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Gli italiani producono meno rifiuti e riciclano di più. I numeri del report Ispra

Presentato in streaming il Rapporto sui Rifiuti Urbani 2020 firmato da Ispra. “L’Italia è pronta a fare il salto di qualità verso l’implementazione dell’economia circolare”, ha detto il ministro dell’Ambiente Sergio Costa. “La visione che stiamo costruendo con il Recovery Plan pone il settore ambiente come fattore trainante di tutta l’economia verso una completa transizione ecologica”

Le famiglie italiane nel 2019 hanno prodotto 30 milioni circa di tonnellate di rifiuti: sono aumentati al Nord rispetto all’anno precedente (14 milioni 500 mila tonnellate), mentre sono diminuiti al Centro (6 milioni 600 mila tonnellate) e al Sud (9 milioni di tonnellate).

Ogni italiano, nell’ultimo anno, ha prodotto 500 chili di rifiuti. Al Centro la produzione “pro capite” è stata di 548 chilogrammi; al Nord di 518 e al Sud di 445. L’Emilia Romagna si conferma la regione con la più elevata produzione per abitante: 663 chilogrammi a testa. Seguono la Toscana, la Valle d’Aosta, la Liguria, le Marche, l’Umbria e il Lazio.  Sono soprattutto le Regioni meridionali che fanno registrare una diminuzione dei rifiuti urbani; soprattutto in Molise, Calabria e Sicilia. Le tre province che producono più rifiuti sono tutte in Emilia Romagna: Reggio Emilia, Rimini e Ravenna. Quelle con minore produzione, invece  sono tutte al Sud: Potenza, Enna e Avellino. Rispetto al 2018 c’è stato un disallineamento tra l’andamento della produzione di rifiuti e quello degli indicatori socio-economici (Pil e spesa delle famiglie).

Sono questi i macro dati contenuti nel “Rapporto sui Rifiuti Urbani 2020” di Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, presentato oggi in streaming.

“Il Rapporto è uno dei prodotti di punta della produzione tecnico-scientifica dell’Istituto – ha detto il presidente di Ispra Stefano Laporta introducendo i lavori –. È il frutto di un lavoro di raccolta, elaborazione e analisi dei dati,  fruibile non solo dai decisori politici ma da tutta la comunità scientifica e da tutti i cittadini. Un documento d’insieme e di dettaglio territoriale che tiene conto della transizione che stiamo attraversando verso quell’economia circolare che può contribuire in maniera significativa alla ripresa e allo sviluppo del Paese”.

In costante aumento la raccolta differenziata, di oltre tre punti percentuale rispetto al 2018, superando il 60% della produzione nazionale: dal 2008 è quasi raddoppiata, da 9,9 milioni di tonnellate a 18,5 milioni di tonnellate. Il Sud, per la prima volta, supera il 50%: i maggiori incrementi in Molise (+12%) e Sicilia (+9%); seguono Sardegna (+6,3%), Puglia (+5,2%) e Abruzzo (+3,1%).  L’obiettivo del 65% di raccolta differenziata, fissato al 2012 dalla normativa, è superato da 8 Regioni: Veneto con il 74,7%; Sardegna 73,3%; Trentino Alto Adige 73,1%; Lombardia 72%; Emilia Romagna 70,6%; Marche 70,3%; Friuli Venezia Giulia 67,2% e Umbria 66,1%.  Sotto al 50% troviamo la Basilicata e la Calabria, mentre la Sicilia rimane al di sotto del 40 per cento.

Tra le città metropolitane è Cagliari ad essere la più virtuosa nella raccolta differenziata con quasi il 71,5%. Segue Venezia che si attesta al 71%. Al di sopra del 60% troviamo Milano, Bologna e Firenze. Roma Capitale supera appena il 51%; mentre Palermo, con il 29%, si colloca all’ultimo posto.  Tra i Comuni capoluoghi più virtuosi troviamo Treviso che raggiunge l’87%, Ferrara l’86% e Pordenone l’85,5%. Sotto al venti per cento si collocano Messina, Palermo, Taranto, Catania e Crotone.

Nel 2019, il 50% dei rifiuti prodotti e raccolti in maniera differenziata è stato avviato a riciclo. Gli impianti operativi per la gestione dei rifiuti urbani sono 658: 355 al Nord, 121 al Centro, 182 al Sud. Purtroppo è ancora alta la percentuale dei rifiuti avviati in discarica: il 21%, pari a circa 6 milioni 300 mila tonnellate. Nel Centro Italia il ricorso alla discarica è aumentato di quasi il 20%. Il 18% dei rifiuti urbani viene incenerito (poco più di 5 milioni e mezzo di tonnellate): su 37 impianti operativi, il 70% si trova al Nord, in particolare in Lombardia e Emilia Romagna.

Un discorso a parte meritano gli imballaggi, per i quali il “pacchetto economia circolare”, appena recepito nell’ordinamento nazionale, prevede obiettivi di riciclo molto ambiziosi al 2025 e al 2030. Il recupero complessivo dei rifiuti di imballaggio ha superato l’80% dell’immesso al consumo. Tutti le frazioni di imballaggi (acciaio, alluminio, carta, legno e vetro), ad eccezione della plastica, hanno già raggiunto gli obiettivi di riciclo previsti per il 2025.

“I rifiuti di imballaggio – ha precisato Luca Ruini, presidente del Conai, il Consorzio Nazionale Imballaggi – rappresentano solo il 30% dei rifiuti urbani e l’8% di tutti i rifiuti prodotti in Italia. Nonostante le difficoltà legate alla  pandemia, il sistema della gestione dei rifiuti di imballaggio ha tenuto, grazie anche alla collaborazione di tutti gli attori del settore. L’anno si chiuderà con una riduzione del 7% dell’immesso al consumo e un aumento dl 5% della raccolta differenziata e dell’1% di riciclo. Gli investimenti per la costruzione di nuovi impianti, specie nel Sud, risulteranno determinanti per il futuro”.

Quanto costa ai cittadini italiani la gestione di tutti questi rifiuti che si producono sul territorio nazionale? Ognuno di noi ha pagato, mediamente, nel 2019, circa 176 euro. Ma, come la statistica di Trilussa, non tutti pagano la stessa cifra. Pagano di più quelli che vivono nelle Regioni del Centro Italia (quasi 209 euro a testa), un po’ meno quelli del Sud (188 euro e 50 centesimi), molto meno chi vive al Nord (156 euro). E la disparità è molto alta tra le varie città: a Venezia il costo pro capite è di 366 euro; a Cagliari di 3015 euro; a Genova 266 euro. I costi minori si registrano a Udine (119 euro per abitante), a Campobasso (161 euro) e a Bolzano (168 euro).

“L’Italia è pronta a fare il salto di qualità verso l’implementazione dell’economia circolare – ha sottolineato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa –. La visione che stiamo costruendo con il Recovery Plan pone il settore ambiente come fattore trainante di tutta l’economia verso una completa transizione ecologica. Innanzitutto attraverso la costruzione di una rete impiantistica ancora carente nel Centro-Sud del Paese, per togliere i rifiuti dalle discariche e valorizzarli attraverso il riciclo di materia e il recupero di energia”.


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