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Stop all’export Usa. Lo schiaffo di Trump a 103 aziende (cinesi e russe)

Ben 103 aziende (58 cinesi e 45 russe) sono ufficialmente nella lista nera del dipartimento del Commercio Usa per i legami con le Forze armate dei rispettivi Paesi. Non potranno acquistare componenti, prodotti o servizi americani. È l’ultimo colpo di Trump contro il Dragone, in attesa di capire l’atteggiamento di Biden, forse ancora più duro

Sono 58 le aziende cinesi di alta tecnologia (per lo più aerospaziali) che concorrono alla modernizzazione delle Forze armate di Pechino e che non potranno più acquistare componenti, prodotti o servizi negli Stati Uniti. L’amministrazione targata Donald Trump si appresta difatti a bloccare l’export verso le 103 realtà (ce ne sono anche 45 russe) finite nell’ultima e ufficiale lista del Dipartimento del Commercio.

LE AZIENDE BLOCCATE

Non 117 (come riportato da Reuters a fine novembre), ma 103. Non c’è più Comac, costruttore di aeromobili civili che vuole competere con Boeing e Airbus, ma restano molte delle controllate di Avic, il colosso aerospaziale con tanti rapporti in Europa. L’obiettivo americano è “assistere gli esportatori nel controllo dei clienti che hanno rapporti con utenti finali militari”, ha spiegato il segretario al Commercio Wilbur Ross. Tutto sta proprio nella definizione di “utenti finali militari” (o “military end user”). Ad aprile lo stesso dipartimento del Commercio ne ha estero la definizione, facendoci entrare non solo Forze armate e Forze di Polizia, ma anche “ogni entità o persona che supporta o contribuisce al mantenimento o alla produzione di materiali militari, anche se il business primario è civile”.

LA DEFINIZIONE

Il risultato è un ampliamento del panorama di realtà che hanno legami con gli strumenti militari di Mosca e Pechino, e dunque un’estensione del divieto di export per i produttori americani, chiamati a bloccare tutto le forniture a tali soggetti, dai software ai motori per l’aviazione civile, dalla sistemistica elettronica alla meccanica. Secondo la bozza di regolamento del dipartimento del Commercio che Reuters aveva reso noto, il controllo sul flusso di tali prodotti alle aziende cinesi sarebbe “vitale per la protezione degli interessi Usa di sicurezza nazionale”.

GLI ATTORI CINESI

Molte delle aziende della lista appartengono al settore aerospaziale, per cui le preoccupazioni americane non sono certe nuove, per lo più legate alla ai confini sempre labili tra civile e militare. Preoccupazioni di questo tipo per il settore dell’aerospazio non sono certo nuove. A ottobre Bloomberg aveva riportato dell’insofferenza montante all’interno dell’amministrazione Trump per Avic, acronimo di Aviation industry corporation of China, controllata del governo di Pechino, campione nazionale dell’aerospazio cinese, che sarebbe stata vicina a sanzioni simili a quelle inflitte a Huawei e TikTok. Già a giugno il Pentagono l’aveva inserita nella blacklist di aziende controllate o legate all’Esercito popolare di liberazione. È ora presente anche nella nuova lista del Dipartimento del Commercio, con sette sue controllate, insieme a Cssc, il colosso della cantieristica navale cinese, ormai prossimo alla fusione con Csic per dar vita al primo produttore mondiale di navi.

LE AZIENDE RUSSE

Rispetto alle indiscrezioni di Reuters di novembre, sono molte di più le aziende russe (da 28 a 45). C’è la conglomerata UAC (od OAK, fondata nel 2006 da Vladimir Putin) che ha nel portafoglio altre realtà presenti nella blacklist, tra cui Sukhoi (pure lei nella lista), specializzata in velivoli militari, e Irkut, che sta sviluppando il velivolo civile a corto-medio raggio MC-21. Ci sono tanti altri nomi noti, come Rostec, MiG e Tupolev. In ogni caso, già a novembre al dipartimento del Commercio si parlava di “una tranche iniziale”. Anche perché l’attenzione americana non è destinata ad affievolirsi. Joe Biden ha già chiarito che la competizione a tutto tondo con Russia e Cina non cambierà con la sua presidenza.

L’ALTRO LATO DELLA MEDAGLIA

Tra l’altro, la lista si aggiunge a quella contenuta nell’ordine esecutivo firmato a metà novembre da Donald Trump. Ordine che già vieta gli investimenti americani in 31 aziende cinesi, poiché ritenute legate agli obiettivi di modernizzazione dell’Esercito popolare di liberazione. Tra queste, notava Formiche.net, figurano nomi ben noti, da Huawei a Cccc (che mirava al porto di Trieste), da ChemChina (azionista di maggioranza di Pirelli) ad Avic.

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