Riunificato il tasso di cambio dinaro/dollaro. Svolta della Banca centrale che insieme all’aumento delle produzioni petrolifere dovrebbe garantire il miglioramento delle condizioni economiche ai libici. Ma i negoziati sono in stallo, tra interessi personali dei futuri protagonisti politici e interferenze dall’esterno
Per la prima volta negli ultimi cinque anni, il Consiglio di amministrazione della Banca centrale della Libia si riunisce in una riunione “unificata” in cui decide l’implementazione di un accordo dall’enorme peso politico – oltre che tecnico – sulla parificazione del
tasso di cambio che dovrebbe portare alla riunificazione delle due filiali concorrenti a est (Cirenaica) e ovest (Tripolitania), spaccate secondo le divisioni che hanno portato a varie guerre tra le due regioni.
L’accordo raggiunto è un successo diplomatico per l’inviata Onu, l’americana facente funzione Stephanie Williams, per il vicepremier Ahmed Maiteeg, che hanno lavorato più attivamente per portare in contatto le due anime libiche. “È un passo che serve gli interessi dell’economia nazionale”, ha commentato con un breve post su Facebook Maiteeg, che è stato già protagonista mesi fa di un altro colpo chiave: la ripartenza delle produzioni petrolifere per favorire il ritorno di introiti in Libia – elemento cruciale per sfamare i libici e da cui procedere per una stabilizzazione concreta.
“È tempo di prendere decisioni coraggiose che servano gli interessi del popolo libico e contribuiscano al miglioramento delle condizioni economiche”, ha aggiunto Maiteeg. Il tasso di cambio unificato, stabilito a 4,48 dinari per dollaro, è insieme alle produzioni petrolifere (che hanno superato gli 1,2 milioni di barili giornalieri) uno dei più concreti successi raggiunti durante questa fase in cui le armi sono ferme e i negoziati procedono – sotto egida Onu – non senza intoppi.
Nella serata di ieri, Unismil ha per esempio comunicato che non è stato possibile raggiungere il consenso tra i membri del Foro di dialogo politico libico sul meccanismo per selezionare la prossima leadership politica che gestirà la fase di transizione che dovrebbe portare il Paese alle elezioni a dicembre del 2021 (secondo quanto progettato dalle Nazioni Unite). Circa un terzo dei 50 partecipanti ha boicottato il voto.
Il problema riguarda l’accoppiata composta da Agila Saleh (presidente del parlamento HoR) e Fathi Bashaga (ministro degli Interni), con il primo che punta a diventare presidente del Consiglio presidenziale e il secondo premier: secondo una porzione sostanziosa dei delegati le decisioni in discussione al Foro sono state “cucite” addosso a questa accoppiata, che è in buona parte osteggiata dall’Est libico perché ritiene Bashaga troppo collegato alla Fratellanza musulmana, ma trova opposizioni anche tra i moderati della Tripolitania.
Il ministro degli Interni sta cercando sostegno internazionale, e cercherà di portare avanti la sua candidatura a gennaio con un incontro a Mosca. Il libico ha ricevuto un invito ufficiale da parte dell’inviato russo in Africa e Medio Oriente, Mikhail Bogdanov. Bashaga è stato finora tenuto diplomaticamente a distanza dalla Russia, che aveva espresso a Williams la volontà di bloccare con il veto Onu qualsiasi coinvolgimento nella transizione di soggetti troppo vicini alla Fratellanza.
È probabile che il Cremlino abbia deciso di sbloccare i rapporti con Bashaga dopo che il ministero degli Interni si è impegnato per liberare due detenuti russi incarcerati a Tripoli da 18 mesi con l’accusa di aver tentato operazioni informative a favore di Saif al Islam Gheddafi, il secondogenito del defunto rais (l’ordine di rilascio è arrivato mercoledì 9 dicembre, dopo che il caso ha fatto parte delle varie info-ops denunciate da Facebook in questi giorni).
Oggi invece il vicepremier Maiteeg ha tenuto un incontro con l’ambasciatore statunitense in Libia, Richard Norland. Nel faccia a faccia a Misurata – città di Maiteeg e di Bashaga al centro delle contesa politica intra-Tripolitania – si è parlato delle evoluzioni del processo di stabilizzazione; e chiaramente del tasso e del petrolio, su cui gli Stati Uniti hanno sempre avuto una posizione interessata alla ricerca di stabilità. Secondo fonti di Formiche.net si è parlato anche di sicurezza, con Washington che resta piuttosto preoccupata delle crescenti attività russe in Libia.
Molta è la carne al fuoco per il bulgaro Nickolay Mladenov, nominato oggi dal Segretario generale delle Nazioni Unite come suo delegato speciale (entrerà in ruolo nelle prossime settimane e fino a quel momento Williams continuerà a essere attiva viste le necessità del momento). Il diplomatico scelto dal Consiglio di Sicurezza è stato già ministro degli Esteri del suo paese (2010-2013) e poi Coordinatore per il Processo di pace mediorientale dell’Onu negli ultimi cinque anni. La sua nomina era attesa da settimane, e andrà a sostituire il dimissionario Ghassan Salamé, che ha lasciato a marzo esausto dopo anni di difficoltà incontrate.
(Foto: cbl.gov.ly, la Banca centrale libica)