrimonio. “Non abbiamo mai detto un no pregiudiziale ai Cinque Stelle”, aveva aperto Lamberts in una recente intervista a Formiche.net.

La partita si gioca sul filo, ai tempi supplementari. Il drappello grillino a Bruxelles non ne vuole sapere dei Verdi e lancia giavellotti agli insorti, “da tempo copiavano la lista dei voti di un altro partito”. A Roma prevale una linea più prudente, attendista. Chiuso il portone dei Verdi, rimane solo quello dei socialisti europei, e non è detto che resti aperto a lungo.

Con i dieci voti dei grillini “ortodossi”, da parte loro, i Verdi arriverebbero a quota 79 deputati, scavalcando il fronte sovranista di Identità e Democrazia (fermo a 76). Così, alla riunione del direttorio a Bruxelles venerdì, si porrà il più classico dei dubbi: meglio un uovo oggi o una gallina domani?



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