Il Wsj accende un faro sull’incapacità di tante piccole e medie imprese di rimborsare mutui e prestiti, mandando ko gli istituti che alle aziende hanno erogato il 40% del monte finanziamenti. Ma c’è anche un altro fronte, quello delle nuove regole volute dall’Ue
La miccia è accesa, resta solo da capire se e quando arriverà all’innesco, facendo scoppiare la bomba. Anzi le bombe. Sulle banche della zona euro incombe la minaccia di migliaia di prestiti non rimborsati da parte di altrettante migliaia di piccole e medie imprese. Non è la prima volta che si parla di un possibile tsunami di sofferenze sul sistema bancario: con fatturati e margini ridotti al lumicino dalla pandemia, rimborsare il denaro prestato è pressoché impossibile, a meno di non accedere a nuovi finanziamenti, avvitandosi però sul debito.
Sì, ci sono le moratorie su 300 miliardi di prestiti, soldi dovuti ma nei fatti congelati. Ma la moratoria, prima o poi, finirà. Per tutti questi motivi, secondo il Wall Street Journal, l’Europa ha un problema: come faranno tante banche a rientrare dei prestiti se le imprese o chiudono o più semplicemente non hanno la possibilità di rimborsare le rate?
I numeri non possono lasciare dormire sonni tranquilli. “La sopravvivenza delle imprese”, scrive l’autorevole quotidiano finanziario, “è fondamentale per le banche dell’Ue, che messe tutte insieme hanno prestato oltre 2 trilioni di euro, il 40% dell’intero portafoglio prestiti, alle imprese”. Potrebbe essere molto difficile recuperarli.
“Nel complesso, gli istituti hanno notevolmente ripulito i bilanci dai crediti inesigibili dalla crisi precedente, ma molti sono ancora presenti nei bilanci e con la crisi post Covid ne arriveranno altri”. In più, chiarisce il Wsj, c’è un problema legato ai tassi sui prestiti piuttosto bassi. Farsi finanziare oggi costa molto meno del passato e dunque ogni banca sta scontando minori entrate su ogni prestito concesso.
“Le autorità di regolamentazione temono che una nuova ondata di insolvenze, potenzialmente più grande, potrebbe far collassare alcune banche, che non riuscirebbero a coprire le perdite. Gli istituti più deboli potrebbero arrivare a chiedere l’aiuto statale per sopravvivere. Non è un caso che Andrea Enrìa, capo del consiglio di vigilanza della Banca centrale europea, abbia avvertito che i crediti inesigibili nell’eurozona potrebbero salire fino a 1,4 trilioni di euro, più che all’indomani della crisi finanziaria del 2008″.
Non è tutto. C’è a dire il vero, un’altra mina, ovvero le nuove regole bancarie europee sui conti correnti in rosso e sui default delle imprese.
Le nuove regole, fortemente contestate alla fine dello scorso anno, nei fatti eliminano la possibilità di andare in rosso sul conto corrente, considerando i limiti assai contenuti sia per le famiglie (100 euro) sia per le imprese (500 euro): qualora violati, infatti, trascorsi 90 giorni, si finisce nella lista dei cattivi pagatori e ci si finisce pure se un arretrato relativo a un prestito supera la soglia dell’1% del totale degli affidamenti.
Ebbene, secondo il Centro studi di Unimpresa, l’associazione delle imprese, l’ammontare complessivo degli sconfinamenti di imprese e famiglie, registrati sui bilanci delle banche e delle società finanziarie, corrisponde a 31,8 miliardi di euro. La cifra corrisponde all’ammontare degli sconfinamenti registrati nei bilanci di tutte le banche italiane e riferiti al settembre 2020. Non proprio spiccioli.