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Il governo è politicamente finito, ma non cadrà. Parla Dario Galli (Lega)

Intervista a Dario Galli, deputato leghista di lungo corso, già presidente della provincia di Varese e viceministro allo Sviluppo economico ai tempi dell’esecutivo gialloverde. “Siamo molto preoccupati, non tanto, o non solo, per la gestione della risorse del Recovery Fund: questa maggioranza e questo governo non sono minimamente in grado di guidare un disegno di ripartenza complessiva del Paese”

“In un Paese normale questo governo sarebbe ormai caduto. O, forse, non sarebbe mai nato. Ma così non è. L’esecutivo politicamente è finito, anzi non è mai esistito. Ma continuerà ad andare avanti”. Parola di Dario Galli, deputato leghista di lungo corso, già presidente della provincia di Varese e viceministro allo Sviluppo economico ai tempi dell’esecutivo gialloverde. “Siamo molto preoccupati, non tanto, o non solo, per la gestione della risorse del Recovery Fund questa maggioranza e questo governo non sono minimamente in grado di guidare un disegno di ripartenza complessiva del Paese”, ha commentato ancora Galli in questa intervista a Formiche.net nella quale non ha lesinato critiche anche molto dure nei confronti del presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Visto dall’opposizione, l’avvitamento del governo a che punto è? E che conseguenze potrebbe portare?

Iniziamo con il dire che questo governo non è nato per qualcosa, ma contro. Per non andare a votare e non far vincere il centrodestra. Non è un caso che in sedici mesi  il primo e unico atto politico sia stato distruggere i decreti di Matteo Salvini sulla sicurezza. È dall’inizio di questa esperienza che tirano a campare. Certo adesso i nodi stanno arrivando al pettine, all’interno della maggioranza e soprattutto nei rapporti con Giuseppe Conte.

Dopo le polemiche delle ultime ore, il premier appare sempre più solo. È così anche dalla vostra prospettiva?

È passato dal basso profilo degli esordi a una sorta di protagonismo assoluto, a prescindere anche dalla sua stessa maggioranza. In pratica sembra che pensi di poter trasformare una repubblica democratica parlamentare in qualcosa di totalmente diverso senza che nessuno se ne accorga.

Addirittura?

In Parlamento non si fa più niente perché si va avanti a colpi di fiducia, il governo rischia di essere esautorato dai comitati tecnico-scientifici, dalle task force e adesso pure dai manager che dovrebbero gestire il Recovery Fund. I quali, secondo Conte, dovrebbero essere assunti dalla politica per fare il lavoro della politica. Mi pare non abbia capito che fino a prova contraria siamo un Paese in cui i cittadini vanno a votare, scelgono un partito e poi in Parlamento si fanno le leggi.

Galli, ma queste stesse critiche non venivano mosse anche nei vostri confronti quando eravate al governo?

Mi pare che le cose siano molto diverse. Le parole di Matteo Salvini sui cosiddetti pieni poteri sono state strumentalizzate per ragioni politiche: il suo obiettivo era semplicemente quello di tornare al voto per provare a vincere e poi a governare senza doversi confrontare con i cinquestelle con cui oggettivamente è stato molto difficile trovare una sintesi. E del resto mi pare stia accadendo anche oggi: dal Mes in giù, la maggioranza è divisa su tutto.

Galli però, se è così, perché questo governo è destinato comunque a rimanere al suo posto?

Detta papale papale, per la paura di andare a casa della stragrande maggioranza dei parlamentari. Ci troviamo in una situazione senza precedenti nella storia repubblicana, innanzitutto perché mai in passato in così tanti erano arrivati nelle istituzioni senza avere un’occupazione o solo con un lavoretto.

Insomma, secondo lei è una questione di poltrone?

In quanti pensa sarebbero disposti a rinunciare ai 7 o 8.000 euro di stipendio che gli spettano in quanto parlamentari? E poi non c’è mai stata in passato una situazione di così sicuro stravolgimento della compagine parlamentare tra una legislatura e l’altra. Ovviamente per via del taglio imposto dalla riforma costituzionale, ma anche perché il partito oggi di maggioranza relativa rischia di ridurre di un terzo i suoi consensi nel Paese alle prossime elezioni. Secondo lei in questa condizione si può pensare che vadano a casa?

A suo avviso mi pare di no. Quindi cosa pensa succederà?

Spero che questa esperienza nell’interesse del Paese finisca domani, ma credo si inventeranno qualsiasi salto mortale pur di rimanere dove sono.

E intanto l’Italia è ferma alla questione della governance del Recovery Fund (qui la nostra recente intervista a Innocenzo Cipolletta). Quali sono le vostre proposte sul tema?

È ridicolo che il premier vada a proporre alla maggioranza, ai ministri ed eventualmente anche in Parlamento di mettere in piedi un governo parallelo, non eletto da nessuno, per fare il lavoro che spetterebbe all’esecutivo. Se il presidente del Consiglio e i ministri non ne sono in grado – a tal punto da rendere necessaria la nomina di un governo ombra – farebbero bene a dimettersi.

Sta dicendo che la gestione dovrebbe passare dalle amministrazioni centrali e locali dello Stato e degli enti locali?

Io provengo dalla Lega 0.0, so bene che la pubblica amministrazione italiana è spesso inefficiente. Lo abbiamo sempre detto, anche per esperienza diretta. Ma questo non vuol dire che si possa delegare tutto ai super-manager e ai loro collaboratori. Finiremmo così per avere non solo un governo ombra ma anche un’amministrazione pubblica parallela.

Dunque per gestire le risorse del Recovery Fund la sfida è rinnovare e riformare la pubblica amministrazione?

Stiamo parlando di 200 miliardi in cinque o sei anni, in pratica 30 o 40 miliardi di euro aggiuntivi l’anno. Ma la spesa pubblica italiana è di 850 miliardi. Il problema non sono solo le risorse del Recovery Fund, ma in generale il funzionamento della amministrazione pubblica. Il governo è lì per farla funzionare, per cambiare le cose, ma la verità è che l’attuale esecutivo non ne è capace, né politicamente né tecnicamente. D’altronde, quasi nessuno dei ministri ha nel suo bagaglio esperienze dirette di amministrazione e gestione.

Galli, quali passi ritiene che la Lega debba fare per rappresentare una valida alternativa di governo in questa fase?

Dal punto di vista economico il nostro obiettivo rimane lo stesso: rilanciare il lavoro riducendo il peso fiscale inutile e rendendo più competitive le imprese. E poi le infrastrutture, le opere pubbliche, di cui l’Italia ha così fortemente bisogno.

Ma sull’Europa vi siete ricreduti? In fondo in questi mesi gli strumenti previsti sono stati rilevanti. 

Siamo noi che siamo diventati più morbidi con l’Europa o le critiche che abbiamo avanzato in questi anni  hanno contribuito a trasformarla e migliorarla? Se andiamo a vedere l’andamento di questi ultimi mesi, mi pare che sia la seconda opzione. Basti pensare a cosa sta facendo la Germania o alle politiche della Bce. Noi abbiamo cambiato un po’ la forma – meno felpe e più giacca e cravatta – ma l’Europa ha cambiato la sostanza.


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