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Vi spiego il mio sì al Mes (e no al governo). Parla Binetti (Udc)

Binetti

La senatrice dell’Udc, Paola Binetti, è una dei rappresentanti dell’opposizione che il 9 dicembre prossimo, in occasione del voto sul Mes, si esprimerà a favore. “È una questione di coerenza politica, ma il  mio voto di mercoledì non sarà a sostegno del governo”

“In aula voterò sì alla revisione del trattato del Mes. Una decisione di coerenza, ma non sono e non sarò mai dalla parte di questo governo”. La senatrice dell’Udc, Paola Binetti, è uno dei rappresentanti dell’opposizione che mercoledì prossimo, in occasione del voto parlamentare sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità, voterà a favore. In linea, dunque, con la posizione di un pezzo della maggioranza – i cinquestelle, com’è noto, sul tema sono a dir poco divisi – e in dissenso dal suo gruppo di appartenenza, quello di Forza Italia, che un po’ a sorpresa ha deciso di schierarsi contro la riforma. Come ha scritto stamattina Angelo Picariello su Avvenire, a Palazzo Madama – dove i numeri del governo sono sempre più risicati – potrebbero essere alla fine sette gli esponenti di opposizione che sceglieranno di dire sì alla riforma. Oltre a Binetti, anche i due colleghi dell’Udc Antonio De Poli e Antonio Saccone e, forse, i tre rappresentanti di Cambiamo di Giovanni Toti – i senatori Massimo Berruti, Gaetano Quagliariello e Paolo Romani – e l’azzurro Andrea Cangini. Ma non si esclude che anche altri rappresentanti di Forza Italia possano alla fine decidere di dare il loro ok.

Senatrice Binetti, dunque voterà si alla revisione del trattato del Mes. Perché?

Per una questione di coerenza. Sono da sempre impegnata affinché l’Europa possa diventare più equa, sociale e solidaristica. Mi pare logico e naturale votare sì a una riforma che va in questa direzione. Sarebbe strano il contrario.

Poi c’è il cosiddetto Mes sanitario, un tema distinto ma in fondo collegato. Lei sarebbe favorevole ad avvalersi di quei fondi?

Certamente. Come medico e professoressa universitaria, ancor prima che come senatrice, ho sempre detto che l’Italia avrebbe fortemente bisogno di quelle risorse. Tanto per intenderci, voterei a favore di un provvedimento che mirasse a ottenere i famosi 37 miliardi del Mes sanitario. Sono una necessità reale e se fossero arrivati tempestivamente avrebbero già contribuito a risolvere alcuni dei problemi che attanagliano la nostra sanità.

Però il suo non sarà un voto a favore del governo. In che senso?

Anche per una questione di etica politica è fondamentale per me affermare che il voto di mercoledì non sarà a sostegno del governo. Non faccio parte e non farò mai parte di un manipolo di responsabili, né intendo passare da stampella. Non so se qualcuno voglia farlo, ma certo io non ho in ogni caso alcuna intenzione di tendere la mano a questo esecutivo per garantirne la sopravvivenza. Come le dicevo, è una questione di coerenza.

Che ne pensa, dunque, della scelta di Forza Italia che, a sorpresa, ha annunciato di voler votare no alla revisione del Mes?

Credo la domanda vada posta direttamente a Forza Italia. Potrebbe dipendere dalla dialettica politica in corso all’interno dell’opposizione ma ci sono certamente anche riserve di merito da parte loro. Ovviamente Antonio Tajani è un sicuro punto di riferimento quando si parla di Europa. Non so perché abbiano deciso in questo modo, rispetto la loro posizione ma io resto della mia idea.

Come risponderebbe nel caso le contestassero però dall’opposizione di aver dato una mano al governo in questo momento di difficoltà?

Quello di mercoledì sarà uno dei pochissimi voti insieme al governo e forse l’unico in dissenso dal mio gruppo di appartenenza. È una contestazione irricevibile, voterò sì coerentemente con quanto ho sempre affermato.

Binetti, ma si sente più vicina a Giuseppe Conte o a Matteo Salvini?

No, guardi. Io mi sento quello che sono: una rappresentante del centro politico, l’unico capace di dialogare con il Paese e sui contenuti specifici. Non sono per una politica personalistica.

E perché non ne vuole sentir parlare di sostenere questo governo? In poche parole, perché è all’opposizione del Conte bis?

Le ragioni per stare all’opposizione di questo governo sono pressoché infinite. Ad esempio la gestione della pandemia. Penso alle decisioni assunte sulla scuola, a quanto non è stato fatto sui trasporti o sulla logistica. Al 7 di gennaio avremo studenti che per un anno non sono andati a scuola. Qualcuno ha parlato di strumenti per provare a ricomporre il tessuto culturale che restituisca ai ragazzi l’unitarietà del loro sapere? Nemmeno una parola. Si discute solo di banchi con le rotelle, se riaprire oppure no. Ma senza costrutto e senza fornire alcun dato rispetto ai contagi nelle scuole. Sono di un’incompetenza radicale e assoluta, a mio avviso.

Dunque preferisce stare all’opposizione?

Sì, in pratica come ho sempre fatto nella mia carriera politica. Anche nella prima legislatura in cui ero in maggioranza – ai tempi del secondo governo guidato da Romano Prodi – per coerenza di valori contribuimmo a rivelare tutta la fragilità di quell’esperienza Poi sono passata all’opposizione e là sono sempre rimasta. La democrazia ha bisogno di un governo forte, capace e competente e, ancor di più, di un’opposizione equilibrata, severa, incisiva e onesta, che non persegua obiettivi di seconda mano.

Ma il governo quanto rischia, a suo avviso, sul voto di mercoledì? I cinquestelle appaiono profondamente spaccati

Nel Movimento c’è un po’ di tutto come in ogni grande partito: ci sono europeisti e anti-europeisti, pro-Mes e anti-Mes. Sono semplicemente un’insalata russa.

In questo caso però la frattura appare ancora più profonda, dentro la maggioranza e nello stesso movimento (qui l’intervista di Formiche.net a Claudio Mancini). 

C’è una doppia spaccatura: la prima, la più plateale che va avanti da mesi, sui 37 miliardi del Mes sanitario. Alla quale ora si aggiunge la seconda, sulla riforma del trattato. I cinquestelle in tema di Europa hanno sempre avuto idee poche e confuse, solo funzionali alla realizzazione dei loro obiettivi politici e di governo. Di volta in volta le cambiano, quelle idee. Tutte le loro posizioni sono frutto di quello che un tempo sarebbe stato chiamato opportunismo politico e che oggi potremmo definire adattamento creativo. Sono imprevedibili, se non per un aspetto: voler restare al governo a tutti i costi. E credo che anche questa volta, alla fine, prevarrà la stessa logica.


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