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Una governance su misura per il Recovery Plan c’è. De Vincenti spiega quale

L’economista ed ex ministro a Formiche.net: nella nuova versione troppi settori sprovvisti degli adeguati investimenti. Bene l’aggiunta dei fondi per la coesione, è la direzione indicata da Bruxelles. Ora serve una catena di comando, con un ministro, una struttura tecnica di indirizzo che non si sovrapponga alla Pa e un referente per ogni Regione. Il Mes? Ci servirebbe, perché…

Una governance per il Recovery Plan esiste, basta solo avere la buona volontà. Senza di essa, portare la dote del Recovery Plan a 220 miliardi ha poco senso. Serve un cervello, una testa. Claudio De Vincenti, economista, docente con un passato da ministro per la Coesione Territoriale (governo Gentiloni) e da sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (con Renzi), ha la sua idea. Anche sull’ultima versione del Recovery Plan sfornata dal governo.

De Vincenti, il governo ha irrobustito il Recovery Plan, incrementandone la portata grazie all’inclusione dei fondi di coesione per il Sud. Una buona notizia…

La buona notizia sta nella coerenza tra le diverse risorse. Ci sono i prestiti e i sussidi dell’Europa e poi ci sono i fondi di coesione e sviluppo. Il che vuol dire che c’è un legame tra diverse fonti, una buona cosa. E poi questo va nella direzione dei desiderata della stessa Commissione europea, che ha sempre chiesto di affiancare alle risorse concesse dall’Ue, altre risorse complementari. Da questo punto di vista c’è un passo in avanti.

Nel merito dei piani del Recovery Plan, cosa pensa?

Ci sono alcuni settori che sono profondamente sotto-dimensionati. Per esempio ci sono solo 6 miliardi per la rigenerazione urbana. E c’è poco, molto poco, per i rifiuti, per la manutenzione delle infrastrutture esistenti, per la logistica e la portualità e sulla gestione delle acque e delle risorse idriche. Senza considerare che non vedo i giusti incentivi per portare Industria 4.0 al Sud. Altrimenti il grosso delle risorse per il 4.0 rischia di andare solo al Nord.

Qualche ombra c’è, insomma, anche nella nuova bozza.

In un piano che utilizza 200 e passa miliardi, certi sotto-dimensionamenti colpiscono negativamente.

De Vincenti, non le sarà sfuggito che manca una governance nell’ultima bozza…

Non si danno indicazioni circa la catena di comando. E questo è un problema, perché a monte di tutto ci sono i progetti e i progetti vanno governati.

Lei ha in mente una governance su misura per il Recovery Plan?

Serve una governance incisiva, che vada in profondità e governi gli investimenti e con una struttura precisa. Innanzitutto, come indicato nel recente documento a firma Assonime, servono un referente politico con rango di ministro, che risponda al Consiglio dei ministri. E poi una struttura tecnica, snella di coordinamento non alternativa alla Pubblica amministrazione. Una struttura di indirizzo che non si sovrapponga a quelle esistenti. Questo per un motivo semplice.

Quale?

Le amministrazioni devono essere responsabilizzate, non messe sulla difensiva. E comunque, ad essere onesti, non ci sarebbe nemmeno il tempo di fare visto che tutto deve partire ad aprile.

Dicevamo della governance.

Oltre a un ministro per il Recovery e a una struttura tecnica agile e di indirizzo, serve un responsabile del Recovery Plan, presso ogni ministero e in ogni regione, magari un alto dirigente del ministero e della regione, che riporti direttamente a ciascun ministro o presidente di regione. E faccia da garante e da riferimento per la struttura tecnica centrale. Quello che occorre evitare a tutti i costi è una dispersione delle risorse, perché il rischio è fondamentalmente quello. Deve essere chiaro che l’attuale assetto della nostra Pa non consente però una governance incisiva.

De Vincenti, i fondi destinati alla Sanità sono arrivati a 18 miliardi. A questo punto tanto valeva chiedere il Mes, o no?

Dipende dalle condizioni di questo o quel prestito. Il Mes ha delle condizioni, il Recovery Fund altre. Detto questo, di questi 18 miliardi alcuni sono prestiti su questo non c’è dubbio. Se però si usassero i fondi del Mes per la Sanità, si potrebbero liberare risorse preziose per quelle lacune di cui le dicevo prima. Potrebbe funzionare.

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