Confermate le indiscrezioni sulla rimozione dalla bozza di Recovery Plan della fondazione per la cybersecurity gestita dal Dis e voluta dal premier Giuseppe Conte. Un punto a favore di Renzi, che aveva chiesto di rimuoverla. Ma forse non è ancora finita…
Non è vero che per il governo Conte bis “del doman non v’è certezza”. Una c’è: l’Istituto per la cybersicurezza del Dis voluto dal premier Giuseppe Conte è sparito dalla bozza del Recovery Plan. Della fondazione degli 007 da collegare, nelle intenzioni di Palazzo Chigi, alla rete di centri nazionali dell’Eu Cybersecurity competence center, non c’è traccia nell’ultima versione del testo, a conferma delle indiscrezioni stampa susseguitesi in questi giorni.
Un punto a favore di Matteo Renzi, che ha sempre chiesto di stralciare la norma. Ma anche di buona parte del Pd: fin da quando aveva fatto capolino nella bozza di bilancio, l’istituto è stato nel mirino del Nazareno. Il rischio, secondo i dem, specie dall’ala riformista che fa capo al ministro della Difesa Lorenzo Guerini, è di dar vita a una struttura che si sovrapponga alle agenzie di intelligence, Aise ed Aisi, sotto il diretto controllo della presidenza del Consiglio.
Tutto rinviato a data da destinarsi. Dopo l’ennesimo ultimatum della pattuglia dei ministri renziani, pronti a dimettersi in assenza di un compromesso sul piano per la ripresa, Conte, riferiscono fonti della maggioranza, ha fatto un passo indietro, depennando l’organo dalla bozza.
Non è chiaro se e come rientrerà dalla finestra. Lo ha già fatto una volta: l’Istituto italiano di cybersicurezza (Iic), presentato nella bozza della manovra, era riapparso in seguito nel testo del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), fra lo stupore dei capidelegazione, con il nome di “Centro nazionale sulla cyber-security”.
Sull’istituto hanno avanzato riserve in queste settimane tutte le forze politiche in seno al Copasir, il comitato bipartisan di controllo dell’intelligence presieduto dal leghista Raffaele Volpi. Con un recente intervento su Formiche.net Enrico Borghi, prima linea dell’ala riformista del Pd e componente del Copasir, ha fissato alcuni paletti. Fra gli altri, riformare prima la legge 124 sul comparto intelligence, “anche con l’opposizione”.