Skip to main content

Così la Russia diffonde fake news sulla Libia (e non solo)

La Francia spingeva disinformazione in Mali, la Russia in Libia, Siria e Sudan. Facebook ha scoperto tre network indipendenti e ha sospeso pagine e account che promuovevano gli interessi di Mosca (e Parigi) attraverso informazioni false e attività di guerra informativa

Facebook ha annunciato di aver rimosso tre “network separati” colpevoli di aver violato la politica aziendale contro l’interferenza straniera o governativa — viene definita coordinated inauthentic behavior (CIB) — per conto di un’entità straniera o governativa: questi network hanno avuto origine in Russia e uno in Francia, e hanno preso di mira più paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. Stanford Internet Observatory (SIO) e la società privata specializzata in anti-troll Graphika hanno condotto una ricerca su queste strutture individuandole come dei sofisticati vettori di info-ops: le operazioni del genere sono parte cruciale dell’info-war, la guerra informativa, scenario di conflitto tanto delicato quanto quello fisico perché più subdolo e in grado di influenzare l’opinione pubblica.

Già nel 2019 la cosiddetta Fabbrica dei Troll russa era stata individuata come attiva in questo genere di operazioni. La struttura è quella con cui il Cremlino sostiene clandestinamente le attività di disinformazione, trolling, astroturfing che costituiscono la forma contemporanea delle “misure attive” della disinformatia d’epoca sovietica. Come facevano le strutture del Kgb lo scopo è quello tipico di una guerra informativa: alterare la percezione pubblica della realtà a proprio vantaggio. La Fabbrica – nota anche come Internet Research Agency (IRA) – è guidata da Yevgeny Prigozhin, amico personale del presidente russo e titolare – attraverso strutture a matrioska – della società militare privata Wagner Group, che sta conducendo fisicamente (boots on the ground) le attività russe in Libia per conto del Cremlino.

Oltre 1,3 milioni di persone hanno seguito una delle pagine Facebook dedicate alla Libia (ma nello stesso network ce n’erano anche alcune per il Sudan e per la Siria): non saranno tutti libici a seguirla, chiaramente, ma se si considera che il Paese conta circa 7 milioni abitanti la dimensione è chiara. Tra i contenuti veniva spesso sponsorizzata la necessità di “liberare il Paese dai terroristi”, che è una ovvia priorità, ma è anche uno degli slogan fissi del signore della guerra dell’Est Khalifa Haftar, che dalla Cirenaica sta cercando da anni – con le armi – di intralciare il processo di riunificazione e pacificazione pensato dall’Onu. Nella sua missione esistenziale – che ha come obiettivo diventare il nuovo rais – Haftar riceve sostegno dagli Emirati Arabi, dall’Egitto e dalla Russia, nonché ha ricevuto appoggio meno esplicito da parte della Francia.

Nello specifico, per esempio, si parlava di un film su due russi tenuti prigionieri dalle forze del governo Gna di Tripoli – quello internazionalmente riconosciuto e attivo sotto egida Onu. I due, accusati di info-ops a favore di un figlio di Gheddafi che vorrebbe lanciarsi in politica, sono stati recentemente liberati, il film su di loro non esiste. Un’altra prerogativa del network digitale era quella di distruggere il processo di dialogo che si è aperto da qualche mese, dopo che è stato raggiunto un cessate il fuoco intralibico. Il metodo usato era costruire contenuti falsi a proposito delle attività della Fratellanza musulmana, accusata di essere responsabile di far saltare il tavolo. È vero che l’organizzazione panaraba sta creando problemi perché vuole posti importanti nel futuro del Paese, è altrettanto vero che le realtà dell’Est la ritengono un avversario (quando parlano di terrorismo si riferiscono anche ai Fratelli), ma molti dei contenuti diffusi erano completamente falsi – altri alterati ad uopo.

Martedì, sul sito del dipartimento di Stato statunitense è stato pubblicato uno statement in cui il segretario Mike Pompeo rispondeva alle dichiarazioni che il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha fornito al Med2020 di Ispi a proposito delle interferenze americane nel Mediterraneo. Pompeo dice: “La Russia continua a minacciare la stabilità del Mediterraneo utilizzando una varietà di tecniche per diffondere disinformazione, minare la sovranità nazionale e seminare caos, conflitti e divisioni all’interno dei Paesi della regione”. L’americano ha parlato del sostegno che Mosca ha fornito al sanguinario regime assadista, dell’assalto alla capitale libica (della destabilizzazione all’economia inducendo il blocco petrolifero e l’alimentazione del conflitto tramite la Wagner). Attività analoghe sono state svolte in Sudan.

(Foto: screenshot di una delle pagine Facebook ora sospese che per pubblicizzare un film sui prigionieri russi in Libia)


×

Iscriviti alla newsletter