Mario Caligiuri, presidente della Società Italiana di Intelligence, ha inaugurato la decima edizione del Master in Intelligence dell’Università della Calabria, sottolineando come il XXI secolo sarà segnato dall’intelligence. Tra i partecipanti anche il direttore del Dis Vecchione e il presidente del Copasir Volpi
Degli Stati Uniti o della Cina? No, dell’intelligence. Con questa considerazione sul destino del XXI secolo Mario Caligiuri, presidente della Società Italiana di Intelligence, ha concluso la sua relazione introduttiva alla decima edizione del Master in Intelligence dell’Università della Calabria, della quale è il direttore.
La manifestazione è stata introdotta dagli interventi del direttore del Dis Gennaro Vecchione e dal presidente del Copasir Raffaele Volpi che, come raccontato, hanno trovato le condizioni ideali in un contesto accademico a siglare la pace, dopo le tensioni delle settimane scorse relative alla creazione dell’Istituto italiano per la cybersicurezza.
Si è quindi svolto il convegno “Studiare l’intelligence in Italia: esperienze a confronto”, che ha visto la testimonianza dell’esperienza di alcuni dei più significativi percorsi di studi che si stanno occupando di intelligence nelle università del nostro Paese. Sono quindi intervenuti Umberto Gori dell’Università di Firenze (“gli studi sull’intelligence nel nostro ateneo sono stati avviati negli anni Settanta, nell’ambito delle relazioni internazionali”); Michele Brunelli dell’Università di Bergamo (“l’interesse nazionale in ambito geopolitico è lo sfondo dei nostri approfondimenti sul terrorismo internazionale, studiato in collegamento con gli atenei dei Paesi musulmani”); Massimo Giannini dell’Università “Torvergata” di Roma (“c’è bisogno di una casa comune per gli studi sull’intelligence, in cui fare confluire i nostri studi economici multidisciplinari, che includono le neuroscienze, il profiling e la teoria dei giochi”); Andrea De Guttry della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (“la nostra attività si distingue da una sperimentazione continua tra ricerca e didattica, affrontando le sfide della complessità attraverso la multidisciplinarietà e un approccio policy oriented rivolto alla soluzione di problemi concreti”); Giacomo Di Gennaro dell’Università Federico II di Napoli (“è importante la formazione professionalizzante rivoltava all’analisi predittiva dei crimini attraverso l’algortimo X-Law è un rapporto biennale sulla sicurezza delle aree metropolitane”); Marco Lombardi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. (“risultano fondamentali l’analisi degli scenari del terrorismo, la gestione del crisis management, l’uso appropriato dell’intelligence e delle informazioni per offrire modelli metodologici di comprensione della realtà”); Sabrina Martucci dell’Università “Aldo Moro” di Bari (“essenziale una formazione multidisciplinare in collaborazione con le comunità islamiche per prevenire la radicalizzazione, in quanto il messaggio religioso è essenziale”); Gian Luca Foresti dell’Università di Udine (“gli scenari digitali dell’intelligence sono essenziali, applicati a livello operativo attraverso i rapporti con le aziende e sempre integrati con l’indispensabile apporto umano”); Roberto Setola del Campus Bio-Medico di Roma (“la sicurezza aziendale è una dimensione fondamentale della sicurezza nazionale, richiedendo un vocabolario comune tra pubblico e privato e una base giuridica che implementi l’organizzazione e una ricerca aperta all’innovazione”); Ernesto Pallotta dell’Università telematica “Pegaso” (“la formazione a distanza nelle professioni relative alla sicurezza risponde a vaste necessità sociali e organizzative, che sono crescenti”); Massimo Bontempi della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (“nella formazione sono indispensabili cognizioni sulla disinformazione e la deception, la psicologia cognitiva e la geopolitica dei social media e le neuroscienze applicate alla cyber intelligence, per tutelare l’interesse nazionale e le infrastrutture critiche”); Fabrizio D’Amore dell’Università di Roma “La Sapienza” (“il settore dell’intelligence si caratterizza da una multidisciplinarietà totalmente originale, che ha permesso un approccio interessante sulla sicurezza strategica e sulla sicurezza informatica che sono state sviluppate attraverso il CIIS”).
Ha concluso il convegno Antonio Felice Uricchio, presidente dell’ANVUR, che, nel corso di un significativo intervento, ha evidenziato come gli studi di intelligence proiettino nel futuro e possano aiutare ad affrontare le sfide culturali che ci attendono. Sotto questo profilo le competenze e le esperienze finora maturare nell’ambito accademico italiano possono rappresentare una valida base di discussione. A commento delle dichiarazioni del presidente dell’ANVUR, Caligiuri ha espresso apprezzamento per questa apertura che potrebbe preludere alla costituzione di un eventuale settore scientifico disciplinare sull’intelligence.