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Conte in politica? Perché no. Castaldo (M5S) tra Europa e Biden

Il vicepresidente del Parlamento Ue e leader degli europarlamentari dei Cinque Stelle spiega perché andare avanti con Conte al governo “e un domani, speriamo, anche nel Movimento”. Biden? Pronti a lavorare insieme ma quell’accordo con la Cina…

Avanti con Giuseppe Conte, a capo del governo italiano. Domani, chissà, potrebbe guidare il Movimento Cinque Stelle. Fabio Massimo Castaldo, vicepresidente dell’Europarlamento e punta dei Cinque Stelle a Bruxelles, non chiude nessuna porta, “se volesse entrare nel Movimento io e tanti altri ne saremmo contenti”. I numeri Conte li ha. Forse non in Parlamento. Di sicuro alle urne, se è vero l’ultimo sondaggio Swg che gli attribuisce un consenso tra il 15 e il 17%.

Castaldo, lei è nel Movimento dagli esordi. Che effetto fa sostenere un governo salvato all’ultimo al Senato, con il Var?

Inutile girarci intorno, abbiamo visto scene poco edificanti e che non rendono onore alle istituzioni proprio in uno dei momenti di massima sofferenza della popolazione. Ricordo però che, per la seconda volta in due anni, sono altri partner a sfilarsi dalla maggioranza in modo incomprensibile. Un anno e mezzo fa Matteo Salvini ha preferito un mojito alla responsabilità di governo. Oggi un altro Matteo antepone la sua agenda personale alla crisi e alla pandemia.

Voi avete sempre puntato il dito contro i “transfughi”. Eppure senza di loro il governo cadrebbe.

Io non ho mai cambiato idea: bisogna introdurre in Costituzione un vincolo di mandato, sul modello portoghese. Chiunque è libero di abbandonare, ma ci si dimette e si fanno le elezioni suppletive. Qui però la situazione è differente: un intero partito, senza motivo e in piena pandemia, ha abbandonato il suo governo. In un contesto normale, le elezioni sarebbero la scelta naturale, ma non siamo in un contesto normale.

Un governo di unità nazionale è dunque un’opzione?

No, un premier tecnico sarebbe destabilizzato e non avrebbe un mandato credibile per negoziare in Ue sui tanti dossier strategici per il futuro del nostro Paese. Ricordo che una buona parte dell’opposizione non ha sostenuto in Europa il Next Generation Eu. I leader europei dunque si potrebbero chiedere, a ragione, se un governo di tale natura abbia la forza per implementare il piano per la ripresa.

Se lo chiedono già ora.

Certo, tanti colleghi europarlamentari, anche di altri partiti, mi hanno espresso le loro preoccupazioni. Posso assicurare però che nessuno vedrebbe con maggior favore un governo tecnico e tantomeno il voto e questa carta è fuori dal mazzo. Conte ha esposto un progetto chiaro, un’alleanza europeista per tirare fuori il Paese dalla crisi. Se non ci saranno le condizioni ne prenderemo atto.

Forse ci sono senza Conte.

Conte ha appena avuto la maggioranza in entrambi i rami del Parlamento. L’attuale presidente del Consiglio gode di stima trasversale fra le forze politiche e i capi di governo europeo. È visto come un interlocutore credibile che ha saputo destreggiarsi con garbo e decisione in trattative complesse, uscendone a testa alta. Nessuno dei suoi detrattori, soprattutto Renzi, può dire altrettanto.

Il partito di Conte, secondo Swg, vale tra il 15 e il 17%. Voi lo vorreste dentro al Movimento?

Perché no? Sarebbe una buona notizia, per noi e per il Paese. Siamo onorati di averlo indicato per due volte come nostro premier. Se in futuro volesse entrare nel Movimento io e tanti come me saluteremmo con favore la sua scelta. In ogni caso, lui è l’unico che può guidare questa coalizione alle prossime elezioni politiche.

Sono passati due mesi dagli Stati generali dei Cinque Stelle e ancora non si sa nulla dell’esito. È normale?

Il processo è stato rallentato per convogliare tutte le energie sul piano per la ripresa. Come ho detto in questi mesi, è arrivato il momento di una governance collegiale. Ma prima ancora è fondamentale rafforzare la struttura territoriale e i gruppi locali.

La regola dei due mandati deve restare?

Non la cambierei per parlamentari italiani ed europei e per i consiglieri regionali, credo sia rivedibile invece per i Consigli comunali perché non si possono equiparare i due mandati. Adesso però mettiamo siamo concentrati sulle vere esigenze del Paese, che non capirebbe un dibattito astratto su questi temi.

A Washington DC è iniziata l’era di Joe Biden e l’Europa tira un sospiro di sollievo. Troppo presto?

Il cambio di rotta c’è ed è già visibile. L’Ue apprezza l’apertura di Biden alla cooperazione multilaterale, alla Nato, ai forum internazionali e al ritorno degli Stati Uniti negli Accordi di Parigi. Al contempo, fa bene a perseguire una sua autonomia strategica, senza dover entrare in competizione con gli alleati. Certo, si poteva accogliere meglio la nuova presidenza.

A cosa si riferisce?

Penso all’accordo sugli investimenti con la Cina. Mosso da ragioni giuste ma concluso in modo affrettato e senza tenere in debita considerazione il tema dei diritti umani e del lavoro forzato. Non è il miglior segnale che potessimo inviare oltre Oceano.

Ce n’è un altro. Una risoluzione di condanna del Parlamento Ue contro l’assalto al Congresso americano è passata a maggioranza, ma con quasi cento fra astenuti e contrari. Compresi Lega e Fratelli d’Italia, che ne hanno denunciato la pretestuosità.

Ho trovato sorprendente la scelta di alcuni colleghi di sottrarsi a una presa di posizione importante che condannava le violenze e auspicava una riconciliazione della società americana. Il relatore della relazione, David McCallister, è peraltro un esponente di primo piano della nuova Cdu tedesca guidata da Armin Laschet, dunque il segnale dei sovranisti italiani è doppio. Di fronte a scelte del genere, non si può restare a metà della staccionata.

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