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Italia fuori dal Club Med? Le manovre d’Egitto spiegate da Melcangi

Parigi e il Cairo condividono sia relazioni economiche che un allineamento geopolitico, spiega Alessia Melcangi, mentre Roma ha una doppia linea con l’Egitto. Conversazione con la docente di Storia contemporanea del Nord Africa e del Medio Oriente alla Sapienza di Roma

La recente visita del presidente/generale egiziano Abdel Fattah al Sisi in Francia, gli allori formali o meno conferitegli, l’accoglienza offerta da Emmanuel Macron, mette in evidenza un rapporto che la Francia vuol mantenere – secondo un interesse storico – con l’Egitto e un confronto con quello tra Roma e il Cairo. Recentemente la Stampa ha pubblicato un pezzo in cui si racconta un retroscena secondo il quale “ambienti di governo” italiano stiano “maturando la convinzione” che “fare fuori l’Italia dall’Egitto” sia un interesse di un asse franco-egiziano per “indebolire e sporcare la tradizionale presenza [italiana] nel Mediterraneo”.

Cosa c’è di vero? “Senza riferimenti al retroscena, c’è da analizzare effettivamente i rapporti tra Italia ed Egitto e quelli tra Francia ed Egitto, e il ruolo che Parigi ha intenzione di giocare”, risponde a Formiche.net Alessia Melcangi, docente di Storia contemporanea del Nord Africa e del Medio Oriente alla Sapienza di Roma e non-resident fellow dell’Atlantic Council. “Innanzitutto – continua Melcangi – c’è da valutare come l’Italia porti avanti i suoi rapporti col Cairo su un doppio piano, economico e geopolitico”.

Sul piano economico, spiega la docente, “l’impegno da entrambe le parti negli ultimi anni è andato solo crescendo”. Ci sono in gioco interessi di carattere economico – come gli investimenti di Intesa nella Bank of Alessandria, o quelli di Pirelli, Italgen o Gruppo Caltagirone per esempio – e poi quello energetico, con Eni che guida le esplorazioni nei grandi giacimenti dell’off-shore egiziano. Ci sono 130 aziende italiane che operano in Egitto, producendo un fatturato da 2,5 miliardi di dollari l’anno. Un tema quasi a sé sono i rapporti dell’industria militare, con la prospettiva che possano crescere in futuro fino a 9 miliardi, dagli 872 milioni toccati nel 2019 (cifra più alta di sempre).

“L’altro piano è quello geopolitico, dove su alcuni dossier chiave, come la Libia, Egitto e Italia si pongono su due posizioni differenti”, aggiunge Melcangi. Roma ha sostenuto fin dall’insediamento il governo onusiano Gna, che invece il Cairo ha cercato di destabilizzare anche attraverso il sostegno alle iniziative militari del capo miliziano della Cirenaica, Khalifa Haftar. Qualcosa sta cambiando? “Ultimamente, dal lancio del Cairo dell’iniziativa politico-diplomatica del presidente parlamentare libico, Agila Saleh, l’Egitto è passato dalle minacce di guerra alla linea negoziale. Una posizione che gli è riconosciuta anche dall’Onu, ed è quello che cerca al Sisi”, spiega Melcangi.

“Su di lui – continua – vi è un problema di approccio che l’Occidente ha nei confronti di certi governanti autoritari, che in questo momento vengono sostenuti perché sembrano più stabili di potenziali derive islamiste. È il vecchio problema della democrazia contro la stabilità”. In questo si inserisce la Francia: su queste colonne, commentando la recente visita parigina di Sisi, Jean Pierre Darnis faceva notare una continuità tra Parigi e il Cairo nel confronto all’islamismo, qualcosa che lega i due paesi su un piano retorico-politico e strategico. È così?

“Riguardo all’Egitto, la Francia la troviamo ben posizionata in entrambi quegli ambiti, economico e geopolitico, gioca anche l’Italia. E oltretutto in questo momento non si può non notare una forte assertività francese. Certamente il tema di fondo della lotta all’Islam politico, che ha contraddistinto le direttrici di Sisi, è simile al confronto contro il separatismo islamista di Macron; con gli stessi errori riguardo alla Fratellanza che non va confusa con l’estremismo, ma con il presidente egiziano che usa questa confusione per giustificare la repressione dei rivali interni”, risponde Melcangi.

La Francia ha relazioni economico-commerciali con l’Egitto altrettanto ottime, con la differenza che ha un allineamento anche sul piano geopolitico – concretizzato per esempio nel sostegno francese alle necessità della Cirenaica, regione libica che gli egiziani vedono come un cortile ai confini. Questo allineamento viene usato anche contro l’Italia? “Il sostegno geopolitico è fondamentale nelle relazioni franco-egiziane, tanto che Macron anche durante la recente visita ha dimenticato la questione dei diritti umani, come gli arresti contro gli attivisti, e per esempio ha completamente ignorato che la procura di Roma avesse in quei giorni fatto uscire i collegamenti tra i servizi egiziani e i mandanti del caso Regeni”, spiega la docente italiana.

Il conferimento della Legione d’Onore all’egiziano dimostra sfregio per certe posizioni di condanna all’autoritarismo del Cairo prese anche dall’Europa, aggiunge Melcangi, e anzi Macron sembra muoversi “in maniera dissonante, forse proprio appositamente”: “Tutto ciò è parte della volontà dei vari stati europei di spingere interessi in maniera separata, mettendo l’Ue alla mercé degli antagonismi nazionali, rendendola incapace di esprimersi come soggetto geopolitico”.

La Francia sfrutta gli spazi che queste dimensioni lasciano, così come sfrutta le politiche indipendenti con cui i vari stati europei si muovono (politiche su cui l’eccezionalismo francese è dottrina d’altronde), e si muove secondo i propri interessi anche contro quelli di altri paesi teoricamente partner. Sull’Egitto è il caso dell’Italia, che Parigi sente come competitor in tutta l’area del Mediterraneo e su cui non si tira indietro quando ha occasioni per avvantaggiarsi.

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