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Incentivi e competenze per l’Italia digitale. La ricetta di Cerra (Ced)

Intervista al presidente del Centro economia digitale: la rete unica è una priorità, ma il dibattito su un Paese ancora troppo in affanno sulla banda larga non può limitarsi a un’operazione industriale. Al ministro dello Sviluppo chiediamo competenze per la posa della fibra e la consapevolezza che i fondi del Recovery Fund dovranno andare alla digitalizzazione nazionale. E magari qualche incentivo…

Rete unica e internet per tutti e più veloce. Se c’è un obiettivo su cui il governo italiano proverà a dirottare la potenza di fuoco del Recovery Fund, quello è proprio il digitale. In tutte le sue forme e sfaccettature, a cominciare proprio da quella grande operazione industriale che è la costituzione di una grande società per una singola rete, frutto della convergenza di asset privati (Tim e la sua rete secondaria) e pubblici (Open Fiber e la fibra). In previsione di un anno che, salvo clamorosi dietrofront, porterà in dote un primo pezzo di banda larga nazionale, il Centro economia digitale, presieduto dall’economista Rosario Cerra, ha deciso di sottoporre al ministero dello Sviluppo Economico, dicastero competente per la rete unica, una serie di proposte strategiche, per una rotta sicura verso la digitalizzazione del Paese. E proprio Cerra ha spiegato a Formiche.net la giusta via per una banda larga il più accessibile possibile.

LE PROPOSTE DEL CED 

Prima di tutto, le sei proposte oggetto di un documento spedito al dicastero di Via Veneto, nelle mani del ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli. Si parte, tra le altre cose, dalla necessità di avviare una consultazione per le aree grigie, quelle dove nel giro di tre anni è previsto un investimento da parte di un operatore. Qui, l’obiettivo è “rivedere il meccanismo della dichiarazione prevedendo una verifica degli esiti tramite un processo continuo di monitoraggio e aumentando la cogenza degli impegni presi”, spiega il Ced. Per il quale è ugualmente imperativo rivedere gli obiettivi strategici in ambito di banda larga, fermi però all’Agenda digitale del 2015. Ancora, forgiare risorse competenti da ingaggiare una volta che l’infrastruttura di rete dovrà essere posata e soprattutto pensare a forme di incentivo per portare la fibra fino a dentro casa.

L’ITALIA DIGITALE

“Negli ultimi mesi”, spiega Cerra, “il dibattito pubblico si è concentrato quasi unicamente sulla questione della Rete Unica, dei vantaggi e delle difficoltà di una soluzione di questo tipo, dei difficili equilibri tra gli operatori esistenti. Questo è sicuramente un tema di assetto complessivo rilevante che merita ampia attenzione. Tuttavia, il vero tema è che l’Italia ha bisogno di realizzare, nel più breve tempo possibile, una rete realmente performante, che risulti in linea con i target europei della Gigabit Society. Una condizione strategica e imprescindibile in un Paese che intenda assicurare al proprio tessuto produttivo e alla propria popolazione connessioni adatte, non solo rispetto alle difficili sfide presenti, ma anche e soprattutto, rispetto a quelle future”.

Secondo Cerra, “la centralità di questo tema è ben presente nel piano Next Generation Italia, che dovrà tuttavia tradursi in iniziative specifiche e concrete in grado di mettere a terra gli obiettivi strategici individuati. Come dimostrano gli studi più recenti, per effetto della pandemia l’Italia ha registrato un significativo salto in
avanti nella domanda di digitale. Cittadini e imprese sono ormai pienamente consapevoli che la disponibilità di soluzioni digitali e servizi online forniscono un formidabile supporto in molti ambiti della vita quotidiana, oltre a creare nuove importanti occasioni di business. D’altra parte, anche la Pubblica amministrazione (anche se con ampi margini di miglioramento) sta imboccando la strada del digitale, con milioni di italiani che per la prima volta hanno utilizzato i servizi digitali della Pa”.

UN PAESE IN AFFANNO

Fin qui i propositi. Ma come stanno, davvero, le cose? Il numero uno del Ced, ammette il ritardo del Paese. “Per accelerare la trasformazione digitale del Paese è essenziale che la domanda di digitale, che per molto tempo è rimasta in larga parte inespressa, trovi un’adeguata offerta in termini di servizi di rete che la supporti. E, indipendentemente da chi costruirà o gestirà una rete ad alta velocità su tutto il territorio nazionale è di questo che l’Italia ha bisogno in questo momento, e occorre tutta l’attenzione possibile in termini di decisioni strategiche adeguate e di risorse finanziarie disponibili da parte dei policy maker. Su questo notiamo tuttavia che nell’attuale contesto il quadro delle risorse pubbliche destinate allo sviluppo della rete fissa ad alta velocità non è ancora chiaramente delineato”.

VADEMECUM PER LA BANDA LARGA

Cerra commenta poi le proposte predisposte dagli economisti del Ced. Obiettivo, preparare quel terreno fertile su cui costruire un Paese digitale e dotato di un’infrastruttura degna di questo nome. “Esiste in primo luogo un’esigenza di natura strategica. Occorre infatti aggiornare gli obiettivi strategici del Paese che sono fermi a quanto previsto dalla Digital agenda del 2015 (unico Paese a livello europeo a non aver ancora aggiornato il piano). Questo tenendo presente che la Commissione europea fissa quale obiettivo strategico al 2025 il fatto che “tutte le famiglie europee, nelle aree rurali e in quelle urbane, avranno accesso a connettività Internet che offra un downlink di almeno 100 Mbps, potenziabile a velocità Gigabit. In particolare, è necessario indicare gli obiettivi sia di breve sia di lungo periodo e avere chiaro il quadro delle risorse finanziare necessarie al raggiungimento di tali obiettivi”.

CACCIA AGLI INCENTIVI

Ma c’è un problema, se possibile, ancora più pratico. Ed è lo stesso Cerra a sottolinearlo. “Se, come si spera, il sistema sarà in grado di produrre un’accelerazione nel processo di copertura del territorio, sarà utile tenere in considerazione l’eventuale difficoltà a reperire imprese e competenze per la realizzazione in tutto il Paese delle infrastrutture di rete. Per evitare possibili strozzature in tal senso, alcune risorse dei fondi europei potrebbero essere destinate alla formazione all’interno delle imprese o a favorire la creazione di imprese in grado di svolgere questo tipo di attività. A queste considerazioni se ne aggiungono altre che riguardano il sostegno alla domanda e lo sviluppo di attività complementari fondate sullo sviluppo di una rete capillare ad alta velocità”.

E allora, “dal primo punto di vista, per rendere strutturale il recente aumento nelle esigenze di connettività da parte di cittadini e imprese, è opportuno rafforzare gli strumenti di stimolo della domanda, fattore essenziale per ampliare l’utilizzo di servizi digitali, al fine di incentivare la migrazione dalle vecchie tecnologie alle nuove soprattutto nel momento in cui le nuove reti andranno a coprire l’intero territorio nazionale. In particolare, occorre adottare un meccanismo di incentivi per portare la fibra fino a casa e per agevolare la realizzazione di impianti sia negli edifici privati sia in quelli pubblici (ad es. le scuole) in grado di garantire un collegamento più efficace alla rete tramite cavo”.


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